
Era il 24 febbraio del 2022, la Russia invadeva l’Ucraina. Cominciava l’inferno, cominciava un conflitto che gettava il mondo nella costernazione
Un anniversario terribile, intriso di morte e di paura quello del 24 febbraio prossimo. Data di inizio di un conflitto che ha sconvolto il mondo, modificandone gli equilibri e riportando la guerra in Europa. I carri armati russi, marchiati da quella zeta incomprensibile, sfilavano perfettamente allineati, verso l’Ucraina.

Gli ucraini si armavano. Tutti, con i propri mezzi, spesso esigui. Pronti a morire per la loro Patria. Lo spettro ghignante della guerra era lì, dinanzi agli occhi di tutti.
La storia non aveva insegnato nulla e la morte era pronta ad usare la sua falce inesorabile. Una falce che non fa distinzione tra uomini, donne, bambini.
Il racconto delle immagini
Golia attaccava Davide. Tutti infatti erano sicuri che la Russia avrebbe avuto la meglio, in poco tempo, sulle esigue forze ucraine. Ma la realtà fu ben diversa.
Le ore si susseguivano ad un ritmo frenetico, mentre i media fotografavano l’evolversi degli eventi. E il racconto, di quella che Mosca continua a definire ‘Operazione speciale’, era terribile.

Città distrutte, bombardamenti continui, bambini ucraini strappati alle loro famiglie e deportati in Russia, fosse comuni con centinaia di corpi lacerati dalle torture. Era il quadro di una guerra che ancora oggi semina morte.
Il presidente ucraino, Zelensky, con i suoi appelli notturni alla nazione, diveniva il simbolo di un popolo che lotta per la sua libertà. Era lui l’eroe, colui che incarnava la fierezza di questo popolo.
E la vita per gli ucraini si traduceva in un attimo, decisivo per continuare a vivere o per morire. La quotidianità era sconvolta e in tanti affollavano le metropolitane per cercare un rifugio dalle bombe.
Eravamo lì, tutti inchiodati dinanzi ai comunicati che le reti, nazionali e non, ci inviavano. Eravamo lì stupiti, attoniti di fronte alla crudeltà della guerra.
L’Europa, gli Stati Uniti di Biden supportavano la lotta strenua degli ucraini con l’invio di armi e il presidente ucraino Zelensky diveniva un mito, applaudito per il suo fervore patriottico ovunque. Al Parlamento europeo, all’Onu, negli Usa.
Zelensky, da mito a dittatore.
Tre anni, tre lunghi anni, febbrili, convulsi, ma supportati dalla vicinanza di tutto l’Occidente e dalla speranza di una pace. Ma oggi lo scenario è cambiato. Oggi lo scenario è quasi surreale.
Grazie all’appoggio del nuovo presidente Usa Donald Trump, la Russia può uscire dal suo isolamento. Un isolamento prevalentemente economico, perché determinato dalle sanzioni dell’Europa e degli Stati Uniti dell’era Biden.
E Putin, stando a notizie ancora tutte da verificare, potrebbe, proprio il prossimo 24 febbraio, annunciare la sua vittoria in Ucraina.
Una vittoria che, al di là di eventuali toni trionfalistici, farebbe leva sulla posizione e sull’appoggio di Trump giunto a definire Zelensky un ‘dittatore, non eletto dal popolo’. Un’affermazione, questa, che legittima l’esclusione del presidente ucraino dai primi colloqui di pace, avutisi a Riad nei giorni scorsi tra una delegazione statunitense ed una russa..
Un segnale pericoloso del raggiungimento di una pace che sarebbe, territorialmente, a tutto vantaggio della Russia. Ma andrebbe incontro anche agli interessi di Trump che ambisce alle terre ricche ucraine.
Una spartizione, dunque, in piena regola tra due imperatori, incuranti del mondo.
Il bilancio di tre anni di guerra
Impossibile fare un bilancio, in termini di vittime, di questo conflitto. Impossibile ripercorre gli orrori di tre anni. Impossibile anche ipotizzare gli eventi futuri che paiono incamminarsi verso un nuovo ordine mondiale. Tanti gli interrogativi e, ancora di più, tante le incertezze e le paure che ci agitano e a cui non possiamo dare una risposta
Sarà solo la Storia a darcela.