
Di fronte alla storia dell’arte e della musica italiana, pochi esempi di censura politica e culturale risultano tanto evidenti quanto quello di Saverio Mercadante (1795-1870).
Nato ad Altamura, educato nella gloriosa Scuola Musicale Napoletana e affermatosi come uno dei compositori più illustri dell’Ottocento, Mercadante è stato progressivamente cancellato dalla memoria collettiva, vittima di un’operazione di revisionismo storico che, per decenni, ha visto il Regno delle Due Sicilie dipinto come un’entità culturalmente sterile, inadatta a partorire eccellenze artistiche e intellettuali. Una falsificazione grottesca, che ha seppellito per oltre un secolo un musicista di fama internazionale.
Il genio musicale che disturbava la narrazione post-unitaria
La storia la scrivono i vincitori, e nulla è più vero quando si guarda all’Unità d’Italia e alla sistematica distruzione della memoria del Mezzogiorno. L’Italia post-unitaria, impegnata a costruire un’identità nazionale centralizzata e culturalmente omogenea, ha dovuto necessariamente abbattere tutto ciò che ricordasse il passato borbonico, persino laddove si trattasse di eccellenze assolute. Ed è così che un compositore di statura europea, formatosi sotto la protezione della Casa Borbone, celebrato nei maggiori teatri d’Italia e d’Europa, è stato relegato ai margini della storia della musica.
Mercadante non fu un semplice autore di opere liriche: fu Direttore del Real Collegio di Musica di Napoli, Maestro Concertatore dei Reali Teatri, Ispettore delle Bande Musicali dell’Esercito del Regno delle Due Sicilie. Un uomo che, con il patrocinio della dinastia borbonica, contribuì all’affermazione della musica partenopea come punto di riferimento internazionale. Le sue opere risuonarono al San Carlo di Napoli, alla Scala di Milano, alla Fenice di Venezia, al Théâtre Italien di Parigi, al Teatro di Porta Carinzia a Vienna, a Madrid e Lisbona. Eppure, il nuovo Regno d’Italia lo ha ignorato, boicottato e infine dimenticato. Troppo scomodo per la retorica unitaria.
Un’Italia che non premia la propria cultura
A cosa si deve questo oblio? La risposta è tanto semplice quanto imbarazzante: Mercadante era il prodotto di un sistema culturale che la narrazione post-unitaria doveva annientare. Accettare il suo valore significava ammettere che il Regno delle Due Sicilie non era quell’ammasso di arretratezza che la propaganda risorgimentale ha sempre dipinto, ma una realtà colta e fiorente, capace di generare talenti di livello assoluto. Ma la verità era ed è scomoda.
Così, mentre le opere di Rossini, Bellini, Donizetti e Verdi venivano glorificate e riproposte senza sosta nei cartelloni dei teatri italiani, le opere di Mercadante venivano progressivamente eliminate. Della sua produzione straordinaria – oltre 60 melodrammi e numerose composizioni sinfoniche e cameristiche – solo due titoli, Il giuramento ed Elisa e Claudio, sono stati eseguiti sporadicamente al San Carlo nel secolo scorso. Per il resto, il nulla.
Eppure, negli anni del suo massimo splendore, Mercadante era considerato un innovatore audace, un gigante della musica lirica italiana. Perfino Gioachino Rossini, dopo aver ascoltato alcune sue sinfonie nel 1818, volle congratularsi personalmente con lui, dicendo al maestro Zingarelli: “Vi faccio i miei complimenti per questo vostro allievo. Le sue due composizioni mi danno seriamente a pensare, e vedo bene che i vostri alunni cominciano dove noi terminiamo”. Un riconoscimento straordinario da parte di uno dei più grandi operisti della storia. Eppure, nessun palcoscenico italiano oggi ospita le sue opere. Un caso? Assolutamente no.
Recuperare la memoria di Mercadante: un dovere culturale e storico
Oggi, l’oblio di Saverio Mercadante è lo specchio di un’Italia che sceglie di dimenticare la propria storia quando questa non si piega alla narrazione dominante. Ma la verità non può essere sepolta per sempre. Ecco perché il Festival delle Musiche Mercadantiane, che si terrà ad Altamura, rappresenta non solo un omaggio a un maestro della musica, ma anche un atto di giustizia storica.
Restituire Mercadante alla sua grandezza significa demistificare la menzogna di un Sud culturalmente inferiore, smascherare un revisionismo che ha distrutto patrimoni artistici per esigenze politiche. È tempo di riaprire i teatri alla sua musica, di riprendere in mano spartiti e partiture, di riaccendere i riflettori su un compositore che merita di essere annoverato tra i più grandi.
La vera arretratezza non era nel Regno delle Due Sicilie, ma nell’incapacità di unificare l’Italia senza distruggere la memoria di una delle sue terre più ricche di cultura. E questo errore storico deve essere sanato.
Saverio Mercadante merita di essere ricordato, celebrato e restituito alla sua gente.
Pierfrancesco Viti