La musica accompagna tantissimi momenti della nostra vista. A volte ne è protagonista, altre accompagnatrice, ma è comune credere e pensare che senza essa il mondo sarebbe un posto molto più triste.
La verità va ben oltre il semplice concetto di arte e bellezza: quando ascoltiamo la musica, infatti, nel nostro cervello viene rilasciata dopamina, un neurotrasmettitore legato al piacere, simile a quanto accade quando assumiamo sostanze che ci piacciono molto.
Ascoltare una canzone porta risposte emotive, risveglia memorie, immagini e sensazioni. Tutto ciò è tanto potente da aver portato alla nascita della musicoterapia per il trattamento di diverse condizioni neuro divergenti, come autismo e disabilità, o per supportare la crescita, l’apprendimento e tantissimi altri campi.
Esperti come Simone Gatto sfruttano i benefici del ritmo e della melodia a scopo terapeutico, migliorando attraverso le note le funzioni cognitive ed emotive delle persone e portando a migliorare certe condizioni e la qualità della vita in generale.
Come reagisce il nostro cervello all’ascolto della musica
Come abbiamo accennato, l’ascolto della musica porta a un rilascio di dopamina. In linea generale, il nostro cervello reagisce attivando una complessa rete di neuroni che comunicano tra loro tramite questo genere di neurotrasmettitori.
La dopamina, in particolare, è il neurotrasmettitore del piacere e del benessere: è lo stesso che interviene quando si fa uso di sostanze psicoattive e nelle dipendenze, come le droghe, l’alcol o il fumo.
Non è solo la sensazione di piacere che viene stimolata, ma questo neurotrasmettitore influisce anche su funzioni cognitive importanti come l’attenzione, il movimento, l’apprendimento e perfino la regolazione del sonno.
Ascoltare musica permette quindi di ottenere tutti questi benefici, rendendola un vero e proprio stimolo multisensoriale, capace di coinvolgere la mente a livelli diversi. Ma è solo attraverso la dopamina che le canzoni possono ottenere risposta dal nostro cervello?
La risposta è no, il rapporto tra questi fattori è di fatto molto più complesso. Il tronco encefalico, una delle strutture cerebrali più antiche, risponde infatti rapidamente ai suoni, attivandosi di fronte a delle loro caratteristiche specifiche, come i volumi alti o le dissonanze.
Si tratta di una risposta riflessa che somiglia a una sorta di “sistema di allarme” primitivo, sviluppato dai nostri antenati per reagire prontamente ai pericoli. È il motivo per cui quando sentiamo un suono molto forte tendiamo a “saltare sulla sedia”.
La musica si avvale degli stessi meccanismi, attivando quindi dei veri e propri riflessi inconsci. Ed ecco che un brano dolce tenderà a calmarci e rilassarci, mentre una melodia rapida e intensa farà incrementare il nostro livello di eccitazione. Questo spiega perché abbiamo bisogno della “musica giusta” nei diversi momenti della nostra vita.
Perché la musica stimola le emozioni
Nel dettaglio, perché e in che modo la musica stimola le emozioni? Esistono due modi attraverso cui avviene questo processo. Il primo è il condizionamento valutativo, il quale avviene quando un brano musicale viene associato a eventi emotivamente significativi.
Per esempio, una canzone ascoltata in un momento di felicità (come ad esempio a una festa), tenderà a rievocare le stesse emozioni provate allora anche in altri momenti. Ciò avviene per una semplice associazione che il cervello fa tra melodia ed esperienza vissuta.
Un altro meccanismo attraverso cui la musica stimola le emozioni è il contagio emotivo, il quale si basa sulla nostra empatia e la capacità di immedesimazione. Quando ascoltiamo una melodia triste o gioiosa, ad esempio, il nostro cervello risponde come se percepisse un’emozione simile.
Qui entrano in gioco i neuroni specchio, ovvero tutta quella parte di cervello che ci spinge a imitare chi abbiamo intorno. Mai sentita la necessità di sbadigliare se qualcuno intorno a noi l’ha appena fatto, anche se in realtà non abbiamo sonno? La causa sono proprio i neuroni specchio, maggiori responsabili della nostra capacità di empatia.
Questi elementi entrano in gioco in tanti altri ambiti, tra cui anche la musica. Quando ascoltiamo una canzone che trasmette determinate emozioni, come ad esempio una melodia triste, i neuroni specchio si attivano e ci portano a provare la stessa cosa.
Per fare un esempio concreto: una musica lenta, dai toni bassi e profondi, può indurre malinconia perché simula una voce triste. È evidente, quindi, che la musica sia in grado di stimolare il nostro cervello in maniera profonda e complessa.
La musicoterapia per i trattamenti neuro divergenti
La musica viene usata in tantissimi ambiti perché il suo potere, nell’influenzare il nostro cervello, è veramente grande. Da non molto, si sta sviluppando quindi anche la possibilità di usarla per il trattamento di determinate condizioni neuro divergenti.
Si parla di musicoterapia, un approccio che offre un potente strumento per migliorare la qualità della vita di persone con disabilità, aiutandole a superare sfide legate a problemi motori, cognitivi ed emotivi.
Spesso chi vive con una disabilità si trova a lottare per riuscire a comprendere e interpretare le esperienze quotidiane, il che può portare a emozioni contrastanti o a un distacco dalla realtà.
La musica, con il suo linguaggio universale, riesce a stimolare risposte profonde che vanno oltre le barriere cognitive, offrendo un sostegno emotivo e creando un ambiente sicuro in cui esprimersi senza paura.
Le note musicali, le melodie, sono in grado di comunicare direttamente con la parte primitiva del cervello, quella più semplice e potente. È evidente, quindi, che attraverso essa è possibile suscitare emozioni e attivare una comunicazione che va ben oltre il semplice linguaggio verbale.
Le esperienze musicali permettono ai pazienti di acquisire maggiore fiducia nelle proprie capacità e di instaurare una connessione con gli altri, promuovendo l’integrazione sociale, oltre a supportare lo sviluppo delle abilità di linguaggio e la capacità di attenzione.