L’Italia rientra – insieme ad Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia – tra i Paesi che non hanno un salario minimo stabilito per legge. Il nostro Paese non è obbligato ad implementare il salario minimo poiché ha un tasso di copertura della contrattazione collettiva superiore all’80%. Resta però il fatto che 1 lavoratore su 4 guadagna meno del Reddito di Cittadinanza e il fenomeno della povertà lavorativa è in crescita, in un contesto che continua a peggiorare a causa dell’inflazione (XXI Rapporto Annuale INPS, 2022). Quindi occorre intervenire ma l’introduzione di una simile misura non è la soluzione o almeno da sola non basta .
La sinistra farebbe meglio a fare i compiti a casa invece di non perdere occasione per dimostrare ancora la cattiva digestione della sconfitta politica
È bene sottolineare, cari lettori che inizialmente, la Premier Giorgia Meloni aveva annunciato il suo “no” alla paga minima in Italia, ma sembra aver cambiato idea e sarebbe pronta a discutere in Parlamento del salario minimo a settembre. Oltre all’Italia, gli altri i Paesi dell’UE in cui non c’è il salario minimo sono Danimarca, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia.
Vi riporto le sue parole :
”Questo dei salari è un tema che mi sta a cuore”. ”Siamo aperti al confronto sul lavoro povero e i salari adeguati. Io sono stata all’opposizione e so cosa vuol dire”. Abbiamo incontrato le opposizioni per dare ”un segnale di rispetto e attenzione”.
È dunque attorno a questo dualismo – salario minimo si o no – che si è strutturato il dibattito politico sul salario minimo in Italia e che coinvolge partiti politici, sindacati e associazioni datoriali.
Come sostenevo in premessa non sono convinto che al salario minimo si possa arrivare per legge piuttosto sostengo in linea con le posizioni di Governo , che bisogna lavorare per favorire una contrattazione collettiva sempre più virtuosa, investire sul welfare aziendale, agire su agevolazioni fiscali e contributive, stimolare i rinnovi contrattuali.
Meloni, che a mio avviso rappresenta la visione unitaria del centrodestra, ha evidenzato tutto ciò ribadendo che la strada giusta sarebbe quella di abbassare le tasse alle imprese intervenire, dunque, sul c.d. cuneo fiscale.
Non esiste, in astratto, la superiorità di un modello di salario minimo su un altro. E’ chiaro che ciascun modello dovrà riflettere le specificità nazionali. E, d’altronde, il salario minimo legale non può e non deve essere considerato la principale misura di contrasto al lavoro povero. Quest’ultimo deriva dall’intersezione di più fattori – ad esempio, la composizione del nucleo familiare, la flessibilità e precarietà del lavoro – e non può ricondursi alla sola paga oraria.
il salario minimo legale tende ad attestarsi su livelli genericamente bassi: per cui, come detto, se non integrato con politiche di welfare e/o di contrattazione non consente di uscire dalla condizione di working poor.
Ma vi è di più!
Sul salario minimo l’opposizione è unita solo a parole!!
Vorrei fare qualche passo indietro e ricordare che solo le origini erano chiare :Il 14 maggio 1954, la partigiana Teresa Noce (una delle 21 donne elette all’Assemblea costituente) e Giuseppe Di Vittorio (mitico segretario della Cgil) furono i primi firmatari della prima “proposta di fissazione di un minimo garantito di retribuzione per tutti i lavoratori”.
Poi tutto si è ingarbugliato. Non si riusciva a spiegare , ed era una domanda frequente in Italia ,come mai proprio i sindacati, le organizzazioni finalizzate alla difesa e promozione delle condizioni di vita di lavoratori e lavoratrici, fossero scettici, o addirittura contrari al salario minimo!
L’unica formazione politica, che peraltro all’epoca non dichiarava nessuna appartenenza a schieramento politico (tanto da fare il governo indifferentemente con la Lega e poi con il PD), a rilanciare con convinzione il tema era il Movimento 5Stelle che, con la ministra Catalfo, propose una legge sul salario minimo.
Alcune proposte erano state presentate per la verità anche dal PD ma con minore convinzione e coraggio, ancorandosi i testi di questo partito sostanzialmente ai contratti collettivi per non allontanarsi dagli intendimenti sindacali.
Addirittura ,se vogliamo dirla tutta nel gennaio 2019 il deputato di Fratelli d’Italia Walter Rizzetto ,oggi presidente della Commissione Lavoro della Camera , presentò un progetto di legge intitolato “Istituzione del salario minimo orario nazionale”.
Finalmente ,questo solo per la chiarezza sul tema ,arriviamo al settembre 2022 quando la destra stravince alle elezioni politiche formando un governo con a capo la leader del partito della destra più coraggiosa e preparata rappresentata in Parlamento, nulla a che vedere,e perdonatemi se lo dico a chiare lettere con Il nuovo segretario del Partito Democratico, scelto non dagli iscritti al partito (che indicano solo i due candidati per il ballottaggio), ma da Italiani con idee progressiste, Elly Schlein che nel programma proposto ha nel salario minimo ,puta caso,uno dei capisaldi insieme ai diritti civili e ai colori dei vestiti che dobbiamo scegliere per sentirci alla moda …
Questa è allora la spiegazione: il salario minimo non è un tema di sinistra ma una questione che riguarda la dignità di chi lavora e di tutti noi, per questo personalmente ritengo che bisogna lasciare al governo di fare il suo lavoro.
Antonio Peragine