
«Le soluzioni più veloci per rimediare alla carenza d’acqua non potranno mai essere ad impatto zero». Con questa dichiarazione, il Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano ha aperto i lavori della Commissione Intermediterranea delle Regioni Marittime Europee, accendendo – forse inconsapevolmente – un faro su tutte le contraddizioni del progetto del dissalatore del fiume Tara.
Mentre Acquedotto Pugliese continua a promuovere l’impianto come “perfettamente sostenibile” e “a tutela delle acque del Tara”, il governatore, nella sua veste istituzionale, ammette ciò che cittadini, comitati, esperti e associazioni denunciano da mesi: non esiste dissalazione senza impatti ambientali significativi.
A dispetto del greenwashing, Emiliano ha elencato con chiarezza i rischi ambientali del dissalatore: consumo energetico elevato, gestione delle salamoie, aumento della salinità, alterazione degli equilibri ecologici. Ha perfino ricordato che anche il prelievo di acqua dolce da sorgenti che sfocerebbero in mare può danneggiare l’habitat costiero. In altre parole, ha certificato – con parole sue – l’insostenibilità strutturale dell’opera.
Queste affermazioni non sono marginali. Sono una smentita frontale del comunicato ufficiale diffuso da AQP il 20 marzo 2025, nel quale si leggeva: «Tara e le sue acque saranno tutelate e continueranno a scorrere. La realizzazione dell’impianto di dissalazione […] garantisce la piena sostenibilità ambientale».
Due visioni opposte. E se una delle due è vera, l’altra non può che essere falsa.
In realtà, Emiliano ha fatto di più: ha messo in discussione l’intero approccio emergenziale su cui si fonda questo tipo di infrastrutture. Ha parlato di “scelte rapide, ma dolorose” come se la velocità fosse sinonimo di efficienza. Ma la sostenibilità vera non è mai una risposta veloce. È una risposta programmata, sistemica, partecipata. Il contrario esatto di quanto sta accadendo sul Tara, dove una sorgente naturale verrà iper-sfruttata, trattata con un impianto da oltre 14 MW, e restituita al mare sotto forma di salamoia iperconcentrata
Nel suo intervento, il Presidente ha ipotizzato persino un acquedotto tra Albania e Puglia, ammettendo che anche questa opzione comporterebbe impatti ambientali. Una visione che sposta il problema, non lo risolve. È il sintomo di una politica idrica priva di visione di lungo termine, fondata su scorciatoie tecnologiche che scaricano sul territorio costi ambientali e sociali inaccettabili e che soprattutto non poggia su pilastri della sostenibilità.
Il problema non è solo il dissalatore. Il problema è pensare che la sostenibilità possa essere ridotta a una soluzione tecnica, rapida, emergenziale.
La verità è semplice: se per “risolvere” la crisi idrica si sacrificano sorgenti naturali, habitat delicati e risorse energetiche ingenti, allora non stiamo affrontando la crisi. La stiamo aggravando.
Il dissalatore del Tara non è un modello da replicare, è un monito da ascoltare. Fermarsi ora non è un fallimento. È un atto di responsabilità. È l’inizio di una pianificazione vera, fondata sull’uso efficiente delle risorse esistenti, sul recupero delle perdite idriche, su sistemi collettivi resilienti e realmente sostenibili.
Le scorciatoie non salvano il futuro. Lo compromettono.
Grazie Presidente Emiliano per aver confermato – meglio di chiunque altro – che il dissalatore del Tara non è affatto sostenibile. Avremmo potuto dirlo noi… ma detto da lei fa tutto un altro effetto.
Il comitato per la difesa del territorio jonico