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Alfredo Panzini – Io cerco moglie!

Il nostro autore, Alfredo Panzini, che ricordiamo nella nostra soffitta dei libri per due libri fantastici

Alfredo Panzini – Viaggio di un povero letterato

Alfredo Panzini – Il diavolo nella mia libreria

Lo vediamo alle prese con questo romanzo scritto durante la prima guerra mondiale 1916-1918, pubblicato a puntate sulla rivista La Lettura.

Lo scrive lo stesso autore, nella dedica che apre il racconto, si tratta di un romanzo umoristico per sollevare il pensiero dalle tristezze della guerra.

Lo scrittore si rammarica che il suo libro non fu accettato nelle nobilisale della Letteratura, tanto che gli veniva la tentazione di dedicare il libro a qualcuno dei suoi critici ma. “ho pensato che si sarebbe avuto a male di simile dono”
Per questo il nostro trova una altra dedica. Si trovava: “ all’ufficio postale di Bellaria (un ufficio fantastico dove si attende di fuori la posta, facendo lunghe conversazioni) c’erano due signore, mamma e figlia, che tutte le volte che io arrivavo, mi guardavano con un sorriso di benevolenza, e direi di compiacimento. Un po’ alla buona, mamma e figlia; ma così fiorenti e così sane che ricordavano le buone famiglie patriarcali di Romagna, ai bei tempi ospitali di una volta.
Un giorno, la mamma si fece coraggio e mi disse: «È lei quello che ha scritto Io cerco moglienella Lettura?» Io non potei dir di no, ma avevo un po’ di paura. Invece la mamma mi disse: «Abbiamo riso tanto questo inverno». E la figlia approvava con un simpatico sorriso. Ciò mi ha fatto molto piacere. Mamma e figlia non devono aver pratica con la Letteratura: io non ne so nemmeno il nome, ma spero che non se ne avranno a male se dedico a loro il libro con riconoscenza.

IL CONFLITTO DI DUE PROBLEMI

(Primi capoversi del secondo capitolo)

Sì, non è improbabile che io campi sino ai novantanove anni, l’età stabilita dal dottor Pertusius per gli uomini equilibrati e sereni, che è poi quella stabilita da Mosè per gli uomini giusti.

Dopo poi può accadere di morire, benché sono di quelle cose che perché io le creda, bisogna che le veda.

Ammesso questo, mi faranno splendidi funerali: ma, e dopo? Dopo non si sa mai quello che ci può essere; e appunto per questo io tengo anche il mio bilancio morale in perfetto pareggio.

Ma è certo che se io, Ginetto Sconer, Leavessi un erede che fosse come me, con il naso come me, con gli occhi come me, con il cuore come me, cioè equilibrato e sereno, io tornerei a vivere una seconda volta nel mio erede; e dal mio mausoleo sentirei questa simpatica voce: «Quell’eccellente uomo di mio padre, che mi permette di vivere felice come una cimice dentro una pelliccia!»

Ma per avere un erede, bisogna avere un figlio, e in tale caso è necessario prendere moglie.

Sì, è vero: le mie brillanti qualità mi hanno reso molto ricercato; e non poche persone hanno ripetuto quello che dice la mia governante: «Lei potrebbe, tu potresti, voi potreste formare la felicità di molte signorine».

Però questa parola matrimonio non mi è mai piaciuta troppo.

Mi ricordo che già Lionello mi assicurava che i casi di fedeltà coniugale, debitamente comprovati, che lui ebbe a deplorare (diceva lui «deplorare»), erano pochi pochi. Ciò è impressionante, non per la tragedia che io eviterei ad ogni modo, ma perché comprometterebbe l’autenticità dell’erede.

(quindi? leggete e lo saprete)

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