Principale Economia Salario minimo illegittimo

Salario minimo illegittimo

Una retribuzione minima salariale è una misura economica che potremmo definire anche di civiltà oltre ad essere cruciale per il rilancio dei consumi interni. I dazi di Trump e la vigente delocalizzazione lo renderanno sempre più evidente. Duplice l’eccezione di illegittimità costituzionale per la retribuzione minima salariale in Puglia.

Parlando di argini alla povertà dilagante, la Puglia è una delle sette regioni destinatarie del Programma Nazionale Equità nella Salute (PNES), in quanto tra le più ampiamente interessate da assistiti vulnerabili, fragili dal punto di vista socio-economico. Per non enumerare le innumerevoli altre azioni nell’ambito della Programmazione della Politica di Coesione 2021-2027, con l’obiettivo di risollevare le sorti economiche di un sud che vede un’ampia quota del capitale umano emigrare, un’ampia percentuale di micro e piccole medie imprese spesso in difficoltà.

In tal senso una indagine dell’ISTAT che titola “Stabile la povertà assoluta” e indica che ‘Nel 2023, le famiglie “sicuramente” povere (con livelli di spesa mensile equivalente sotto la linea standard di oltre il 20%) sono pari al 4,6% (stabile rispetto al 2022), con valori più elevati nel Mezzogiorno (9,0%). Quelle “appena” povere (spesa inferiore alla linea di non oltre il 20%) sono il 6,0% e raggiungono il 10,7% nel Mezzogiorno. Tra le “appena” povere, il 3,3% presenta livelli di spesa per consumi molto prossimi alla linea di povertà (inferiori di non oltre il 10%); nel Mezzogiorno sono il 6,0%.’

Una legge regionale, la n. 30 del 2024 “Tutela della retribuzione minima salariale nei contratti della Regione Puglia” ha previsto che la stessa Regione Puglia, le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, le Sanitaservice, le agenzie regionali e tutti gli enti strumentali regionali, per il personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni, debbano indicare in tutte le procedure di gara la perentorietà dell’applicazione del contratto collettivo maggiormente pertinente all’attività svolta, stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali più rappresentative, restando salvi i trattamenti di miglior favore.

Inoltre la legge regionale prevede che gli appaltanti debbano verificare che i contratti indicati nelle procedure di gara individuino un trattamento economico minimo inderogabile pari a nove euro l’ora.

La legge Regionale del 29 novembre 2024 n. 39 ha indicato una  «retribuzione minima tabellare» in sostituzione del «trattamento economico minimo» di cui alla precedente legge n 30.

Il Trattamento Economico Minimo (TEM) è un concetto più ampio e comprende non solo la retribuzione minima tabellare, ma anche altri elementi della retribuzione fissa stabilita dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro CCNL (es. scatti di anzianità, indennità fisse, assegni aggiuntivi) e serve a garantire che nessun lavoratore percepisca una retribuzione inferiore a un livello minimo dignitoso. La retribuzione minima tabellare è la paga base prevista dal CCNL per una specifica categoria professionale e per un livello di inquadramento e varia in base al livello di inquadramento del lavoratore.

La Presidenza del Consiglio dei ministri aveva già impugnato la legge della Regione Puglia n. 30 (del 21 novembre 2024), quindi ha impugnato l’art. 21 della legge n. 39 laddove introduce la retribuzione minima tabellare in sostituzione del TEM,  eccependo pertanto la duplice occorrenza di illegittimità costituzionale.

Tra le motivazioni addotte il porsi in contrasto con l’art. 36, comma 1, della Costituzione, in quanto l’ordinamento non prevede un salario minimo stabilito dalla legge o da altre disposizioni giuridiche vincolanti, ma prevede che il lavoratore abbia diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

Il ricorso è quindi ex art. 39, ultimo comma, della Costituzione, in quanto la legge regionale introduce una soglia salariale che oltre a non rientrare nella potestà del legislatore regionale, risulta in contrasto con la norma costituzionale che statuisce l’autonomia della contrattazione collettiva: solo i sindacati possono stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce

Il ricorso è anche ex art 117 della Costituzione, laddove definisce la legislazione esclusiva dello Stato nelle seguenti materie:  l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

Quindi il ricorso rileva che nella regolamentazione del rapporto di lavoro subordinato, sia privato sia pubblico, la determinazione del salario minimo rientra nell’ordinamento civile, che è competenza esclusiva dello Stato. Le Regioni non possono legiferare su aspetti fondamentali del contratto di lavoro, come la determinazione di un salario minimo in deroga alle materie l) e m) su indicate, per esigenze di uniformità ed eguaglianza a livello nazionale, pertanto tale materia  non rientra nella potestà del legislatore regionale, oltre a porsi in contrasto con l’autonomia della contrattazione collettiva già menzionata.

Non avendo a livello nazionale, attualmente, alcuna retribuzione minima tabellare inderogabile stabilita dalla legge o da altre disposizioni giuridiche vincolanti, riguardo agli appalti in Puglia, regolati dalla normativa regionale  vigente, rammentiamo sempre che nel caso di dichiarazione dell’illegittimità delle due leggi regionali n 30 e n 39, là dove già applicate, le clausole contrattuali inserite dagli appaltanti cesserebbero di avere efficacia dal giorno immediatamente successivo alla pubblicazione della sentenza.

Aggiungiamo che il salario minimo è stato oggetto di una specifica normativa a livello europeo, con la direttiva (UE) 2022/2041, relativa ai salari minimi adeguati nell’Unione Europea. Tale direttiva, il cui obiettivo è quello di garantire ai lavoratori dell’Unione europea condizioni dignitose, non ha fissato una soglia retributiva minima.

Si chiede agli Stati membri, lì dove siano previsti salari minimi legali, di istituire un sistema per fissare e aggiornare tali salari minimi secondo una serie di criteri chiari, quindi i salari minimi legali saranno aggiornati almeno ogni due anni. Inoltre si riconosce la possibilità che la contrattazione collettiva individui i livelli salariali minimi nei singoli settori, quindi non erga omnes, in particolare per gli Stati membri che non abbiano un salario minimo per legge, come l’Italia.

Parafrasando con il paradigma del gioco Finito (James P. Carse nel suo libro Finite and Infinite Games 1986), cioè quello in cui abbiamo un unico vincitore e uno o più perdenti con una prospettiva alquanto miope, e con il paradigma del Gioco Infinito, in cui l’obiettivo principale non è la vittoria finale ma l’ottenimento di un vantaggio duraturo e che sia collettivo in un lungo periodo, possiamo affermare che l’introduzione di una soglia salariale è un gioco finito.

Infatti l’introduzione di tale tipo di provvedimento legislativo prevede un obiettivo concreto cioè stabilire un minimo salariale, quindi è un processo definito con una discussione, l’approvazione e l’implementazione di una legge che vedrà dei vincitori. Anche il ricorso per l’illegittimità costituzionale di una norma regionale ne è parte integrante, con vincitori e perdenti.

Tuttavia il gioco infinito si ha solo con un continuo adeguamento, in vista del miglioramento, della normativa sul salario minimo, un processo in continua evoluzione, influenzato da variabili economiche, sociali e politiche. Non si tratterebbe solo di fissare un numero, ma di mantenere un sistema sostenibile ed efficace nel lungo periodo, adattandolo continuamente alle nuove realtà ed esigenze economiche e sociali, andando oltre la miopia della “vittoria” contingente. Un processo quindi tutto in evoluzione che non dovrebbe fermarsi ad una sentenza di accoglimento o di rigetto di una eccezione di illegittimità costituzionale, anche se duplice.

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