Principale Cultura & Società “Il bambino non ha bisogno soltanto di cibo e riparo”

“Il bambino non ha bisogno soltanto di cibo e riparo”

Un’ affermazione senza dubbio vera, quella di Giuliana Mieli, perché non sono sufficienti le cure primarie, non è abbastanza soddisfare i bisogni necessari alla sopravvivenza del corpo, cibo e riparo, è invece imprescindibile un’ attenzione minuziosa a quel che riguarda la sfera emotiva, psicoaffettiva; un’ apertura all’ascolto dei più piccoli, come spiega l’autrice, laureata in Psicologia clinica, nel  testo Il Bambino non è un Elettrodomestico – Giuliana Mieli .

Ne riporto, qui di seguito, alcuni significativi passaggi: “Volenti o nolenti, parteci o indifferenti, i genitori segnano in modo indelebile il mondo affettivo dei figli, lo determinano nella loro esperienza infantile che sta inevitabilmente alla base della vita”. Dopo queste illuminanti parole, come non cercare di volgere lo sguardo verso una prospettiva diversa, una differente interpretazione dell’educazione, del ruolo fondamentale e basilare che riveste ogni genitore: non lasciare che i bambini crescano in base a strane teorie, un sentito dire comune e forse ancora troppo radicato, secondo cui, per esempio, “la natura fa da sé/ tanto poi ci sarà tempo per far capire/ ha il suo carattere, è fatto così…”.

Non si nasce già con un carattere “preconfezionato”, ma ci si forma crescendo e con ciò che si vive intorno, con le persone e l’ambiente che circonda la nostra quotidianità. I bambini sanno adeguarsi, si riconoscono e imparano tutto quello che gli viene trasmesso, percepiscono e assorbono ogni “non detto”; l’esempio dell’adulto è la base da cui partire e sanno comprendere gli accadimenti in ogni loro sfaccettatura, anche solo da semplici sguardi.

Dorothy Law NOLTE, consulente familiare statunitense, racchiude quanto appena affermato in una sua raffinata poesia, un componimento da avere sempre a mente, se siamo dei genitori:

“Se i bambini vivono con le critiche, imparano a condannare.

Se i bambini vivono nell’ostilità, imparano a combattere.

Se i bambini vivono con la paura, imparano ad essere apprensivi.

Se i bambini vivono con il ridicolo, imparano ad essere timidi.

Se i bambini vivono con la gelosia, imparano a provare invidia.

Se i bambini vivono con l’onestà, imparano ad essere sincero.

Se i bambini vivono con la correttezza, imparano cos’è la giustizia.

Se i bambini vivono con la gentilezza, imparano il rispetto.

Se i bambini vivono con la lode, imparano ad apprezzare”.

UN SANO PROGETTO EDUCATIVO DEVE BASARSI SU AUTOREVOLEZZA E RESPONSABILITÀ

Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta, nel suo libro Allenare alla Vita – Alberto Pellai – Libro, concentra la sua analisi principalmente su due termini, che stanno perdendo di valore nel rapporto tanto delicato tra genitori e figli: autorevolezza e responsabilità. Compito principale dell’adulto è quello di condurre il bambino, guidarlo nel suo percorso di crescita e, se l’amore è una salda certezza, l’autorevolezza e la responsabilità, ultimamente, risultano assenti tra le priorità che il ruolo genitoriale dovrebbe imporre.

Stabilire ruoli precisi e farli rispettare, senza inopportuni capovolgimenti, è necessario per il benessere del proprio figlio; il bambino molto piccolo, infatti, ha bisogno di figure guida forti e strutturate, che possano trasmettere sicurezza, stabilità e, per l’appunto, autorevolezza. Riporto un estratto dal testo di Pellai, un esempio davvero calzante per chiarire il concetto:” Bambini di 3 o 4 anni a cui l’adulto chiede come andrebbero gestite le cose nella loro vita, con un totale ribaltamento dei ruoli. «Cosa vuoi mangiare tesoro?», «Che ne dici, amore: proviamo ad andare a dormire nel lettino?», «Va bene, un’oretta di tablet, ma poi basta, sei d’accordo?».

Frasi piene di parole amorevoli, di intenzioni di felicità nutrita e alimentata senza limiti, di richieste di pareri condivisi in cui un bambino di 3 o 4 anni si trova a essere considerato portatore di un sapere e di un potere decisionale equiparato a quello di un genitore, che quel potere invece lo detiene realmente e che, proprio in quanto adulto, lo deve esercitare”.

Per quel che riguarda la responsabilità del ruolo genitoriale, l’autore afferma che non può esserci un progetto educativo che funzioni, laddove l’adulto non sia convinto e consapevole delle proprie responsabilità; evitare di pensare che le azioni del bambino non provengano direttamente da quanto è stato insegnato e fatto vivere ogni giorno. Addossare colpe ai figli o, come sovente accade, all’istituzione scolastica, non è propriamente quello che si vuol intendere con “prendersi le proprie responsabilità”. Dice Pellai:” […] dobbiamo diventare testimoni, protagonisti, esempi e promotori, di un ‘assunzione di responsabilità che non possiamo delegare a nessun altro”.

di Roberta Favorito

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