Domenico Ciampoli, il nostro autore di oggi ci porta in Abruzzo, nelle sue tradizioni culturali, gli orchi e i personaggi dei boschi.
Domenico Ciampoli è nato qui nel comune di Atessa nel 1852 ed è morto a Roma nel 1929 anno della prima grande crisi economica mondiale.
Si occupò, nella sua vita professionale, anche di traduzioni di racconti e romanzi di classici russi dell’Ottocento, per questo è ricordato come slavista.
Noi ce lo ritroviamo come scrittore
Il salto dall’abruzzo lo fece dopo la laurea nell’insegnamento nei licei e poi come docente in Italiano e Letterature slave, dal 1884 insegnò nell’Università di Sassari e dal 1887 al 1891 e in quella di Catania.
Poi abbandonò l’insegnamento per dedicarsi alla direzione di diverse biblioteche a partire da quella Nazionale.
Chissà cosa direbbe oggi delle biblioteche virtuali come questa soffitta dei libri!
Tra le opere abbiamo scelto le Fiabe abruzzesi perchè è tra le opere più significative.
Incipit del libro
LA RUPE DELLA ZITA
“Camminavamo a rilento; io su di un povero cavallo da nolo e il mio vetturino a piedi. Un sentieruzzo scosceso, pieno di ciottoli ci menava al guado del Sinello, le cui acque s’udivano scorrere fra i macigni pel cupo mormorio che brontolava da lontano.Si faceva sera.
Il sole indorava le case di un paesello — Gissi — posto al culmine dell’erta collina al di là del fiume, e ne facevi luccicare i’ vetri, i quali splendevano per un poco di luce viva e scintillante, e poi sparivano a mano a mano che il cavallo avanzava.
Sulle alte siepi, che fiancheggiano tuttora la viuzza, s’udiva spesso un battere d’ali delle passere che andavano appollaiandosi, un pigolio di capinere, e più giù, là tra i pioppi della riva, il lamento di un rosignuolo, accompagnato dal monotono gracidar delle rane, venute su da qualche pantano che nelletto del fiume resisteva ancora ai caldi estivi.
Passammo il fiume proprio là dove un torrentello vi mette foce, e dà alla collina di Carpineto quasi la forma d’un delta o d’un isolotto formato nel bel mezzo della corrente; e cominciammo a salire”
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