
L’ombra dietro gli specchi. Il sosia e la parte oscura di sé.
di Maria Brunner
Il breve racconto su Orrel celebra il motivo romantico del sosia. La narrazione si svolge in prima persona e presenta il protagonista, un non meglio identificato Signor Lerro, che dichiara apertamente più volte il suo forte desiderio di solitudine. E’ un Einzelgänger, un solitario. Eppure un sosia molesto non lo lascia in pace, annunciandogli funesti presagi di sfortuna incombente, che poi si realizzeranno. Il fastidioso seccatore ha lo stesso nome del nostro protagonista, solo che letto al contrario, Orrel al posto di Lerro. Di Lerro sappiamo solo che usa la brillantina del nonno, che suo padre è un uomo corpulento, e che il giovane eroe ama nascondersi in luoghi in cui il padre (proprio a causa della sua costituzione) non ha accesso, come la soffitta. Questa soffitta rappresenta la zona di passaggio nel regno dell’immaginario, tema tipico della letteratura fantastica, che si dimena tra due mondi. Alla fine del racconto questa stessa soffitta diventerà un luogo sinistro, ricoperto da paglia e ossa; la fantasia del narratore è popolata da uccelli che bramano la carne degli uomini, quella carne che loro coprono e proteggono con i vestiti. A tratti la storia si trasforma in visione orrorifica.
Rari sono i ricordi piacevoli all’interno della narrazione: si tratta di memorie dei bei vecchi tempi dell’infanzia, quando pace e solitudine ancora regnavano nel mondo del protagonista, quando l’idillio (quasi condensato all’inizio del racconto) ancora dominava: uno spazio descritto in termini sinestetici di odori, rumori, e benessere.
Vorrei che tutte le mattine assomigliassero a questa. C’è nell’aria un profumo di mimosa e il suono di quell’orchestra che mi faceva saltare giù dal letto quando il paese si vestiva improvvisamente a festa per celebrare la Madonna del Rosario.
Allora era facile ritrovarsi negli specchi della casa, interrogati mentre mi infilavo i calzoni rapidamente e passavo nei capelli una manata della brillantina ancora viva del nonno, lasciata sul comò in sua memoria.
Ma l’orrore irrompe nell’idillio, mondo reale e immaginario si mescolano reciprocamente, l’importuno seccatore assume tratti animaleschi, e si accuccia come un cane ai piedi del letto del nostro afflitto protagonista. L’atmosfera del racconto crea un effetto talvolta surreale. La narrazione acquisisce connotazioni marcatamente fantastiche attraverso punti di transito (tra i due mondi): si tratta ad esempio dello specchio, dietro il quale il persecutore Orrel si è nascosto e adesso entra nel mondo reale di Lerro: In quel tempo mi credevo abbastanza piacevolmente solo e non immaginavo che dietro a qualche specchio potesse nascondersi qualcuno. Lo scoprii per caso, quando un giorno li ruppi tutti per togliere la mia immagine dai muri e dagli armadi. O del quasi miracoloso risveglio in ospedale per entrambi i protagonisti, che poi chiaramente è uno solo, dopo il disastroso incidente stradale: A metà del percorso che ci avrebbe condotto dal tabaccaio, il piano criminoso s’infiammò nella mia scatola cranica. Il disegno che mi avrebbe liberato una volta per tutte dal mio persecutore si mostrò nella mia mente in modo limpido e fulmineo: lo schiantai in un muro a tutta forza e sperai di non rivederlo mai più. Ma la fortuna non venne in mio soccorso e ci risvegliammo entrambi, non saprei dire dopo quanto tempo, in una stanza d’ospedale, con gli occhi tumefatti e qualche osso rotto. Che tragedia! Fummo costretti a trascorrere due mesi lì, sorvegliati e mal accuditi.
E ancora in un Hotel a Firenze, dove Orrel entra nuovamente nella vita di Lerro attraverso il contatto fisico (toccandogli la spalla): Ricordo che, dopo aver riposato un po’, mi recai nella saletta comune messa a disposizione dei clienti, e lì mi trattenni per un paio d’ore. Avevo mangiato qualcosa e mi ero seduto a sfogliare dei giornali lasciati in modo disordinato su un tavolino di canna di bambù.
Una notizia a pagina 16 del quotidiano ‘La Nazione’ mi aveva fatto sobbalzare il cuore fino in gola per la gioia, e forse quegli attimi furono i primi, dopo un lungo periodo, in cui mi dimenticai di lui. Ecco, però, che proprio in quell’istante di serenità ritrovata, quando davvero non me lo aspettavo, mi sentii una mano toccare la spalla, come se qualcuno volesse richiamare la mia attenzione, e al contempo una voce orrificamente familiare chiese: “Ha da accendere?”
Un ulteriore punto di trasferimento è rappresentato anche dall’ultimo tentativo da parte di Lerro di uccidere Orrel, cioè facendolo precipitare dal parapetto di una terrazza al terzo piano, ma che si concluderà con un risultato opposto, poiché sarà proprio Lerro a precipitare e a rimanere invalido. La previsione di Orrel è diventata realtà: Che cosa accadde? Accadde che invece di liberarmi dal peso di quelle ombre, così come avevo angosciosamente sperato, d’un tratto non fui più solo.
“Puoi chiamarmi Orrel” mi disse la prima volta che m’apparve dinanzi, guardandomi in un modo ambiguo e sprezzante, come se fossi io il pazzo.
“Sono qui per fare ciò che tu non sapresti mai fare” continuò.
“Di che parli?” gli chiesi.
“Lo vedrai! e inevitabilmente ti dispererai e urlerai come un vivo rinchiuso in una cassa da morto; ti strapperai i capelli con le mani… ma non ora, credimi, c’è da
aspettare”.
“Aspettare?!” risposi con aria perplessa e spaventata.
“Sì, aspettare!”
Non chiesi più niente, quasi avessi paura che mi svelasse qualcosa in grado di turbarmi ancor di più.
Il fantastico si muta spesso in grottesco e in orrendo, come celebra la fine del racconto Fuga da Orrel: Ed eccomi qui, ora, con le mani nei capelli, così come Orrel mi aveva preannunciato, paralizzato da mesi dalla cintola in giù, ridotto su una miserabile sedia a rotelle.
Ormai non provo più a sfuggirgli. Sono consapevole di non potercela fare, credo di essere rassegnato all’idea che non mi sarà più possibile tornare a essere solo, così
come mi credetti quando me ne stavo rintanato nella mia soffitta di paglia e ossa nei giorni irripetibili, in quel tempo che sembra essere stato sognato, così lontano dalla malvagità degli uomini e degli uccelli che bramano le carni che copriamo coi vestiti.
Mi è rimasta una sola speranza: trovare il coraggio di aprire la valvola del gas mentre dorme. La morte è ancora una flebile soluzione, l’unica che forse mi permetterebbe di restare da solo.
Solo da solo potrei trovare pace.
Sorprende il fatto che le affermazioni vengano relativizzate dal procedere assillante del fantastico, da allusioni, da paragoni e dalla ricorrenza di forme riguardanti la
sfera del possibile, come “forse”, “pare”, “mi sembrava”.
Anche il motivo romantico del sosia, che fa riferimento all’insicurezza delle categorie razionali, si manifesta nella duplicazione della figura Lerro/Orrel (stesso nome, come detto, le cui lettere seguono lo schema anagrammatico della permutazione). La realtà si mostra in tutta la sua ambiguità, poiché il visibile non corrisponde all’immaginato, o almeno non alle immagini che la percezione sensuale della realtà ci offre.
Nella letteratura fantastica si scontrano improvvisamente mondi realistici e meravigliosi; si arriva ad un cambio repentino o punto di trasferimento (nel caso delle favole i due mondi si fondono senza brusche interruzioni). Il mondo fantastico crea degli spazi liberi aperti al campo del possibile. Al fantastico è connesso il misterioso, l’imperscrutabile, l’allusione… tutto ciò rappresenta ovviamente uno stimolo altrettanto grande per la fantasia del lettore.
Sulla base del racconto del Signor Lerro vengono messe in evidenza quelle che sono alcune delle funzioni della letteratura fantastica:
1. Funzione compensativa (approccio di critica ideologica): bisogni e desideri del lettore vengono proiettati nella letteratura.
2. Funzione pedagogica: al lettore vengono presentati e accostati comportamenti auspicabili.
3. Funzione emancipatrice: il lettore viene a conoscenza della variabilità dei ruoli, dei comportamenti e delle istituzioni determinati dalla società.
4. Funzione psicologica dello sviluppo: si creano delle affinità tra l’immaginario del lettore e quello della letteratura fantastica (sognare ad occhi aperti).
5. Le coordinate razionali si piegano al volere del protagonista, e alle regole dell’arte che valgono per la letteratura fantastica.
Come nelle opere di Borges, Garcia-Marquez e Vargas Llosa, anche nel testo di Menotti Lerro la fantasia appare come l’unico luogo sicuro che domina sul reale
detronizzandolo.
Infatti Orrel sembra indistruttibile, ha il dono di ringiovanire, di guarire, di fuggire alla morte ed è sin dall’inizio soggetto alla legge della metamorfosi. Anche le indicazioni spaziali e temporali concrete, presenti all’inizio della narrazione, svaniscono gradualmente, diventano sempre più assurde con il procedere dell’azione e la corrispondenza tra le due figure ne fa perdere i contorni definiti.
Nella sua opera l’estetica Hegel mette in evidenza come nella potenziale descrizione delle forze dell’azione non ci sia posto per la Negatività. Il male non ha alcuna consistenza, se non in opposizione al bene. Anche in Primo Levi il bene e il male sono privi di consistenza specifica, non sono più distinguibili l’uno dall’altro. Rimangono solo figure esemplificatrici di un destino da Paria, da reietto. A ciò si riferisce anche Montale nella sua Serenata indiana. E per sino Bataille, nelle opere La Littérature et le mal e La part maudite, fa cenno ad una genealogia del male. Per Rousseau l’inizio di tutti i mali è rappresentato dalla rottura dell’uomo primitivo con un’esistenza donata dalla natura, quindi anche la storia, in quanto articolazione della convivenza sociale, è considerata maligna. In Menschliches, Allzumenschliches, Nietzsche fa riferimento al fatto che il male si trovi al centro dell’azione dell’uomo, e che il singolo sia costretto, a causa di determinate strategie di sopravvivenza, a pensare solo a se stesso. Il fatto che Menotti tematizzi in forma innovativa l’opposizione binaria Bene/Male è rappresentativo della risposta dell’autore nei confronti del realismo letterario all’interno di questo racconto in cui tempo e sviluppo dell’azione sono solo simulati.
Seguendo l’interpretazione psicoanalitica il racconto in dica la lotta dell’io (Ego) con l’Es (Id) ed il Super-Io (secondo Freud). La difficile conoscibilità dell’inconscio si focalizza attraverso le sue manifestazioni nello sdoppiamento del protagonista nella figura Lerro e Orrel; ciò indica anche una dialettica constante fra repressione e represso. Ma la necessità della coesistenza (anche se accompagnata da tante crisi) dell’io (Ego) con l’Es (Id) ed il Super-Io viene focalizzata da una frase del racconto:
“Ti stavo aspettando” disse, abbozzando un sorriso pernicioso e guardandomi la mano che tenevo ancora sul cuore.
“Ma che vuoi da me?” chiesi con rassegnazione, in preda ad un’evidente crisi di nervi. “Non vedi che sono un povero diavolo?”
“Sono un povero diavolo anch’io!” rispose. “E ho bisogno di te almeno quanto tu ne abbia di me”.
Pochi rapporti familiari (nonno, padre, madre) del figlio Lerro vengono menzionati e indicano il mondo delle futilità quotidiane (la brillantina, il cristallo e le posate d’argento) tipiche del mondo borghese.
Nei termini in cui si parla di sogno nel racconto viene spesso descritta o superata la realtà. Sia l’opera letteraria, sia il sogno, sono invenzioni della mente. Come un racconto, così il sogno presenta delle verità che hanno bisogno di essere interpretate per essere comprese. Il grande merito di aver individuato per primo le sorprendenti analogie tra il contenuto della creazione artistica e quello della psicoanalisi va a Freud. Anche nel racconto Fuga da Orrel le forze che muovono gli uomini sono maggiormente inconsce, e la mente umana ha una natura doppia. L’insieme degli impulsi inconsci e irrazionali costituiscono la parte della psiche definita “Id” (o “Es”). L’“Ego” è invece, la “facciata” dell’“Es”, il suo rappresentante conscio e razionale. Un altro aspetto della psiche è il “Super-ego” che rappresenta l’io ideale, ciò che vorremmo essere e deriva dalla cultura e dall’educazione che ci viene data fin dalla nascita; qui sarebbe da citare il mondo borghese della madre del protagonista: Il cristallo mi aveva sempre affascinato molto. Ricordo che mia madre era solita affermare: “Si possono usare le forchette d’argento anche ogni giorno, ma il cristallo si tira fuori solo per le grandi occasioni!” L’“Ego”, dunque, si trova a dover fare da bilancia tra le pulsioni dell’“Es”, aggressive ed egoiste e le proibizioni del “Super-ego” che impone tutte le costrizioni e le limitazioni della morale e della civiltà.
Queste ultime sono ciò che Freud definisce il “represso”. Egli teorizza che il più delle volte il “represso” è presente nei desideri ed istinti, per esempio quelli prettamente criminali dell’Ego del protagonista Lerro con l’obiettivo di eliminare Orrel.
Anche lo stile, in cui il racconto ci viene presentato, sembra centrale nell’analisi della natura fondamentale del formato letterario e della modulazione espressiva della voce e della scrittura di questo racconto come emergenza dal profondo della soggettività della psiche umana.