
Albert Einstein alla Conferenza sul disarmo nel ’32 a Ginevra ebbe a dire “la guerra non si può umanizzare, si può solo abolire”, convinto com’era della necessità di “parlare alla coscienza dei cittadini, per far maturare il rifiuto della guerra, farla diventare un tabù”.
Viene in mente anche il mito dell’eterno ritorno di Nietzsche o Eliade, e a guardare quanto spesso la guerra si va a ripetere parrebbe proprio vero; ma anche tanti altri pensatori, filosofi ed economisti hanno parlato delle soluzioni non armate dei conflitti, come Russell, Keynes o Gandhi. Bisognerebbe però che il pensiero delle menti migliori venisse messo in essere, diffuso e anche realizzato se si vuole garantire un futuro migliore ai nostri figli e nipoti, o anche semplicemente un futuro.
Ad esempio la Soka Gakkai, organizzazione giapponese per la pace nel mondo tramite la diffusione del Buddhismo, s’impegna in tal senso e Senzatomica è il titolo dell’esposizione che mostra gli effetti degli ordigni sganciati su Hiroshima e Nagasaki nell’Agosto del ’45 a tre giorni di distanza l’una dall’altra: un dramma che distrusse il Giappone e sconvolse il mondo.
Ottant’anni sprecati sarebbero davvero tanti, ma a quanto pare l’umanità non sta avanzando in un percorso di consapevolezza anzi, prosegue imperterrita nell’autodistruzione. Ideazione suicidaria? Masochismo?
Chissà.
Eppure nella seconda metà del ‘900 sembrava che il movimento pacifista procedesse spedito, invece niente. Cui prodest? dicevano i latini.
Considerando il problema in modo più pragmatico, occorre ricordare che le guerre consentono guadagni stellari a pochissimi rovinando moltissimi.
I profitti arrivano prima a distruggere e dopo a ricostruire: si distrugge arricchendo le lobbies delle armi e si ricostruisce arricchendo l’edilizia o quant’altro. Perfetto, no? Peccato che si tratti di una golosa occasione per pochi e di una tragedia per molti, anzi moltissimi.
Insegnando Storia mi soffermo spesso sulla polemologìa, che il dizionario definisce come lo studio analitico, a sfondo psicosociologico, dei fenomeni bellici. E’ interessante far notare che in passato, fino all’uso delle armi da fuoco, la guerra fosse molto ritualizzata: il combattimento all’arma bianca consentiva uno scontro fra avversari che metteva in luce le loro doti fisiche e strategiche, di fatto erano atleti che si allenavano sin da fanciulli.
Successivamente, con l’arma da fuoco le cose cambiarono ma si trattava comunque di due o più eserciti che si fronteggiavano; e già il numero delle vittime era aumentato, soprattutto dal ‘700 in poi.
Però la svolta si è avuta nel XX sec. con le armi di distruzione di massa, uno sterminio senza precedenti nella storia del mondo: le cifre sono molto approssimative ma si stima circa 80 milioni di vittime fra militari e civili nelle due guerre mondiali. A cui, come ben sappiamo, dobbiamo aggiungere le vittime delle guerre successive.
Chi vuole la depopolazione sarà contento.
E’ molto importante informarsi bene su ciò che viene definita “guerra di difesa”: spesso e volentieri viene chiamata così, ma è solo il frutto di manipolazioni per far sì che ci si armi e si combatta. Contro chi? Contro nemici immaginari o creati appositamente, magari.
E non è tutto.
C’è chi osa dare del rammollito a chi rifiuta la guerra.
Attenzione a non rammollirsi il cervello, invece.
SandraFallaci©
foto città della scienza