Principale Arte, Cultura & Società Voci e racconti della settimana

Voci e racconti della settimana

La luce della conoscenza che illumina il mondo, attraverso le parole scritte
Globo terrestre illuminato, circondato da linee luminose e dettagli eterei.

di Marilù Murra

“Versi e Racconti. Echi della Settimana”

La parola ha già iniziato il suo viaggio!

La nostra rubrica “Versi e Racconti: Echi della Settimana” ha già fatto il suo debutto, portando alla ribalta i primi talenti letterari. Ma siamo solo all’inizio! Grazie alla collaborazione con l’Associazione Nazionale Italiana nel Mondo, offriamo un palcoscenico privilegiato a chiunque ami scrivere.

Ogni venerdì, nuove voci arricchiranno il panorama letterario con poesie e racconti che emozionano e fanno riflettere.

Sei uno studente, un insegnante, uno scrittore emergente o semplicemente un appassionato di parole? Partecipa anche tu! Invia i tuoi testi a redazione@corrierepl.it.

Vuoi far sentire la tua voce?

La nostra rubrica è aperta a tutti coloro che desiderano condividere la propria creatività e passione per la scrittura.

Ogni settimana, selezioneremo i testi più interessanti e originali per metterli in luce nella nostra sezione “Arte, Cultura & Società”.

L’obiettivo? Promuovere la letteratura italiana e dare spazio a nuovi talenti, sia a livello nazionale che internazionale.

Non perdere questa opportunità! Invia i tuoi testi a redazione@corrierepl.it entro il mercoledì di ogni settimana.

Insieme, con le nostre parole, possiamo fare la differenza.

Nel numero di questa settimana, abbiamo il piacere di presentare i contributi giunti in redazione:

Poesia:

  • Bruno Magno

Lontano da me

Non c’è verso non c’è rima

quando l’anima sospira,

ciò che senti è l’immenso

dove prima c’era un buco dentro.

Esplode luce il buio è perso

ti inebria un profumo

il ricordo di qualcuno,

l’emozione di un momento

la fine di un tormento.

Quando invece nelle vene

scorre il dolore delle pene

sei da solo con te stesso

senza ombra o riflesso.

Allora non c’è verso o sospiro

né sussurri o parole

che possano consolare un cuore.

In questa danza senza passi

immersa in melodia senza note

la poesia più bella non fu mai scritta…

Lontano da me

quel giorno

che il sentimento tradirò

per la mia penna,

lontano da me

ogni desiderio o follia

di preferire un verso

alla gioia o alla malinconia.

 

  • Caracciolo Maria Antonietta

Il Mare

Ascolti in silenzio i miei pensieri, le mie paure,

Lambisci i miei piedi mentre cammino

Mi addormento facendomi cullare dolcemente dal dondolio delle onde

Dentro le tue acque si riflettono i raggi del sole creando giochi di luce

Il tuo azzurro è fonte di vita e di energia

Le tue onde travolgono i miei affanni trascinandoli lontano

Contemplandoti ritrovo me stessa e plachi la mia anima.

 

  • Paola Maria Bevilacqua

“Via d”uscita”

Penso e ripenso ma una via d’uscita non c’è

Indosso il cappello del marinaio e mi spingo nel mare periglioso della vita

Indietreggiare non si può

Veleggio con attenzione al vento e alle correnti

Mondo che sfila di fronte a me come un vecchio film in bianco e nero che si riavvolge in un attimo

Cerco il fermo immagine per restituire dignità ad un pensiero ma è già volato via con il vento

  • Poetyca

Speranza

Sensibilità e nostalgia

nella consapevolezza

del valore di quanto

con cuore affranto

  1. sia ormai perduto.

La musica s’interrompe

e tutto sembra perduto,

a noi allora,nell’attesa,

mai smettere di sperare.

29.07.2024

 

Racconti :

Joseph Zurlo

Nel silenzio immobile del seminario, il piazzale antistante si estendeva vasto e severo, con al centro la statua del fondatore su un imponente piedistallo di pietra bianca, che, con il passare del tempo, era diventata grigia, con a fianco due orfanelli avvolti sotto il suo mantello presbiterale che li accoglieva e proteggeva.

Il cielo era azzurro, l’aria fredda, e il vento sembrava entrare e uscire, come se volesse giocare tra le stanze infinite di quel posto. Solo il pulsare intermittente dei lampeggianti azzurri della pantera della polizia, che si rifletteva sulle mura spoglie della facciata del seminario, rompeva la monotonia di quell’ampio spazio. L’auto procedeva lentamente e silenziosa, senza le sirene urlanti che avevo visto nei telefilm, quasi come a voler rassicurare con la sua presenza.

Il percorso dall’imponente cancello, sorretto da due alti pilastri squadrati con capitelli sormontati da basse piramidi, fino al portone era talmente lungo che per attraversarlo servivano alcuni minuti di cammino, generandomi un certo disorientamento.

Ogni metro che l’auto percorreva sembrava portare una verità inevitabile, mentre io, sotto il corridoio coperto del chiostro, il più lontano, sentivo il peso di quell’approssimarsi con una inspiegabile speranza che nasceva dalla pancia. L’auto si fermò davanti al grande portone rettangolare, alto e massiccio, che dominava l’ingresso al chiostro quadrato.

Alla sua sinistra, sulla stessa lunga facciata, anch’esso imponente e solenne, si apriva il portone della chiesa, che sembrava sorvegliare il piazzale come un custode severo. Dall’interno della chiesa proveniva un vago odore di cera e un sentore di quell’incenso delle funzioni religiose svolte nei giorni precedenti, che si mescolava nell’aria con l’odore antico che impregnava ogni oggetto di quel posto.

Io osservavo tutto dal chiostro, lastricato con basoli salentini, nel cui centro risiedeva un semplice pozzo dalle piccole dimensioni che stonava nell’ampio spazio intorno, nascosto tra i vasi di coccio rosso delle piante che si poggiavano sulle colonne semplici, spoglie, nude, prive di decorazioni e dettagli distintivi, come se appartenessero a nessun tempo e a nessuno stile.

Attorno a me, lungo tutto il perimetro del chiostro, vasi di felci, piante dalle grandi foglie frastagliate e altre sempreverdi, su cui non avevo mai visto spuntare un fiore, si allineavano come a voler rompere la monotonia e ammorbidire il freddo che la pavimentazione in pietra trasmetteva. L’odore umido e terroso delle piante riempiva l’aria, e il verde cupo delle foglie si mescolava con il colore spento delle colonne, creando un contrasto deprimente. Tra i corridoi coperti del chiostro e il portone c’era un largo e breve vestibolo buio.

Infine, lo vidi.

La portiera posteriore del lato destro dell’auto si aprì e mio padre scese, scortato da tre poliziotti che si disposero ai suoi lati per proteggerlo. Anche da lontano, nella semioscurità del porticato, riconoscevo la sua figura e la sua andatura, e ero sicuro che fosse lui, con la stessa sicurezza che mi infondeva quando, tra le risate di entrambi, mi lanciava in mare dalle sue spalle. Avanzava verso di me a passi sicuri, come se fosse consapevole di dove fossi, e ogni metro percorso sembrava una marcia solenne e inesorabile verso di me, verso qualcosa che non riuscivo a comprendere. Ma, mentre si avvicinava, cominciai a notare un dettaglio che mi stupì, ma non mi spaventò: il suo volto, che immaginavo sorridente, non c’era. Più si avvicinava, più l’assenza di lineamenti sul suo viso si faceva evidente. Dove avrei dovuto vedere i suoi occhi, il suo naso, la sua bocca, c’era solo un ovale piatto, privo di profondità. Niente occhi, niente naso, niente bocca, solo una superficie indistinta, come un disegno incompiuto. Mi sembrava di guardare un volto disegnato a metà e poi abbandonato, un’ombra vaga ma non inquietante. Il cuore mi batteva in gola, e le gambe mi si fecero pesanti, incapaci di muoversi. Avrei voluto correre verso di lui, ma mi mossi lentamente. Ma, come in risposta al mio sguardo stupito, improvvisamente sentii la sua voce, profonda e familiare. Non saprei dire da dove provenisse, poiché il suo volto rimaneva senza lineamenti, ma le sue parole mi giunsero chiare:

“Non preoccuparti, tornerò,” disse, con quella voce che aveva sempre saputo rassicurarmi.

“Devi stare tranquillo. La mia partenza serve ad aiutare tante persone, e un giorno ci rivedremo, tornerò. Non sei solo.”

In quel momento, qualcosa si spezzò dentro di me. Erano parole semplici, eppure in esse percepivo un addio nascosto, una promessa che sapevo essere fragile come un sogno.

Mio padre, o ciò che ne restava nei miei ricordi, mi guardava, o almeno così sembrava, scavando nel mio cuore con un’intensità che andava oltre l’assenza dei suoi occhi.

Poi, senza un altro suono, fece un passo indietro, si voltò e tornò verso l’auto, quella Giulia che aveva tanto amato in vita al punto da acquistarla, che lo riportò via. La portiera si chiuse con un rumore sordo, i tre poliziotti salirono con lui e io rimasi fermo, incapace di muovermi, sentendo che forse non lo avrei mai più rivisto. I lampeggianti ripresero a illuminare il piazzale, e l’auto si allontanò nel silenzio.

Mi svegliai di colpo.

Avevo addosso un senso di vuoto e il cuore che batteva freneticamente, in preda a un dolore acuto. Era stato solo un sogno, ma la mancanza di mio padre, la sua assenza tangibile, sembrava più reale che mai. Quelle parole, la promessa che mi aveva lasciato, rimbalzavano nella mia mente: “Tornerò”. Ma sapevo, nel profondo, che non potevo fare altro che attendere. Così, ogni giorno per mesi, inventando motivi per potermi recare, anche solo di sfuggita, tornai sullo stesso lato del chiostro in cui mi trovavo nel sogno. Mi posizionavo tra le felci e le colonne spoglie, con lo sguardo fisso verso il vasto piazzale, sperando che, prima o poi, un’auto della polizia arrivasse davvero e mi restituisse mio padre. Tentavo di riprodurre la stessa scena del sogno per rivivere le emozioni di quella notte. Ogni giorno osservavo l’ampio spazio vuoto, con la vaga attesa di rivedere i lampeggianti azzurri, immaginando di sentire i suoi passi. Ma il piazzale rimaneva sempre vuoto, e col passare del tempo compresi che nessun sogno, nessuna attesa ostinata, sarebbe riuscita a riportarlo indietro. Eppure, in fondo al cuore, quella promessa, quell’ultima parola, rimaneva viva, come un’ancora luminosa, fragile e lontana, che da allora mi accompagna e mi sostiene.

 

Non perdere questa opportunità! L’invito è rivolto a tutti, dai neofiti agli scrittori più esperti: non abbiate paura di far sentire la vostra voce!
Invia i tuoi lavori e diventa anche tu protagonista di
“Versi e Racconti: Echi della Settimana”. Aiutaci a costruire una comunità di scrittori appassionati e a far sentire la tua voce!

Ti aspettiamo nel prossimo numero con nuovi racconti e poesie.

 

LASCIA UNA RISPOSTA

Inserisci il tuo commento, grazie!
Inserisci il tuo nome qui, grazie

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.