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Elezioni in Germania

Markus Krienke

Se a Pasqua ci sarà veramente una risurrezione per la Germania, come si erano proposti Merz e la CDU con l’intenzione di presentare entro tale festa il nuovo governo, dopo ieri sera non è così chiaro come sembra. Certamente, la CDU, insieme alla CSU della Baviera, ha vinto le elezioni per il XXI Bundestag tedesco. Ma il 28,5% è lontano dal traguardo minimo del 30%, e la prospettiva probabile di una nuova “GroKo” (grande coalizione) non fa entusiasmare nessuno. Sarà un riverbero della vecchia repubblica tedesca, con i due partiti che la rappresentano connaturalmente ma che hanno dovuto accettare il loro risultato rispettivamente peggiore (per la SPD con 16,4%) e secondo peggiore (per la CDU, appunto), in una votazione che ha visto praticamente tutti i tedeschi a partecipare (ossia l’82,5%).

E sono stati soprattutto i giovani a rivolgersi da tutt’altra parte, soprattutto all’estrema sinistra (Die Linke) che a sorpresa ha ottenuto l’8,8% dei voti e con sei candidati eletti direttamente uno dei risultati migliori della sua storia, riuscendo ad affermarsi contro il BSW nato proprio come scissione dalla Linke. Il messaggio è chiaro: i giovani si sentono fuori luogo nella società di oggi, una tendenza in atto dai tempi del Covid, che con l’aumento dei prezzi restringe la loro autonomia e con gli investimenti nel militare sottrae risorse a formazione ed educazione. La primaria preoccupazione dei giovani, dunque, non è più il clima ma la “giustizia sociale”, che una volta era il tema principale della SPD. Ma anche l’AfD – per gli stessi motivi del contrasto alla guerra e dell’integrazione sociale – è stato un’alternativa per i giovani che nelle ultime elezioni hanno ancora preferito i verdi e i liberali, per poi stare a guardare come sprofonda il loro impegno per un cambiamento delle strutture sociali verso l’ecosostenibilità in una “coalizione semaforo” che ha aggravato anziché risolto le loro domande esistenziali. Quale è il loro identikit democratico? La disposizione a spostare il voto in modo repentino e una percezione diversa del pericolo che la maggioranza dei tedeschi percepisce dai partiti di estrema destra o sinistra.

A proposito dell’AfD che ha guadagnato quasi un milione di ex votanti della CDU e con i suoi 20,8% è diventato il primo partito dei lavoratori (e disoccupati): non è più soltanto la protesta che spiega il suo successo (e tantomeno il nazionalsocialismo), ma sono i temi che secondo molti tedeschi non vengono più affrontati dai partiti del “centro democratico”. Il problema della migrazione ha catalizzato questa breve campagna elettorale, insieme alla sicurezza – tutti si ricordano gli attentati di Magdeburg, Aschaffenburg e München – e alle preoccupazioni per l’economia in chiave di assicurare la produzione industriale in Germania con i posti di lavoro “ai tedeschi”. In questa prospettiva, non è la democrazia in Germania che è in crisi – la più alta partecipazione elettorale dal 1990 – ma i partiti del “centro democratico” che rappresentano una Repubblica tedesca che definitivamente non esiste più. E quanto poco essa abbia conquistato i tedeschi dell’Est si esprime anche attraverso il fatto che in tutte le regioni (esclusa Berlino), l’AfD è il primo partito con risultati tra il 32 e il 38% – mentre nell’Ovest il partito ha ottenuto solo la metà dei voti rispetto all’Est e la stessa Alice Weidel non ha potuto vincere la sua circoscrizione. Un risultato sufficiente tuttavia, per risultare il secondo partito in Germania e relegare la Socialdemocrazia per la prima volta nella storia della Repubblica al terzo posto.

Tornando alla vittoria della CDU che ha il sapore di una sconfitta, per quanto riguarda i numeri e dunque il modo in cui si avvia il nuovo “governo del cambiamento” (ora costretto a produrre risultati). Esso dovrà fare i conti con il fallimento del “nuovo corso politico” del semaforo, intrapreso nel 2021 per iniziare in Germania l’era post-Merkel, l’ascesa di partiti agli estremi dello spettro parlamentare, ma soprattutto con la quasi unica possibilità di coalizione (in quanto la collaborazione con i Verdi per la CSU è categoricamente escluso) che sicuramente non sta per innovazione politica e sociale, e tutto ciò sotto la guida di un cancelliere la cui impopolarità si salvò soltanto perché il paragone era Olaf Scholz ossia il cancelliere meno stimato di tutti i tempi. Tuttavia, soltanto il 37% dei tedeschi crede che Merz farà meglio di Scholz, e infatti accanto alle sfide interne e geopolitiche enormi dovrà affrontare un partner di coalizione con maggiore esigenza di profilarsi a sinistra, dato il risultato elettorale disastroso. Merz non ha una statura classica da politico – infatti la sua carriera è stata interrotta dal 2004 al 2022 per attività di consulenza nel mondo finanziario – ed è all’interno del partito la controfigura ad Angela Merkel. Queste caratteristiche, insieme agli ingredienti del suo credo politico ossia pragmatismo, conservatorismo e liberalismo economico, insieme ad una posizione decisa contro Putin e contro Trump, basteranno a portare la Germania a quella “Zeitenwende” (cambiamento d’epoca) così necessaria al Paese come anche all’Europa? «L’audacia ha in sé genio, potere e magia», disse Goethe, ed è da sperarsi che il futuro cancelliere tedesco saprà realizzarla, a partire dai difficili accordi di coalizione che ora deve trovare.

foto Andkronos

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