Principale Ambiente, Natura & Salute Agroalimentare & Enogastronomia Tarallucci e….il vino?

Tarallucci e….il vino?

di Rossella Longo

Oggi parliamo del tarallo, quel magico tondo da forno, scrigno della cultura culinaria pugliese (o napoletana?).

L’etimo è incerto. Probabilmente il nome giunge dal greco “daratos” (sorta di pane). Anche sulle sue origini si dibatte. La teoria più accreditata è quella che lo fa risalire al 1400, periodo in cui una mamma pugliese, per sfamare il proprio figlio con poche, pochissime materie prime disponibili, impastò farina con acqua, olio, sale e vino.

E nacque magia. Una magia conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo.

Ed ora giungiamo al 2023. Alcuni produttori pugliesi si sono fatti promotori dell’idea di eliminare dall’impasto del tarallino, il vino: ciò sia per ridurre i costi della produzione, visto il rincaro del nettare di uva che, nell’ultimo anno, ha conosciuto un incremento del 6,6%, sia per promuovere (e vendere) il prodotto da forno in quei Paesi in cui vi è divieto assoluto di assumere alcol.

Ed è rivoluzione. Il tarallo spacca in due gli opinionisti produttori: c’è chi vorrebbe conservare l’autentica ricetta del tarallo, utilizzando anche il vino, poiché il suo uso dona fragranza al tondo dibattuto, c’è chi, invece, ha già sperimentato la sua produzione senza utilizzare il vino bianco e sostiene che i cambiamenti portino miglioramento ed ottimizzazione delle risorse.

Forse, evitando, nell’impasto, il vino, l’Iva del tarallo da smerciare scenderebbe dal 10% al 4%, identificando l’aliquota ad Iva agricola, ma poi… come finiranno le nostre liti? Non potremo neppure chiudere vicende antipatiche a….tarallucci e vino?

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