
Come è stato scritto, ogni artista o Movimento in Arte tende a designare anche i suoi predecessori: i quali, ovviamente, nulla sapendo del futuro, nemmeno hanno fatto in tempo a vederlo. Il Movimento Empatico fondato nel 2020 da Menotti Lerro non fa eccezione, nel senso che oggi esso, dopo anni di forte attività, tende non solo a cooptare artisti presenti in ogni campo dell’Arte e in qualche modo rispondenti ai propri criteri (tra principi del “Nuovo Manifesto sulle Arti” di Lerro e Pelliccia, 2019, e i punti chiave espressi nel primo volume pubblicato nel 2020 con Ladolfi editore dal titolo La Scuola Empatica), ma anche a individuare quelli non più viventi la cui poesia e arte trovano risonanze nello spazio dell’Empatismo.
Anzitutto, sebbene i criteri siano stati dati, i confini tracciati nel Movimento non sono perentori, al punto da generare divisioni; piuttosto, come si evince facilmente, si tratta di privilegiare l’inclusività, l’accoglienza.
Non siamo nell’ambito degli integralismi religiosi, bensì in quello della poesia.
In tal senso sembra di intendere la indicazione dei nomi di tre quasi contemporanei come Luciano Erba, Giovanni Raboni, Edoardo Sanguineti come predecessori in poesia dell’Empatismo, probabilmente questo per due ragioni primarie: perché percepiti come “Empatici” (seppur – per dir così – in modo meno consapevole) nella loro poetica e perché non hanno avuto la possibilità di aderire, eventualmente, al Movimento Empatico (dato che sono deceduti prima). Il periodo convenzionale scelto va infatti dal 2000 al 2020 per i “pre-Empatici”.
In particolare è noto che Sanguineti fu fortemente implicato nella Neoavanguardia, parlo di Gruppo 63, anzi a suo modo la condizionò, ma conobbe anche momenti di apertura del far poesia e in ogni caso, nella sua grande dimensione, si mostrò sempre in grado di accedere a ogni tipo di poesia. Quali versi fare, dipendeva di volta in volta da scelte del periodo o del momento.
Potremmo ricordare come esempio “La ballata delle donne”
Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.
Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.
Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.
Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.
Femmina penso, se penso l’umano
la mia compagna, ti prendo per mano.
Luciano Erba e Giovanni Raboni sembrano offrire costanti esempi di versi cordiali, sebbene spesso pregni di pensiero, sinceramente concepiti a partire dall’irripetibile esperienza di ogni momento del quotidiano, nei rispettivi stili.
Di Erba è per esempio:
Un cosmo qualunque
Abitano mondi intermedi
spazi di fisica pura
le cose senza prestigio
gli oggetti senza design
la cravatta per il mio compleanno
le Trabant dei paesi dell’est.
Tèrbano, ma che vorrà dire?
Forse meglio di altri
esprimono una loro tensione
un’aura, si diceva una volta
verso quanto ci circonda.
E di Raboni:
Svegliami, ti prego, succede ancora
d’implorare in un sogno a questa tenera
età, aiutami, fa’ che non sia vera
l’oscena materia del buio, sfiora
allora davvero una mano il mio
corpo assiderato e di colpo so
d’averti chiamata e che non saprò
più niente.
Questa di confrontarsi con il mondo, inteso come il quotidiano ma non solo, nel privato come sulla scala planetaria, è una delle idee centrali nell’Empatismo.
Questi poeti hanno sovente saputo portare parole che restano come forme di apertura, molto spesso in forma d’amore per tutti i momenti della storia, per ogni angolo del mondo.
Va detto, infine, che lo stesso discorso è stato appena aperto, e se ne parlerà, anche per gli altri Artisti provenienti da altre discipline i cui nomi sono stati fatti da diversi Maestri Empatici Contemporanei come Maria Rita Parsi, Antonello Pelliccia, Mauro Afro Borella, Lino Vairetti, Elvio Annese, Francesco D’Episcopo.