
Alla base aerea di Andrews arriva Giorgia Meloni, in attesa di essere ricevuta dal presidente Donald Trump.
Sull’asse Roma Washington si gioca la partita relativa al dossier dazi, tanto caro alla presidente della commissione europea Ursula Von der Leyen coordinatrice dell’incontro bilaterale tra la presidente del consiglio Giorgia Meloni e il numero uno della Casa Bianca Donald Trump.
L’incontro vedrà i due leader confrontarsi per un’ora quasi, dopo il pranzo e al tavolo dei colloqui sarà messo in evidenza il problema dei dazi. Ancor prima dell’arrivo negli USA, la portavoce della commissione europea Arianna Podestà, annuncia che l’incontro tra Giorgia Meloni e Donald Trump è coordinato dalla presidente della commissione europea Ursula Von der Leyen e dalla premier Meloni, più che un annuncio, quello della Podestà è una precisazione, tanto per rimarcare la giusta e fraterna vena europeista, tanto cara agli stati membri, tanto invisa al presidente Trump, autore dei dazi e delle imposizioni anti-cina, nel vecchio continente e oltre.
l’Italia si presenta con i numeri di un export verso gli States più che positivi, fino al 2024.
Nel 2024, le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti hanno raggiunto il valore di circa 73 miliardi di euro, in continua ascesa dal 2013. Un valore significativo. Gli Usa rappresentano il terzo partner commerciale per l’Italia con il 9 per cento del totale, dopo la Germania (12 per cento) e Francia (10 per cento).
Su una questione prettamente relativa alla bilancia commerciale tra USA e Italia, c’è quella forte convinzione che Giorgia Meloni stia cercando di trovare la giusta soluzione per quanto riguarda l’export italiano e scongiurare un netto contingentamento delle esportazioni americane verso il bel paese. Al di là di qualsiasi congettura, opinione o iniezioni e contromisure economiche in chiave anti-Trump, gli effetti collaterali sull’export italiano potrebbero essere uguali ad un colpo di scure sulla nuca del tessuto imprenditoriale italiano, proprio quello che rappresenta il Made in Italy tanto caro agli americani che di conseguenza dovrebbero regolarsi con l’applicazione dei dazi voluti in chiave protezionistica e con un maldestro tentativo di Trump di contrastare il gigante monopolistico delle esportazioni in Europa: la Cina. Quale ruolo giocherà l’Italia nel bilaterale con gli USA?
Nel frattempo, i cinesi continuano indisturbati la loro ascesa nei settori chiave della produzione europea
Lo storico marchio italiano Bialetti ha ceduto il 78% del capitale azionario alla Holding cinese che fa capo al magnate Stephen Cheng. Un’operazione portata a termine attraverso il gruppo di investimenti lussemburghese Nuo Capital, serbatoio di liquidità che fa capo a Cheng. Bialetti lascia così, la tradizione italiana per essere guidata da capitali stranieri ed in particolare cinesi, un’operazione che lascia di stucco decine e decine di investitori che vedranno apparire il nuovo delisting in borsa, con i nuovi investitori provenienti dall’aera asiatica. Quindi? Si tratta di un’Europa sempre più dipendente dalla Cina? E da capitali provenienti dal sud est asiatico? Quest’ultimo sarà la nuova frontiera economica e da considerare quindi, come un salvacondotto di liquidità, per le asfittiche casse europee?
Da Bruxelles Ursula Von der Leyen attende i risvolti del bilaterale tra Italia e USA, nel frattempo Pechino, conquista importanti fette di mercato posizionandosi con asset di investimenti monetari diversificati, allontanando sempre di più gli USA, dai quadri generali economici del vecchio continente.