Principale Arte, Cultura & Società Reportage sull’Oracolo di Delfi a cura del critico d’arte Melinda Miceli

Reportage sull’Oracolo di Delfi a cura del critico d’arte Melinda Miceli

Avvolto da racconti dal mistero e dal vento di Meltemi, l’oracolo di Delfi è stato, per migliaia di anni, un enigma irrisolto per il mondo antico. Prima dell’arrivo dei Greci, Delfi era  sede del culto della Madre. Il nome Delphoi deriva dalla stessa radice di δελφύς delphys, “utero” e potrebbe indicare la venerazione arcaica di Gaia nel sito. Apollo è collegato al sito dal suo epiteto Δελφίνιος Delphinios, “il delfico”. Successivamente come tramanda un mito, Apollo, auriga del carro portatore del Sole nonché patrono della poesia e delle Muse, uccise il serpente Pitone il figlio di Gaia, che custodiva il luogo e fondò il proprio tempio.

In ricordo dell’episodio, gli oracoli erano emessi dalla sacerdotessa chiamata Pitonessa o Pizia seduta in un antro del Tempio ad esalare i vapori che la inducevano all’estasi e al possesso da parte dello spirito divino del dio Apollo il quale parlava attraverso essa, e la cui risposta veniva poi interpretata da sacerdoti e profeti scelti per spiegare le sentenze, spesso oscure. Il tripode della pitonessa o Pizia si trovava su una spaccatura molto profonda della roccia, dalla quale uscivano gas venefici che inducevano rapidamente nella donna uno stato di trans e brividi. La sacerdotessa cadeva in deliro ed emetteva schiuma dalla bocca, inoltre, masticava foglie di alloro; in effetti è noto che l’Oracolo di Delfi  affidasse i suoi responsi alle foglie e al vento. Il tempio di Apollo era il luogo in cui la sacerdotessa consigliava gli uomini più potenti del mondo antico. Nove volte all’anno, nel settimo giorno del mese, che era considerato data di nascita di Apollo, la pitonessa entrava nella zona più remota e misteriosa del tempio, una sala nota come adython, luogo in cui non si può entrare“, uno spazio sacro al quale poteva accedere solo lei.

Filosofi, mercanti, contadini e re, tutti salivano le scale di Delfi credendo alla Pizia che profetizzava posseduta da Apollo e che le sue parole salissero da una gorgogliante spaccatura nella roccia.

Dopo l’Acropoli di Atene, Delfi è il più noto sito archeologico della Grecia, considerato il luogo sulla terra dove l’uomo era il più vicino a Dio e considerato il centro del mondo; una leggenda racconta che Zeus un giorno, abbia voluto misurare l’ampiezza della terra facendo partire due aquile in direzioni opposte ed esse s’ incontrarono proprio sopra Delfi.

L’oracolo di Delfi, situato su di un altopiano sulle pendici meridionali del monte Parnaso, vicino al golfo di Corinto, che con i suoi 700 metri sul livello del mare, domina tutta le regione della Focide che inquadra un suggestivo scenario lacustre. L’altezza del Monte che, secondo la leggenda ospitava anche le Muse, non rappresentava tuttavia un ostacolo per le migliaia di turisti entusiasti di inerpicarsi lungo il pendio per raggiungere il santuario apollineo, racchiuso dalle Fedriadi, rocce splendenti che si affacciano su una gola scoscesa.

Il sito  ben conservato, si trova a meno di due ore da Atene,  oggi è una meta turistica in relazione al suo fascino misterico; ad Apollo era attribuita, sempre secondo la mitologia, la funzione di custode del mantenimento dell’etica e delle leggi: a lui si ricorreva per i rituali di purificazione individuali o collettivi qualora fossero stati infranti precetti che avrebbero potuto scatenare l’ira degli dei. L’oracolo di Delfi prescriveva rituali di purificazione attraverso i quali, chi avesse infranto qualche tabù, poteva allontanare la contaminazione (miasma) dalla quale si sentiva perseguitato.

Nel tempio bruciava perennemente una fiamma alimentata con rami di alloro, l’albero sacro al dio Apollo, e si venerava il cosiddetto “ombelico” (omphalos), una pietra, forse magnetica, che si pensava fosse caduta dal cielo.

In un’epoca storica nella quale la divinazione era intensamente onorata, il culto per l’oracolo, radicato fin dell’VIII secolo A.C., venne ad acquisire una centralità sempre maggiore in ambito sociale e politico, a tal punto da rendere necessaria l’istituzione dell’anfizionia delfica, una lega di popoli e città siti nelle vicinanze del Santuario che cooperavano nella sua gestione e difesa. Nei secoli VIII-IV a.C., il prestigio dell’oracolo fu incalcolabile, non c’era decisione politica o colonia che venisse fondata senza prima aver consultato l’oracolo. La “sapienza delfica”, un insieme di massime morali e tradizioni mitiche declinate dall’oracolo, era una delle principali caratteristiche della cultura greca arcaica. Poeti come Pindaro ed Eschilo, s’ ispirarono ad essa. Socrate adottò come principio del suo pensiero la famosa frase “conosci te stesso”, ΓΝΩΘΙ ΣΕΑΥΤΟΝ, che era incisa a Delfi sul frontone del tempio di Apollo. Tutti coloro che consultavano l’oracolo dovevano passare sotto l’iscrizione nel frontone su cui c’era l’esortazione di Socrate “Conosci te stesso”, intagliata.

Oltre a Plutarco, molti altri testimoni oculari come Strabone, Pausania, Platone e Diodoro Siculo scrissero di questo luogo, ma ci diedero pochi dettagli sul procedimento seguito dalla pitonessa per consultare il dio o su che cosa accadeva nella stanza segreta. Secondo le testimonianze, la pizia non era visibile; si udiva solo la sua voce.

Una tradizione dice che proprio lì il filosofo Socrate fu proclamato “il più saggio di tutti gli uomini” e che Alessandro Magno risalì le pendici del monte chiedendo e ottenendo l’assicurazione divina di vittorie costanti.

Il sito archeologico di Delfi comprende due santuari, dedicati ad Apollo e Atena, un teatro e sullla sommità lo stadio. Arrivando da Atene visitatori s’incontra per primo il Santuario di Atena Pronaia, mentre Fuori le mura si sviluppa l’insediamento di Delfi. Fuori e intorno ai due santuari vi sono i resti dell’insediamento ed i cimiteri di Delfi, che si sono sviluppati soprattutto nel periodo classico e romano.

All’interno delle mura c’era il famoso Tholos, oggi simbolo di Delfi, ed i resti di tre templi dedicati alla dea. I due precedenti templi sono stati costruiti di tufo sulla stessa posizione. Questi risalgono alla metà del VII secolo e a c. 500 aC. Il terzo tempio, in calcare, che custodiva il tesoro fu costruito sul lato ovest del santuario dopo il terremoto del 373 aC.

La parte centrale del sito era occupata dal Santuario di Apollo, circondato dai soliti peribolos, o muri di cinta, con una porta principale al suo angolo sud-est. Il complesso degli scavi si snoda lungo una via principale lastricata detta Via Sacra, che sale dalla fonte Castalia lungo il pendio del monte Parnaso che conduceva al tempio di Apollo. La Via Sacra costeggia il terrapieno e lungo il tratto di passaggio venne eretto il Muro Poligonale, sul quale molti pellegrini del santuario hanno lasciato iscritte nella pietra le loro intenzioni votive o i loro ringraziamenti al dio Apollo. I visitatori del santuario panellenico omaggiavano poi la divinità con doni e offerte di lusso che resero assai cospicuo il patrimonio di Delfi, con lo scopo, allor ignoto, di far ammirare ai posteri in proporzioni ridotte, i thesauroi, piccoli templi, sperimentazioni costruttive molto gradite per tantissime ragioni pratiche che i grandi edifici non sempre potevano permettere. A Delfi se ne trovavano di varie tipologie dal più antico del VII secolo a.C. appartenente a Corinto fino a quello di Tebe datato al IV secolo a.C.

Sparsi tra il santuario e i templi e lungo la Via Sacra c’erano numerosi monumenti, altari votivi dedicati da città greche o individui ricchi in occasione di eventi socio-politici o semplicemente per esprimere gratitudine al dio ed al suo oracolo. Variano da treppiedi dì bronzo e argento a gruppi complessi di sculture in bronzo o marmo. Sopra il tempio di Apollo c’è il teatro dove si svolgevano i concorsi teatrali e musicali dei Giochi Pitici, mentre ancora più in alto sul pendio, al di là del recinto sacro, si trova lo stadio dove si sono svolte le gare di atletica.

Una così ingente concentrazione di potere e di ricchezze rese la città oggetto di molteplici mire, determinandone anche il coinvolgimento in numerose lotte e in particolare nelle quattro guerre sacre che si svolsero tra l’inizio del VI secolo A.C. ed il 338 A.C. concludendosi con l’affermazione della Macedonia.

In seguito Delfi condivise l’identico fato delle altre città greche che vennero poste sotto il dominio di Roma, uscita vittoriosa dalla battaglia di Pidna del 168 A.C.

Il santuario di Apollo  non fece eccezione e persino su esso gli imperatori romani esercitarono il loro potere, procedendo anche ad alcuni restauri ad opera di Augusto, Domiziano e Adriano.

Il progressivo affermarsi del cristianesimo causò tuttavia un inarrestabile declino del tempio apollineo, il cui culto inizialmente resistette di fronte all’affermarsi del cristianesimo e al conseguente abbandono dei riti pagani, ma terminò nel 394 in seguito alla chiusura definitiva decretata dall’imperatore Teodosio.

L’interesse verso Delfi rimase comunque vitale, traendo nuova linfa dagli scavi archeologici, intrapresi nel 1860 da studiosi tedeschi e proseguiti a partire dal 1889 dall’Ecole Francaise d’Athene, per avviare i quali fu anche necessario spostare il villaggio di Kastri.

L’ultima risposta ufficiale dell’oracolo risale al 362 d.C., fu consultato dall’imperatore Giuliano l’Apostata.

Un emissario dell’imperatore chiese una profezia alla Pizia ed ella rispose: “Di’ questo al re: il tempio glorioso è caduto in rovina; Apollo non ha più un tetto sul capo; le foglie degli allori sono silenziose, le sorgenti e i ruscelli profetici sono morti”.

Per secoli si è ritenuto verità storica lo stato di trance della pitonessa, confermato persino dagli scrittori cristiani del III e del IV secolo d.C. quali Origene e San Giovanni Crisostomo, che descrissero anche il procedimento.

All’Oracolo di Delfi e ai misteri antichi è dedicata la mia celebre antologia poetica internazionale “La Sibilla”.

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