Solo, chiuso nelle sue fragilità e nelle sue paure, Bashar Al Assad, nei suoi 24 anni di governo, ha difeso il suo potere con la ferocia e la repressione
Mentre le immagini fotografano gli orrori del regime di Bashar Al Assad, che non dava spazio alla libertà, alla vita, in Siria si cercano le cause, le ipotesi di lettura, le motivazioni che hanno determinato una tale ferocia.
E si cerca di scrivere la storia di un Paese frammentato in gruppi religiosi, spesso in disaccordo. Un Paese ambito da varie potenze, strategico nello scacchiere tormentato del Medio Oriente.
Siria, oggi plaudente alla fine di un incubo e animata dalla speranza di un domani migliore. Una Nazione che cerca o piange i suoi morti, ma torna a pregare lì dove anche la preghiera era un rischio.
Bashar Al Assad, un identikit complesso
Solo lo è stato sempre, anche quando ha difeso con la ferocia di una belva un potere piovutogli sulle spalle, non certo per sua volontà.
Fragile e poco considerato dalla figura dominante del padre Hafez, ha cercato una sua realizzazione lontano da quei giochi di palazzo che caratterizzavano il’regno’ di un genitore scomodo. E il mondo occidentale, così intriso di vita e di libertà, lo ha affascinato al punto da determinare in lui la scelta di un percorso universitario in Medicina nella magica Londra Una formazione inusuale per un giovane rampollo di una famiglia alawita, minoranza con radici nello sciismo al potere in Iran!
Qui il giovane Bashar, timoroso anche di dover confrontarsi col sangue, ha optato per la specializzazione in Oftalmologia. Poi, sempre a Londra, l’amore, l’incontro con la donna che avrebbe condiviso con lui il fasto, ma anche la fragilità del suo potere futuro: la ricca anglo-siriana Asma, cresciuta in Gran Bretagna.
Una vita tranquilla, la sua, di giovane studente, fino a quando l’ondata anomala di eventi tragici non ha sconvolto la sua esistenza.
La morte improvvisa del fratello Bassel, nel 1994, designato dall’ingombrante padre alla sua successione ( come si conviene a una dinastia) poneva termine ai suoi studi.
Si apriva così un nuovo capitolo della vita del 34enne Bashar.
Il ritorno in Siria
Tornato in patria ebbe un serrato e rapido addestramento militare, cosa a cui certamente non era preparato, né tanto meno incline.
Poi, morto il feroce padre nel 2000, la Siria lo acclamò festosamente e lui promise riforme e un radicale mutamento.
Questo giovane e la di lui consorte rappresentavano agli occhi dei siriani la speranza di un nuovo domani, di una nuova realtà per il loro Paese, provato dal dominio autarchico di Hafez. Il biglietto da visita? La sua formazione occidentale.
E anche il mondo occidentale vide in lui il volto nuovo della Siria. Ma il potere, quando non si è all’altezza di gestirlo, può essere un boomerang. Subdolamente ammiccante adesca chi lo gestisce, lo trascina in un vortice senza via d’uscita, ma lo porta alla paura di perderlo, sino all’epilogo.
Le primavere arabe
Lo tsunami delle Primavere arabe giunse anche in Siria e, nel 2011, ogni speranza di cambiamento dei siriani fu soffocata dalla repressione e dalla violenza. Iniziò una guerra civile di un’efferatezza senza precedenti. Assad giunse addirittura ad usare armi chimiche, pur sostenuto, a partire dal 2015 dalla Russia, troppo interessata alla geopolitica del Paese.
Per 14 anni furono scritte pagine di devastazione, di morte. Il potere di Assad scricchiolava e solo l’appoggio di Iran, di Hezbollah e Russia riuscirono a farlo sopravvivere.
La Siria oggi, tra speranze e incertezze
La storia, però sa essere terribile quando un uomo costruisce il suo potere sulle fragili mura dell’odio, della paura e della repressione che si colora del sangue di innocenti.
Rimasto ancora una volta solo, Bashar al Assad si è dato alla fuga, trovando riparo in quella Russia, troppo impegnata in Ucraina per poterlo aiutare.
Solo, in un rifugio segreto, con le sue paure, le sue incertezze e, forse, con i suoi rimorsi.