
Oggi, 10 febbraio, il ricordo di un massacro volutamente taciuto per 60 anni. Una giornata per ricordare l’eccidio delle Foibe
Un ricordo triste, quello di oggi, che rende onore alla memoria delle vittime di un massacro terribile: quello delle Foibe. Una memoria calpestata dal buio del silenzio per ben 60 anni, avvolta dal manto di un’omertà indubbiamente di natura politica.

Troppo scomodo ricordare, terribile raccontare.
Una coesistenza difficile
Per ricostruire la storia del confine nordorientale della nostra Italia, dovremmo risalire a tempi molto remoti, quando Roma dominava la scena politica e geografica, e la coesistenza con le popolazioni dei vari territori era la realtà dell’epoca.
Ma un’aria territoriale, preziosa già da allora per il controllo del mediterraneo orientale, quale l’attuale Istria, la Dalmazia e tutta la fascia costiera che, dal Quarnaro scende giù, sino all’Albania, rappresentò sempre una meta ambita per le diverse popolazioni che miravano ad uno sbocco sul mare.
E fu proprio con la caduta dell’Impero romano d’Occidente, nel 476 d.C., che popolazioni slave cominciarono a fare pressione sulle città costiere di tradizione e cultura latina.
Cominciò da allora quella rivalità che, nei secoli successivi, si espresse in una difficile coesistenza tra etnie diverse, desiderose di espandere i propri possedimenti. Unica parentesi di unificazione fu rappresentata dal dominio di Venezia, tra il IX e XVIII sec.
Ed è alla luce di questa premessa che va letta la storia successiva di questo confine che non ha una delimitazione naturale.
Il ventennio fascista
La situazione, già di per sé precaria ed estremamente altalenante, a causa degli eventi storici che si susseguirono, precipitò decisamente nel periodo più buio della Storia del nostro Paese: il ventennio fascista.

A partire dal 1922 , infatti, il fascismo concretizzò una vera e propria italianizzazione forzata di quei territori, senza tener conto delle minoranze etniche e nazionali. I metodi? Quelli tipici di un regime totalitario che non dà spazio alla libertà, sia esso di sinistra che di destra.
I fascisti, che governarono questi territori tra i due conflitti mondiali, attuarono una repressione terribile nei confronti delle popolazioni slave locali, seminando quell’odio che successivamente si espresse in un massacro.
Le Foibe
Furono circa 20.000 le vittime di questo massacro dettato dall’odio, quell’odio che induce l’uomo a macchiarsi di crimini che sfociano nella ferinità. Donne, militari, anche antifascisti, sacerdoti, furono scaraventati, spesso ancora vivi, in queste cavità carsiche di notevole profondità. Colpevoli di essere italiani e, quindi fascisti.
I partigiani di Tito, fedelissimo alla Russia, diedero il via a un’esplosione di violenza in Istria e in Dalmazia proprio a partire da quell’8 settembre del 1943 che scrisse una pagina di vergogna per l’Italia. La vendetta era giunta.
L’intento era manifesto: riconquistare la Slovenia e la Croazia, annesse di fatto al Terzo Reich, giungendo sino all’Istria e alla Dalmazia, abitate prevalentemente da comunità italiane. Ma l’avanzata degli alleati pose un freno alle loro ambizioni.
Gli Jugoslavi si impadronirono comunque di Fiume e della parte interna dell’Istria, dando inizio a feroci esecuzioni contro gli Italiani. Una vera pulizia etnica, dunque. Si salvò Trieste, meta ambita.
Ma l’eccidio degli italiani continuò fino al 10 febbraio 1947, quando le terre conquistate rimasero nelle mani degli slavi e all’Italia, sconfitta, fu riconosciuta Trieste
Fu Alcide De Gasperi a presentare agli Alleati il bilancio degli scomparsi e dei deportati nei campi di concentramento Jugoslavi.

L’esodo
Anni tragici, anni di terrore furono quelli, che indussero circa 350.000 italiani, residenti nelle zone assegnate agli slavi, a fuggire. Abbandonarono tutto, le loro case, i loro ricordi, in cerca di salvezza, in cerca di una nuova vita.
Ma l’accoglienza italiana non fu certo delle migliori. La sinistra italiana li ignorò, perché favorevole alla Jugoslavia, ed anche la democrazia al Governo non li considerò più di tanto. Il silenzio cadde sul massacro delle Foibe.
Un silenzio rotto solo nel 2004, con l’approvazione in Parlamento della legge Menia ( dal nome del deputato triestino Roberto Menia che la propose). Fu istituito il giorno del ricordo.
L’Italia aveva digerito l’onta del Fascismo, ma anche quella dell’indifferenza verso i profughi.
Questa pagina vuota della Storia veniva finalmente scritta.
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