
di Francesco D’Episcopo (Università Federico II di Napoli)
Bisogna essere onesti in un mondo artistico-letterario distratto e spesso in cattiva fede. Il maggiore poeta contemporaneo (non solo italiano) è Menotti Lerro. Da qualsiasi angolazione lo si guardi Lerro eccelle.
Volendo restare alla poesia parliamo di 20 raccolte in 20 anni, ammirate e prefate dai maggiori critici nazionali (Serpieri, Squarotti, Testa, Cucchi, Neri, Pontiggia, Mangham e tanti altri) e chiaramente si tratta di un percorso di una qualità inventiva e culturale “ben rara nei nostri tempi (e anche in passato”) per citare quanto affermato da Giorgio Bàrberi Squarotti.
Gli anni di Cristo (2013), ad esempio, è un vero e proprio capolavoro di inventiva, di saggezza, di profondissima cultura, arguzia e sensibilità. Non è minimamente paragonabile a libricini di poesia che vengono esaltati oggigiorno anche da case editrici e premi considerati giustamente di prestigio.
Ma, oltre al citato lungo poemetto, tutti i suoi libri sono sempre di altissimo pregio (e si veda anche il teatro, tra cui Donna Giovanna e il Dottor Faust…), roba da far tremare Christopher Marlowe e Tirso de Molina, o il romanzo 2084 (con dietro stampati gli auguri del figlio di George Orwel).
Anche per quanto la saggistica si deve parlare di alta innovazione con il discorso sul genere autobiografico che ribalta il canone di Philippe Lejeune (si vedano i testi Raccontarsi in versi, Carocci 2012, e i volumi accademici usciti in Inghilterra per la Cambridge Scholars Publishing).
La forza innovativa di Lerro (supportata da studi così alti e costanti nel tempo – circa 10 le Università frequentate) è prorompente e va messa in luce come merita. Bisogna distinguere nella Contemporaneità i buoni poeti (scrittori in genere) dai geni letterari e, come più volte ho affermato (ma anche Serpieri, Squarotti, Mangham e altri lo hanno sostenuto) Menotti Lerro è un genio (e sfido chiunque a dimostrare il contrario) e a noi non resta che trasformare il “fastidio”, che ogni personalità geniale provoca generalmente negli altri, in profonda e vera ammirazione.
Non a caso il nuovo Movimento artistico-letterario-filosofico-culturale della Contemporaneità: l’Empatismo, lo ha inventato e costruito lui “dal niente” (in realtà da un mondo di studio e sapienza) tra l’altro elevando un territorio come epicentro storicamente rurale e in grande difficoltà organizzativa come il Cilento (di colpo diventato eccellenza per la poesia…).
Menotti Lerro ha 45 anni e alla sua età la sua opera è già accostabile a quella dei più grandi di sempre. Vogliamogli bene!
Francesco D’Episcopo, Salerno, 26 marzo, 2025