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Walpole – Il castello di Otranto

Horace Walpole, tra i nobili inglesi del XVIII° secolo, è il nostro autore di oggi e lo incontriamo con un romanzo ambientato in un castello del Salento in Puglia, ed è la sua opera maggiore.

E’ il 4º Conte di Orford, figlio di un ministro di Re Giorgio e con questo romanzo, che avvince nonostante il linguaggio sia del Settecento, da il via al romanzo gotico, con trame losche, fatalità di destino, un erede che muore il giorno del matrimonio e il suocero che chiede la mano alla nuora mentre un fantasma scende da un quadro.

 

Il castello di Otranto esiste davvero ma è il romanzo di Walpole che lo ha fatto diventare eterno. Superando il suo tempo (l’autore nacque nel 1717) e finendo nelle tradizioni secolari del Salento pugliese.

Walpole scrive questo romanzo nel 1764, nella maturità (mori nel 1797) lo ambienta nella città salentina di Otranto, nell’Italia meridionale.

Il filo della narrazione si svolge in rapida successione con la morte di Corrado, figlio di Manfredi della casata di Otranto, che finisce schiacciato da un grosso elmo di una statua, il giorno stesso delle sue nozze, che coincide anche con il suo compleanno.

Manfredi non rinunzia a un matrimonio che era anche politico e decide di sposare la fidanzata di Corrado, Isabella, non senza diverse difficoltà, e ripudia sua moglie Ippolita.

Tutto si complica in seguito tra profezie ed eventi sovrannaturali che porteranno alla perdizione.

Incipit che da l’idea del tono e schiera i protagonisti

“MANFREDI, prencipe di Otranto, aveva un figlio, ed una figlia. Questa nominavasi Matilda, era nella età di anni diciotto, e di maravigliosa bellezza dotata. Il giovine, chiamato Corrado, già pervenuto al quinto decimo anno, dimostrava grossolano ingegno e complessione malsana, ma contuttociò venia parzialmente amato dal padre, il quale non dette mai alcun segno d’affetto a Matilda. Manfredi avea destinata al suo figlio in isposa Isabella, figliuola del marchese di Vicenza, la quale, già rimessa nelle mani del prencipe dai tutori della medesima, ritrovavasi in Otranto, a fine di celebrare le nozze, tostochè la salute cagionevole di Corrado lo concedesse.

L’impazienza di Manfredi per far la ceremonia nuziale fu osservata dalla famiglia sua e dai vicini. Quei di casa, a dir vero, temendo la rigida natura di esso, non ardivano manifestar le loro differenti opinioni intorno al voler egli precipitar cotanto gl’indugj.

Ippolita, di lui consorte, sopramabile gentildonna, si fece diverse volte animo a rappresentargli il pericolo di ammogliare l’unico figlio in così fresca età, atteso tanto più il di lui infermiccio stato di salute; ma egli, invece di darle su di ciò analoga risposta, rivolgea destramente discorso sulla di lei sterilità, per avergli partorito un solo erede”.

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