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Acciaierie d’Italia verso la cessione: una vendita da 1,5 miliardi e un piano di rilancio fino al 2030

I commissari di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria, Fiori, Quaranta e Tabarelli, hanno stimato che il valore di cessione dell’azienda potrebbe aggirarsi intorno a 1,5 miliardi di euro, comprensivo del valore del magazzino. Questo rappresenta un elemento chiave nella relazione dei commissari, in vista della vendita degli asset industriali, il cui primo passo sarà la presentazione delle manifestazioni di interesse da parte di potenziali acquirenti entro il 20 settembre.

Secondo l’accordo di affitto tra le due amministrazioni straordinarie, Acciaierie d’Italia (AdI) e Ilva, la quota di cessione attribuibile a AdI ammonterebbe a 620 milioni di euro. Di questi, 212 milioni rappresentano il 20% del valore di cessione dell’azienda (escludendo il magazzino), mentre i restanti 407 milioni corrispondono al 100% del valore del magazzino, che spetta integralmente ad AdI. Il nuovo contratto di affitto, entrato in vigore a giugno 2023 e valido fino a dicembre 2030, prevede che le società affittuarie ricevano una parte del prezzo di vendita. Inoltre, si stima che il ricavo complessivo per AdI potrebbe variare tra 1,124 miliardi e 1,320 miliardi di euro, a seconda dell’esito di eventuali azioni risarcitorie.

Nella loro relazione di 61 pagine, i commissari presentano un quadro dettagliato della situazione dell’azienda. Al momento del loro insediamento, a seguito dell’avvio dell’amministrazione straordinaria, l’azienda registrava una perdita netta di circa 200 milioni di euro nei primi due mesi del 2024. I ricavi e altri proventi si erano attestati intorno a 370 milioni di euro, mentre i costi operativi, ammortamenti e svalutazioni avevano raggiunto i 570 milioni di euro. I commissari descrivono quindi una “situazione aziendale deteriorata”.

In particolare, al 29 febbraio 2024, Acciaierie d’Italia presentava passività correnti pari a circa 3,5 miliardi di euro, di cui 1,5 miliardi riferiti a debiti commerciali, oltre a circa 500 milioni di passività non correnti. Per quanto riguarda la produzione, l’azienda aveva prodotto 200mila tonnellate di bramme nel primo mese del 2024, con una previsione semestrale di 1,2 milioni di tonnellate.

Il piano per il rilancio degli impianti prevede un graduale aumento della produzione fino a raggiungere il livello di pareggio (6 milioni di tonnellate all’anno) entro il 2026. Entro il 2028, si punta a produrre 4 milioni di tonnellate annue attraverso forni elettrici, riducendo così l’impatto ambientale. Inoltre, per massimizzare l’efficienza, l’azienda prevede di acquistare fino a 2 milioni di tonnellate annue di semilavorati sul mercato, a partire dal 2024.

Gli investimenti previsti nel piano industriale per il periodo 2024-2030 ammontano a circa 1,8 miliardi di euro, di cui 900 milioni destinati al ripristino degli impianti nel biennio 2024-2025. Altri 680 milioni saranno impiegati per lo sviluppo tecnologico e la riduzione delle emissioni, grazie alla costruzione di nuovi forni elettrici.

Luca De Gennaro

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