Principale Arte, Cultura & Società Musica, Eventi & Spettacoli La Turandot del Taranto Opera Festival

La Turandot del Taranto Opera Festival

Turandot

Sulla scena del Teatro Fusco di Taranto ieri sera una Turandot che ha fatto sognare

Atmosfera quasi onirica ieri sera sul palcoscenico del Teatro Fusco di Taranto per la rappresentazione di una delle opere più belle di Giacomo Puccini: Turandot.

Atmosfera che ci ha riportati al tempo delle favole. Un tempo in cui la dimensione reale si perde nel sogno e l’amore trionfa sulle paure, sulle incertezze, ma anche sulla crudeltà.

Turandot
Calaf e Turandot si confrontano

La magia di Turandot

Tutto è magia, fiaba, mistero, in quest’opera straordinaria che, proietta lo spettatore nell’età dell’innocenza. L’età in cui il sogno permea le aspettative del futuro e l’amore domina il tempo della vita.

E, se la musica di Puccini trascina abitualmente nel vortice delle passioni, in Turandot il crescendo delle emozioni é esso stesso musica, armonia che si fonde con le passioni, le paure dei personaggi che animano la scena.

Ambientata in una Pechino imperiale l’opera vede protagonista Turandot, principessa di ghiaccio, chiusa nella sua solitudine, nella sua paura di amare, che la induce  ad una crudeltà estrema: sottoporre i suoi pretendenti a tre  enigmi. Pena la vita!

Ma l’amore vince su tutto e si tramuta in soluzione dell’enigma supremo. La vita.

Turandot, apparentemente algida, distaccata, quasi si scontra con il principe Calaf, innamoratosi di lei. I due si sfidano, ma solo il sacrificio della dolce Liù, innamorata di Calaf e che si uccide, pur di non rivelare il nome del suo amato, riesce a scalfire il muro della crudeltà di Turandot. E questa, infine, cede all’amore.

Un epilogo sorprendente, dunque, che si distacca dall’usuale tragicità delle opere di Puccini, ma che ha una sua morale, come si conviene ad ogni favola.

Gli interpreti

Sulle note immortali della musica di Puccini, levatesi ieri grazie all’orchestra del Taranto Opera Festival, diretta abilmente dal maestro Giuseppe Acquaviva, il tessuto narrativo di Turandot, impersonata da Antonia Cifrone, soprano di chiara fama, ha coinvolto tutta la platea.

E, già dal primo quadro, fedele all’ambientazione del capolavoro pucciniano, creato dal bravo Damiano Pastoressa, ci si è immersi nel sogno. Poi la bravura del Coro Opera in Puglia e degli interpreti, tra i quali spicca Mario Patella, nei panni del mandarino, hanno fatto il resto. Ed è stata magia.

Tutti gli interpreti hanno dato calore, spessore ai singoli personaggi, dal bravo Ugo Tarquini, il Calaf della scena, ad Alberto Comes, nelle vesti di un intenso Timur, da  Moses Mackey, Ping estremamente convincente, alle due ancelle, Marcella Diviggiano e Giulia Milella

Turandot
Calaf, il padre Timur e Liù

Ma la vera trionfatrice di questa sorprendente messa in scena è stata  Maria Novella Malfatti, Una Liù staordinaria.

La sua vocalità, infatti, ha reso appieno l’intensità e la drammaticità del personaggio, sfumandolo quasi nelle sue espressioni emotive. E ciò grazie a delle sapienti modulazioni che hanno toccato la perfezione.

Liù è stata quindi vittima, ma protagonista di una vicenda fiabesca di grande pathos, in cui l’amore viene declinato in tutti i suoi aspetti.

Un amore che non trova tempo, ma che necessita di una spazialità ben definita che induca al sogno. E, ieri sera, grazie alla regia attenta e sapiente di Vivien Hewitt il tempo delle favole ha preso corpo, fino ad essere vita, fino ad essere realtà

 

 

 

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