Principale Ambiente & Salute Alle Terme di Caracalla i romani giocavano a palla

Alle Terme di Caracalla i romani giocavano a palla

Editoriale

di Rocco Suma

La scienza idraulica ha trovato la sua massima espressione in epoca romana: i romani impiegarono i migliori architetti e ingegneri della storia per realizzare imponenti acquedotti, lunghi anche decine se non centinaia di chilometri, per trasportare presso i centri abitati le acque provenienti da sorgenti lontane. I trattamenti alle acque erano praticamente nulli, essendo limitati alla semplice decantazione in piscine limarie, appositi bacini posizionati lungo il condotto.

Resti di acquedotti romani sono visibili ancora oggi non solo in Italia, ma in molte città edificate durante il periodo imperiale praticamente ovunque, dalla Spagna alla Turchia. L’approvvigionamento di Roma Urbe era garantito da 11 acquedotti, complessivamente lunghi circa 500 km, che assicuravano alla città una quantità di acqua unica nella storia dell’uomo e eguagliata solo ai giorni nostri. Ogni giorno venivano erogati 500.000 mc di acqua, che per una popolazione di circa un milione di abitanti corrispondono a 500 litri pro capite, un volume enorme per gran parte destinato all’alimentazione delle fontane pubbliche e delle terme.

Il tutto gratuitamente, nel senso che le popolazioni non pagavano l’acqua e le infrastrutture le realizzava lo Stato.

Oggi abbiamo la c.d. acqua pubblica, ma è vero? Tutte le acque, sotterranee e superficiali, appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico, sono quindi un bene pubblico, cioè un bene di tutti. Da oltre cento anni, Acquedotto Pugliese porta l’acqua nelle case dei pugliesi. Una grande opera, un’impresa epocale che ha trasformato uomini e territorio (dal sito AQP).

La Puglia, con i suoi quasi 20.000 Km quadrati tra l’Adriatico e lo Ionio, è una regione che si divide tra cielo, mare e terra. La natura del suolo e del sottosuolo, però, non consente accumuli o riserve d’acqua. Né la pietra viva calcarea né quella carsica porosa sono in grado di trattenere l’acqua che penetra verso il basso concentrandosi a grandi profondità, dove incontra le acque salmastre e marine. (Fonte Acquedotto Pugliese).

L’assemblea dei soci di Acquedotto Pugliese (AQP) – tra i maggiori player nazionali nel servizio idrico integrato – ha approvato il Bilancio 2023 il 10 luglio 2024, con un valore della produzione pari a circa 700 milioni di euro e un valore degli investimenti a oltre 500 milioni (+60,8% rispetto al 2022), rivolti a migliorare costantemente il servizio offerto a più di 4 milioni di cittadini nell’Ambito Territoriale Ottimale più grande d’Italia. Guardando i dati del Report in dettaglio, emerge che AQP ha registrato un margine operativo lordo di circa 257 milioni (+11% sul 2022), un decremento di circa 68 mln di euro dei costi diretti di gestione e un risultato di esercizio netto di 66 mln dovuto principalmente al recupero degli effetti inflattivi del biennio 2022-2023. L’utile in crescita aumenta la capacità di autofinanziamento dato che per volontà dell’azionista unico, la Regione Puglia, questo viene utilizzato a sostegno degli investimenti per il continuo miglioramento del sistema idrico integrato. Quindi circa 200 mln per fare cosa???

I Romani realizzavano strutture che esistono ancora oggi e, probabilmente, se manutenute funzionerebbero ancora. Dalla metà dell’ottocento in poi – viceversa – lo Stato ha realizzato strutture per l’approvvigionamento idrico e la regolamentazione delle acque: opere in perenne degrado, soprattutto quelle più recenti (spesso realizzate in cemento armato) che temono il tempo e le intemperie a cui (evidentemente) l’ingegneria romana non ha dato alcun insegnamento.

Al contrario dei Romani, i politici hanno necessità di opere che non resistano nel tempo, per giustificare l’enorme dispendio di risorse economiche e naturali: attualmente circa il 50% delle acque trasportate nei nostri acquedotti si disperde (fonti ministero infrastrutture), indifferenti a qualsiasi Agenda 2030 (documento ONU ratificato dall’Italia) per la tutela e risparmio delle acque, a cui i politici contrappongono solamente un aumento dei costi del bene più prezioso dopo l’aria.

Un ente che non dovrebbe nemmeno esistere (AQP) se non per la manutenzione e che porta bilanci in positivo, in virtù di progetti di spesa mai realizzati dovrebbe essere attenzionato dalla Magistratura per capire che fine facciano le somme in bilancio e quelle “fuori bilancio”, invece si assiste al balletto delle poltrone ambitissime per la “circolazione” di denaro che vi è e di cui abili contabili determinano i contenuti. AQP dovrebbe fornire un servizio e non essere produttore di profitto, così come i tanti consorzi di bonifica esistenti sul territorio, buoni solo a distribuire prebende e stipendi, ormai venuti meno all’originaria funzione.

Ecco che il Cittadino e Consumatore si trova tartassato da costi eccessivi per servizi mal erogati per ingrassare le tasche di un fitto nugolo di parassiti travestiti da businessman d’assalto, tutti con stipendi d’oro per chiudere gli occhi sui travasi di denaro alla politica.

Ci sarà qualcuno che vuole capire – e farci capire – come funziona questo “sistema”?

Rocco Suma

foto www.soprintendenzaspecialeroma.it

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