A 100 anni dalla sua morte, Puccini continua a vivere con la sua musica e ci racconta le fragilità umane, l’amore, la passione
Il 29 novembre del 1924 moriva a Bruxelles, stroncato da un tumore, Giacomo Puccini, il genio della musica del ‘900, colui che aveva saputo rappesentare teatralmente e musicalmente la vita, le passioni umane. Ma soprattutto colui che aveva reso protagonista le donne.
L’uomo
Parlare di lui é come parlare di un fiume in piena, agitato dai venti delle passioni che caratterizzarono anche il suo vissuto. Passioni che seppe vivere e far vivere con la sua musica, ma soprattutto nella sua musica.
Estremamente fragile emotivamente, cercò in ogni donna quell’amore eterno, capace di andare oltre la morte che probabilmente associava alla figura materna.
Punto di riferimento infatti della sua vita fu sempre la madre che , dopo la morte prematura del marito riuscì con fatica a crescere ben nove figli.
La vita di Giacomo
Aveva solo 5 anni Giacomo quando morì il padre e, pur appartenendo a una famiglia di musicisti, non mostrava alcun interesse per la musica.
Indisciplinato, estremamente vivace, grazie allo zio materno, che lo prese sotto la sua ala protettrice, rivelò tutto il suo talento musicale raggiungendo traguardi incredibili per la sua età. A soli 14 anni infatti fu organista, a 19 anni iniziò a comporre musica sacra e patriottica e, a soli 21 anni, si diplomò riscuotendo il plauso della critica con una Messa per soli e orchestra.
Iniziava il suo successo, che costruì negli anni grazie a uno studio continuo e a considerevoli sacrifici. Ma fu decisivo, per la sua formazione musicale, l’approdo al conservatorio di Milano. grazie a un sussidio che la madre, Albina Magi, ottenne dalla regina Margherita.
Il giovane Puccini, nato nel 1858 in una città di provincia quale Lucca, giungeva nell’Olimpo della lirica: Milano. La Milano di fine ‘800, signora indiscussa del panorama lirico mondiale.
Tutto cambiò per lui. Conobbe musicisti straordinari, quali Mascagni, Toscanini e con la sua musica diede una ventata innovativa alla lirica, che usci dalla politicizzazioni di stampo risorgimentale, così care a Verdi, per divenire decrittiva, emozionale.
Da Manon a Turandot, una serie di successi
Il mondo stava cambiando e la grande rivoluzione del ‘9oo era palpabile. L’uomo,con le sue incertezze, con le sue fragilità diveniva protagonista, in letteratura, in pittura e, grazie a Puccini, anche in musica.
Ma in Puccini le vere protagoniste furono le donne. Un universo femminile che il bel Giacomo conosceva molto bene, stante la sua intensa vita sentimentale, nonostante fosse sposato con Elvira Bonturi, suo punto di riferimento
E quando, nel 1893, Manon Lescaut irruppe sulla scena, in tutta la sua prorompente passionalità, si aprirono le porte del successo per Puccini.
Seguirono altre eroine, ciascuna descritta con una caratterialità che era un tutt’uno con la musica. La dolce Mimì della Boheme, Tosca, Madama Butterfly, tutte straordinariamente vive, vere, tutte capaci di morire per amore.
Ma non fu solo l’amore il filo conduttore delle opere di Puccini. Da attento osservatore della realtà, anche la più cruda, come nel Tabarro, seppe tratteggiare una società che negava tutto agli ultimi. Una società in cui le disuguaglianze sociali erano spesso il simbolo di ingiustizie e soprusi.
Una società in cui il perbenismo e il facile giudizio dominava la scena
Turandot, l’ultimo atto
L’ultimo atto di questo straordinario compositore fu Turandot, una principessa crudele, chiusa in sé, nella sua incapacità di amare protagonista di una fiaba di cui ancora ignoriamo la fine.
Puccini, infatti, non terminò questa sua opera, non sappiamo con certezza se per il sopravenire della morte o per sua volontà. Ma sappiamo di sicuro che consegnò al mondo e all’eternità, come ultimo atto di una vita per la musica, una fiaba straordinaria che ancora scuote, emoziona e fa sognare.