
Mar piccolo, la transizione (s)venduta fotovoltaico galleggiante e idrogeno nel primo seno: un’operazione fumosa che minaccia ambiente, mitilicoltura e identità
Mentre cittadini, comitati e associazioni si mobilitano contro il dissalatore sul fiume Tara, si profila una nuova minaccia per il territorio: un impianto fotovoltaico galleggiante di 90 ettari accompagnato da un impianto per la produzione di idrogeno, nel cuore del Primo Seno del Mar Piccolo.
Un progetto da oltre 150 milioni di euro, promosso dalla MYT Floating Mar Piccolo S.r.l., in una delle aree più vulnerabili e biologicamente pregiate del Mediterraneo, nel silenzio istituzionale e con una narrazione fuorviante fatta di greenwashing.
Dopo aver lanciato l’allarme un anno fa e dopo una inchiesta giornalistica
(Guarda il servizio: Follie verdi: pesca addio, in mare arrivano i pannelli solari –)
che aveva destato enorme sconcerto visto i profili societari della MYT Floating Mar Piccolo S.r.l. (società con capitale sociale irrisorio di 2.500 euro e un amministratore unico ultraottantenne), e fatto emergere un quadro fumoso e poco trasparente, ben lontano da una reale operazione di innovazione e sviluppo sostenibile, il comitato per la difesa del territorio jonico porta nuovamente alta l’attenzione sul tema.
Rispetto a un anno fa, l’iter autorizzativo ha proseguito il suo corso, pur tra diverse lacune informative e in assenza di un vero confronto pubblico. Le osservazioni inviate dal comitato ed altre associazioni durante le fasi di consultazione ambientale non sembrano aver prodotto un effettivo rallentamento o riesame del progetto. Il rischio concreto è che si proceda con l’approvazione in assenza di un dibattito democratico e trasparente.
Il progetto, infatti, rischia di compromettere un ecosistema già fragile, mettendo in crisi le attività tradizionali e la vocazione naturale del Mar Piccolo.
L’ombreggiamento provocato dai pannelli impedirebbe la penetrazione della luce solare, compromettendo la fotosintesi e l’ossigenazione della colonna d’acqua. Il rischio di ipossia e morte biologica è concreto, specie nei mesi più caldi. Ne sarebbero colpite specie protette come la Cymodocea nodosa e gli ippocampi.
Ma anche la nostra Mitilicoltura è a rischio.
L’impianto ricadrebbe su aree già concesse ai mitilicoltori tarantini, senza il loro consenso formale. L’ombreggiamento, le vibrazioni e le onde elettromagnetiche potrebbero mettere a rischio una risorsa storica e millenaria.
Come avvenuto per il dissalatore, anche questa opera viene presentata senza alcun processo di consultazione pubblica, ignorando il parere di esperti, mitilicoltori, studiosi e cittadini.
Una scelta sbagliata nel luogo sbagliato: il Primo Seno del Mar Piccolo è già compromesso da decenni di inquinamento industriale. Invece di procedere a bonifica e rigenerazione, si punta a un uso industriale mascherato da innovazione, in un’area che rientra nel Parco Naturale Regionale “Mar Piccolo” e che attende ancora la sua piena tutela.
A rendere il quadro ancora più preoccupante è l’attuale vuoto amministrativo: il Comune di Taranto è oggi commissariato, ma anche quando l’amministrazione era in carica non si è percepito alcun peso istituzionale reale capace di tutelare un’area tanto delicata. Il rischio è che, nell’inerzia generale, si spalanchi la porta a operazioni speculative che nulla hanno a che fare con una reale visione di sviluppo sostenibile.
In un territorio che potrebbe puntare su rigenerazione ambientale, ricerca e valorizzazione delle sue risorse naturali, ci troviamo di fronte all’ennesima operazione calata dall’alto, senza visione, senza confronto e senza garanzie.
CHIEDIAMO
– Il blocco immediato del procedimento autorizzativo da parte del Ministero dell’Ambiente (MASE);
– L’esclusione del Mar Piccolo da ogni forma di sfruttamento energetico non coerente con i vincoli ambientali e paesaggistici;
– La piena trasparenza sull’iter procedurale e il coinvolgimento delle realtà locali;
– L’accelerazione dell’iter per l’istituzione dell’Area Marina Protetta del Mar Piccolo.
Il Mar Piccolo non è in vendita. È memoria, vita, biodiversità, cultura. È casa. È la nostra casa e abbiamo il dovere morale di difenderlo!
IL COMITATO PER LA DIFESA DEL TERRITORIO JONICO