Perché gli europei non capiscono i metodi di tipo coloniale con i quali la Francia continua a comandare e depredare in Africa ben 14 Stati, un tempo sue colonie, diventate indipendenti negli anni 60, ma soltanto sulla carta?
Perché mal si comprende che il rapporto vantaggioso tra la Francia e le sue ex colonie è esclusivamente riservato alle élite e come sempre questo avviene sulle spalle dei popoli cui viene tolta la speranza?
Perché si diventa ciechi dinnanzi al dato incontrovertibile che Macron stia sfruttando la maggiore richiesta di decolonizzazione delle società africane come copertura per esercitare il suo potere di influenza sul Continente?
Il giogo francese sui Paesi africani , è soprattutto economico e monetario, ed è congegnato in modo tale da garantire a Parigi un ferreo controllo della loro moneta, oltre a un monopolio esclusivo sulle ricche materie di cui abbondano (oro, uranio, petrolio, gas, cacao, caffè), con un risultato duplice: arricchire la Francia e le sue élites imprenditoriali da un lato, con uno smisurato trasferimento di ricchezza (circa 500 miliardi di dollari l’anno, secondo alcune stime); dall’altro lato, impoverire fino alla miseria i popoli indigeni, che sono così costretti a fuggire per fame verso l’Italia e l’Europa, in cerca di fortuna.
Perché è così difficile comprendere che Macron sta tentando, riuscendoci, a rovesciare la suddetta narrazione, spingendosi al punto di bollare la Russia come “una delle ultime potenze coloniali imperiali” per via dell’invasione dell’Ucraina?
È lapalissiano che mantenere l’attenzione sull’Ucraina e sulla missione di Lavrov era nell’interesse del presidente francese, il quale ha opportunamente posto domande sul perché i Paesi africani non abbiano ricevuto armi facilmente come l’Ucraina. In questo modo l’invio di armi è stato presentato come qualcosa di positivo, invece di una politica disastrosa che non funziona quasi mai.
Tutte queste dichiarazioni rientrano nella cinica versione che Macron ha della decolonizzazione, per cui si cerca di rimediare al passato mentre, contemporaneamente, si ostacola con continue ingerenze il processo decoloniale.
A questo sfruttamento sistematico della Francia, è giunto il momento di dire basta!
Come affermato da Massimo Amato, professore associato del dipartimento di scienze politiche e sociali della Bocconi, il mantenimento del cambio fisso tra moneta locale ed euro costituisce di fatto un freno allo sviluppo delle economie locali perché ogni espansione del credito interno, dall’aumento delle importazioni a quello dei prezzi, derivanti entrambi dall’aumento dell’attività economica interna, comporterebbero una conseguente variazione del tasso di cambio impedita proprio dal Franco CFA.
Questo significa quindi costringere la società di quei Paesi all’immobilismo, a non svilupparsi, a dipendere sostanzialmente, dell’esportazione di materie prime. Materie prime che, guarda caso, vengono in larga parte gestite dalla Francia grazie alle dirigenze amiche in quei Paesi (coltan, fosfati, oro ecc).
Perché Il problema viene sempre sistematicamente e accuratamente nascosto dai media italiani ?
Arrivati a questo punto si spera che inizino a farsi vivi anche i gilet gialli di pelle nera, comprensibilmente allergici a misure di sfacciato colonialismo adottate addirittura nel 2018 e soprattutto non disposti ad essere sculacciati in pubblico dall’inquilino dell’Eliseo che presto perderà, anche in Africa, la tracotanza di cui ha dovuto precipitosamente disfarsi in Francia.
Antonio Peragine