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LibDem il nuovo partito di Centro: intervista al Prof. De Nicola

Dall’unione di quattro associazioni, Orizzonti Liberali, Libdem, Nos e Liberal Forum, nasce il partito Liberaldemocratico, con a bordo Andrea Marcucci, ex renziano ed esponente del Partito Democratico, e Luigi Marattin professore associato di economia politica e deputato di lunga esperienza. Dopo l’implosione del Terzo Polo dovuta alla separazione tra Carlo Calenda e Matteo Renzi il focus prioritario è quindi, quello di creare un posizione politica, che abbandoni la tradizione ed alcune posizioni storiche della destra e della sinistra, per andare incontro a quel pezzo di elettorato che si colloca al Centro ed è contendibile, per costruire davvero una “terza via” che sottragga il Paese alla deriva degli estremismi demagogici che sono tipici di ogni fase di transizione storica (e quella che stiamo vivendo lo è), nonchè dare ascolto alla voce di ogni singolo cittadino partendo proprio dai problemi reali e quotidiani dell’insieme delle nostre comunità. Ce ne parla Alessandro De Nicola, avvocato, docente all’Università Bocconi, editorialista – Economia e Finanza – de “La Repubblica” de “La Stampa”, che ha convogliato il suo impegno politico verso quella che da molti anni è la sua area di riferimento. Vi propongo l’intervista che mi ha rilasciato, ringraziandolo per la disponibilità e la gentilezza.
Si parla troppo spesso dei costi della politica e troppo poco della qualità della stessa. Data tuttavia, l’esigenza di acquisizione e poi di conservazione del potere, la politica non può prescindere da un progetto che abbia dei temi specifici, per conseguire questo fine. Dunque, De Nicola, quali sono gli obiettivi sul terreno concreto dell’offerta politica del partito Liberal democratico?
“La prima è di metodo. Nasce con l’ambizione di riunire (così come abbiamo fatto con le quattro associazioni) tutte le formazioni politiche che si rifanno ai valori liberal- democratici. Questa riunificazione deve avvenire su due presupposti: autonomia dai poli di destra e sinistra e la costruzione di un partito aperto, democratico, competitivo e non personalistico. Concretamente, c’è un’area di elettorato che oggi spesso si astiene o che alle ultime politiche votando per i tre partiti che appartengono a Renew, il gruppo liberal- democratico al Parlamento Europeo, hanno raggiunto quasi l’11% o che magari si rifugia in una scelta “meno peggio” in Forza Italia o il PD, che vale almeno circa il 15-20%. Sono accomunati da valori come legalità, merito, concorrenza, europeismo, atlantismo, garantismo, limitazione dell’intrusione statale e che oggi hanno una rappresentanza frammentata o nessuna rappresentanza. Ecco, il PLD si pone allo stesso tempo come interprete intransigente di questi valori e partito aperto agli altri senza ripicche o personalismi”.
In una politica abbastanza stanca si torna a discutere del dilemma di una formazione centrista, anche per il fenomeno dell’astensionismo. Tuttavia, in Italia esiste ancora da qualche parte, una fetta di italiani di cultura liberaldemocratica che rifiuta la massificazione, il populismo e il leaderismo. A queste persone non si deve soltanto ridare uno spazio politico, ma restituire una dignità culturale infangata da anni, nei quali il liberalismo è diventato una coperta per nascondere ben altri disegni politici e ben altri ideali e interessi. Secondo Lei, qual è l’elaborazione culturale adatta a ricreare questa casa dei veri liberaldemocratici o meglio, a ridare loro la giusta rappresentanza e la cornice ideologica?
“Al contrario di molti che hanno dovuto abiurare le loro passate culture politiche, la nostra può essere rivendicata con orgoglio. Anzi nella nostra tradizione intellettuali e politici spesso coincidevano. E cosi, dai tempi di Cavour e Mazzini, siamo passati a Croce, Amendola, Gobetti, Einaudi, La Malfa, Ernesto Rossi, Spadolini. Un filone culturale italiano tutto da riscoprire in quanto all’analisi liberale coniugava una capacità di comprensione del nostro paese, l’Italia, insuperata. Storici o politologi o anche giornalisti come Matteucci, Panunzio, Rosario Romeo, Galasso, Firpo ci hanno fatto capire anche in tempi recenti chi siamo. Poi naturalmente ci sono gli insegnamenti dei grandi maestri del passato e del passato recente e la lista, da John Locke a Karl Popper, sarebbe troppo lunga. Ora, poi, ci sono le grandi sfide del futuro: l‘intelligenza artificiale, l’irruzione dei social e della aumentata capacità di disinformazione, la creazione rapidissima di enormi ricchezze concentrate nelle mani di pochi individui. Tutti fenomeni nuovi che vanno interpretati e gestiti, sempre avendo di mira la libertà umana”.
La Seconda Repubblica è stata caratterizzata prettamente da due grandi blocchi, costruiti per vincere e governare, cioè a vocazione maggioritaria – l’opposto della “vocazione minoritaria” tipica di Pri e Pli, e guidati da leader mediaticamente molto forti (come Berlusconi o Renzi, per esempio) – e dalla marginalità dei soggetti politici intermedi e collocati al Centro. Tuttavia, dopo 31 anni di Seconda Repubblica, appare del tutto evidente che è andato in crisi lo schema del bipolarismo dominante. Da una parte il centrodestra, dall’altro il centrosinistra. In questo contesto il ritorno di una posizione politica che abbandoni la tradizione ed alcune posizioni storiche della destra e della sinistra, se mai avverrà, riuscirà a interpretare l’odierna realtà del Paese, senza affidarsi a scorciatoie di ideologie o a culture politiche del passato?
“Con la sua domanda lei ha colto nel segno. La cultura liberal-democratica con la sua enfasi sulle opportunità, l’innovazione, la crescita, la libertà, la tolleranza, è la cultura del futuro. La sinistra oggi applica il vecchio aforisma di Reagan all’economia “Se una cosa funziona regolala, se ancora sta in piedi tassala, quando è a terra, sussidiala“. La destra appena un po’ meno, ma non appena le tocchi l’’italianità, la tradizione e l’ordine, allora via alle golden power, al latino alle medie e a tutte le leggi micro repressive approvate in questi anni. Sull’immigrazione, gli uni accolgono senza responsabilizzare né integrare, gli altri chiudono anche a chi porta benessere. La società aperta, con la sua capacità di autocorreggersi, è sempre più la scelta migliore”.
Sappiamo che, il centro è uno spazio politico che negli ultimi tempi è diventato parecchio affollato e che secondo alcuni, potrebbe valere circa il 15 per cento dei voti, ma a spartirseli nelle prossime elezioni saranno una lunga serie di partiti e partitini in parte recenti e in parte poco noti a elettori e elettrici, per nomi e simboli. Secondo Lei De Nicola, nella linea di costruzione di un “nuovo partito” l’iniziativa non rischia di creare confusione?
“Io sono più ottimista del 15%. Quando Ilvo Diamanti ha fatto un sondaggio poco tempo fa sul merito nella scuola, se andasse applicato sia ad alunni che a insegnanti, il 75% ha detto sì e il 15% no. Sulle tariffe, il 70% non le vuole. Merito e libero scambio, cosa c’è di più liberale? Purtroppo, nessuna delle sigle oggi esistenti, la cui linea politica dipende dagli umori dei loro leader (salvo, in parte, +Europa) è neanche lontanamente in grado di aggregare questo elettorato potenziale. Ecco perché in quest’area bisogna unire e rinnovare e ci vuole qualcuno che se ne prenda carico. Il PLD è a disposizione”.

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