
Il primo libro di Lina Al Bitar, ingegnere agronomo del Chieam
BARI – Laila fugge dalla guerra in Libano, giunge in Puglia e si riconcilia con l’Universo, grazie alle onde e alla limpidezza dell’acqua del mare della contrada Santo Stefano a Monopoli, in Puglia. Lì, davanti al maestoso castello costruito sulla roccia e accecata dai colori intensi del mare e del cielo, capisce che è arrivato il momento di sfidare il divieto imposto dal padre, e di vincerlo: il mare. E impara a nuotare da sola, e con il nuoto impara a conoscerlo e ad amarlo.
Così si racconta Lina Al Bitar, Ingegnere Agronomo e Funzionaria Internazionale del Chieam, organizzazione internazionale intergovernativa con sede italiana a Bari in una storia autobiografica, dal titolo “Laila, figlia dei Cedri e del Mare”, edito dalla casa editrice barese La Nuova Palomar, in uscita a fine marzo 2025.
Il mare è il gancio di salvezza che la conduce alla pace con l’Universo, e naturalmente con se stessa. Sin dalla tenera età, a Laila e ai suoi fratelli e sorelle, era stato vietato persino sfiorare con i piedi il mare. L’immensità e la libertà dell’acqua salvano Laila dalle paure imposte dalla famiglia d’origine ma anche da quelle della guerra. Il primo lavoro editoriale di Lina, nasce in cinque mesi di scrittura impetuosa e trasporta il lettore in un viaggio fisico ma anche introspettivo. Alla domanda quale sia il capitolo che preferisce, Lina risponde: “E’ impossibile rispondere, perché se il primo capitolo è il braccio, il quarto capitolo è il cuore, e il settimo è l’anima, e il decimo la testa. Sono tutti vitali, ogni capitolo è una parte di me. Ma nell’ultimo capitolo ci sono due poesie, il mio omaggio a tutte le donne che hanno sofferto, appartenenti a qualunque etnia e religione”.
Da piccina, Lina, promette a se stessa di salvare la sua famiglia, proprio quando ogni giorno il papà va al lavoro sotto le bombe, proprio quando la mamma si ammala. Pur essendo la terza, di quattro figli, si comporta come fosse sempre stata la primogenita, perché avverte la forte responsabilità di portare in salvo i suoi cari.
Ma quale è la situazione attuale in Libano? “La situazione è fragile – dice Al Bitar – tuttavia rispetto ad un mese fa, c’è un barlume di luce. Ma in realtà, non ci sarà mai pace – precisa l’autrice – perché non c’è la volontà di fare pace. Nella Costituzione del Libano, si legge che il capo deve essere un cristiano maronita, e quindi già nella Costituzione c’è discriminazione di genere e religiosa. Dove sono le Nazioni Unite? – si chiede Lina Al Bitar – Perché le Nazioni Unite non si ribellano davanti a tali ingiustizie?”
Lina vive dal 1991 a Valenzano, in provincia di Bari. “Arrivai in italia – racconta – come vincitrice di una borsa di studio, conseguii il dottorato in seguito, e sono ingegnere agronomo presso l’istituto AGRONOMICO MEDITERRANEO, CHIEAM, funzionario della formazione dei progetti africani, nell’ambito del piano Mattei. L’Italia è il Paese che non ho cercato io, ma mio figlio per nascervi, e nonostante i pregiudizi e le ostilità iniziali, qui in Puglia ho trovato casa. Non avevo bisogno di connotarmi né italiana né libanese. Mi era stato negato il mare da piccola, perché mio padre ne aveva timore e vivendo sulle montagne di Beirut, non conoscevo l’amore sconosciuto del Mare. Il mare della Puglia mi ha fatto rinascere”.
Perché hai scelto questo titolo? “Perché – risponde Lina – figlia del Mare, un elemento che mi ha dato una nuova vita, imparando a nuotare e figlia dei Cedri, conifere simbolo del Libano, ma anche simbolo di divinità, perché sono figlia di Dio (siamo tutti figli di Dio) che nel libro, chiamo Universo, proprio per non discriminare il musulmano dal cristiano”.
La copertina, realizzazione grafica di Sai Babu Volpe, raffigura una donna, in abito da sera che erge dal mare, di lato uno scheletro di un palazzo devastato dalla guerra e poi i cedri. Il mio messaggio è: io ci sono e ce l’ho fatta, e nessuno mi spegnerà piu’ ”.
Nella prefazione, Nichi Vendola sottolinea: “Una voce limpida e dolente, come quella di Lina Al Bitar, ci dice con semplicità quanto sia insopportabile e indecente la guerra: proviamo ad ascoltarla, almeno per un attimo facciamo silenzio”.