
Un servizio di 26 minuti interamente dedicato alla Puglia, Italie des femmes contre la mafia, è stato trasmesso il 16 maggio scorso su France 24, il canale televisivo pubblico con sede a Parigi che si occupa 24 ore su 24 di informazione internazionale. Qui la versione in inglese.
Tre autorevoli giornalisti transalpini hanno trascorso dieci giorni in Puglia per cercare di raccontare la “quarta mafia”; rispetto a cosa nostra, camorra e ’ndrangheta, la meno conosciuta tra le organizzazioni criminali del sud Italia. L’intento non è solo quello di informare i francesi ma anche di rompere il silenzio mediatico che spesso avvolge la sacra corona unita (scu) che in pochi decenni ha costruito un potere capillare che si estende dal traffico internazionale di droga al racket delle estorsioni, dall’infiltrazione sistematica nell’economia legale alla corruzione delle istituzioni pubbliche.
Ma proprio in questo contesto di omertà e pericolo, alcune donne si stanno alzando in piedi per reagire. E lo fanno rischiando tutto, anche la vita.
Nel reportage di France24 gli inviati Rémi Cadoret, Bertrand Aguirre e Bernard Bedarida hanno documentato la lotta coraggiosa di queste protagoniste.
Tra loro ci sono Sabrina e Viviana Matrangola, figlie di Renata Fonte, assessora comunale a Nardò, in provincia di Lecce. Era il 1984 quando Renata venne uccisa da due sicari. Si era opposta agli interessi della scu, che mirava alla cementificazione del parco naturale di Porto Selvaggio, una delle ultime aree incontaminate della costa pugliese. La sua opposizione bloccò il progetto, salvando il parco. Ma il prezzo pagato fu altissimo. Oggi le figlie portano avanti la memoria e l’impegno civile della madre. Entrano nelle scuole medie e superiori di tutta la regione per raccontare la sua storia, cercando di scuotere le coscienze delle nuove generazioni, di mostrare che si può dire no, anche quando la paura è grande.
La stessa forza anima la giornalista d’inchiesta Marilù Mastrogiovanni, direttrice del giornale online il Tacco d’Italia e ideatrice del Forum delle Giornaliste del Mediterraneo. Con i suoi articoli ha denunciato senza sconti la collusione tra potere economico, politico e criminalità organizzata nel Salento. Ma ha anche puntato il dito contro la mentalità maschilista che domina il territorio, per la quale “una donna non deve avere voce”. Le sue parole hanno scatenato reazioni violente: minacce fisiche, incendi dolosi, querele pretestuose. Tuttavia, Marilù non ha mai smesso di scrivere, convinta che l’informazione sia uno strumento di resistenza.
Anche dentro le istituzioni ci sono donne che lottano. È il caso della procuratrice Bruna Manganelli e della dirigente della Polizia di Stato Rosaria Di Blasi. Grazie alle intercettazioni, ai sistemi di sorveglianza e soprattutto alle confessioni dei pentiti, le due inquirenti hanno smantellato interi clan mafiosi. Le loro indagini si avvalgono di un impianto legislativo antimafia considerato tra i più avanzati d’Europa, che consente di colpire le organizzazioni in modo sistemico. Nel servizio della tv pubblica francese, queste donne coraggiose sono state raccontate all’interno dei loro luoghi di lavoro, nelle aule scolastiche, nei tribunali, negli uffici e nei quartieri a rischio. Ne è emerso un racconto fatto di tenacia e dignità. In una terra dove la mafia continua a esercitare la sua influenza, la resistenza femminile diventa non solo un atto di giustizia, ma un gesto rivoluzionario.
Fondazione Pasquale Battista