
Intervista ad Antonio Pinto – autore del libro “Io e la vittoria: una bellissima ossessione”
di Evelyn Zappimbulso
Antonio, sei un fedele ex allievo del Liceo Moscati di Grottaglie, verso il quale nutri un bel ricordo, considerato il bel rapporto che mantieni con docenti e studenti. Raccontaci in breve la tua vita da studente.
La mia vita da studente mi manca tanto: ricordo con piacere le interrogazioni, l’ansia prima di un compito in classe, insomma, ci ritornerei volentieri tra i banchi di scuola. Scherzi a parte, guardo avanti, cercando di custodire gli insegnamenti didattici e morali di molti miei ex professori. Penso che nella crescita personale e professionale di un ragazzo, il contesto scolastico, accompagnato da buoni insegnanti, faccia notevolmente la differenza. Essendo un amante ed un cultore dello sport, in particolar modo di calcio, mi piace accostare la figura del professore a quella dell’allenatore, ovvero, colui che ti porta a rendere al massimo delle capacità, esaltando le qualità tecniche e caratteriali. Se oggi sono quello che sono, lo devo in gran parte ai miei ex docenti, ragion per cui, mi sento ancora legato a loro.
Di cosa ti occupi oggi e per quale attività professionale ti senti portato?
Allo stato attuale, sono immerso totalmente nella professione dello scrittore: il 19 dicembre 2022 ho dato vita al mio primo progetto, ossia, pubblicare un libro. Il titolo, Io e la vittoria: una bellissima ossessione, vuole cercare di valorizzare la figura del mental coach, purtroppo poco conosciuta, in relazione alla mia esperienza e all’impatto sull’essere umano. Punto nevralgico del mio scritto è la vittoria, accompagnata dalla motivazione, mezzo fondamentale per la riuscita dei propri obiettivi. Per quanto riguarda i miei progetti futuri, invece, mi sento di dire che la figura verso la quale mi sento portato è quella dell’agente sportivo, ma non escludo il raggiungimento di altre figure all’interno del mondo sportivo. Negli ultimi anni, però, sono stato stuzzicato dalla possibilità di diventare mental coach, dato che sono sempre stato affascinato da chi riesce ad imprimere e a far valere la propria identità e personalità. L’importante è crescere e alzare la propria asticella, personalmente e professionalmente, partendo da un presupposto base: chi ha tempo non aspetti tempo.
Com’è nata l’idea di scrivere un libro. C’è stato qualche prof che ti ha appassionato alla scrittura?
L’idea di scrivere questo libro nasce durante il difficile periodo della pandemia, dove scrivere era diventato il mio passatempo. Avendo cambiato università e ristrutturato i miei obiettivi, raggiungendo, successivamente, il traguardo della laurea, con il mio scritto volevo e voglio infondere ai ragazzi fiducia verso il futuro e verso sé stessi, cercando di abbattere paure e limiti. Se si vuole raggiungere qualcosa bisogna gettare il cuore oltre l’ostacolo a costo di arrivare a “fine corsa” esausti. Diversi i professori che mi hanno fatto appassionare alla scrittura, due in particolare: la professoressa Carmela Carrieri, attuale docente della scuola media Pignatelli di Grottaglie e la prof.ssa Marilena Cavallo, docente del Liceo G. Moscati. Mi preme dire questo: sono molto affezionato e legato a loro.
Il titolo del tuo libro è forte e profondo. Cosa vuoi esprimere e quale è il senso ultimo dello scritto?
Inizialmente l’idea del titolo era imperniata su una frase di Antonio Conte, ex allenatore della Juventus e della nazionale: Io e la vittoria: un’ossessione maniacale. Poi, ho voluto metterci del mio, cambiando in “bellissima ossessione”. Grazie allo sport, grazie al quotidiano e alla scuola ho capito sin da subito qual è il percorso da percorrere se si vogliono raggiungere risultati. La vita ci mette di fronte ad un fatto compiuto, ossia, essere aziendalisti, portare il risultato a casa. Tante le citazioni all’interno del mio scritto, da Alberto Sordi passando per Vittorio Gassman e l’indimenticabile avvocato Giovanni Agnelli, fino ad arrivare a Giorgio Chiellini e, infine, ad Antonio Conte, per me un mantra e un esempio da seguire. Mi piace la sua rabbia agonistica, il suo modo di trasmettere elettricità e carica, la sua forte personalità che ti conduce, appunto, alla vittoria. Viviamo entrambi la sconfitta come “morte apparente” rimanendo romanticamente aggrappati all’essenza del verbo vincere. Lancio una provocazione: se in Italia ci fossero più Antonio Conte, forse, racconteremmo cose diverse del nostro bel Paese. Ritornando al mio libro, mi preme dire che è rivolto ai ragazzi, con l’intento di creare con loro una forte connessione tale da poter essere uno spunto ed un punto di riferimento nel proprio cammino di vita. Identità, personalità e mentalità i crismi dai quali partire, mattoncino dopo mattoncino. Mi è sempre piaciuto, rimanendone affascinato, il verbo costruire. Ecco, ai giovani, alcuni miei coetanei, altri più piccoli, dico questo: costruiamo e modelliamo il nostro futuro con le nostre mani, conferendo un’anima a ciò che facciamo.
Fino alla fine.
Hai in mente di scrivere altri libri?
Assolutamente sì, anzi ne ho in cantiere diversi: il primo, riguarda la storia di un ragazzo che, dopo aver rivisto una ragazza, ne rimane affascinato e colpito dal suo essere diventata col tempo Donna e ne immagina un percorso insieme, lasciandosi andare alle debolezze della vita quotidiana. Il secondo, più concreto e dinamico, riguarderà le tecniche motivazionali, attraverso un processo oculato e approfondito, abbinate a quelle di studio. Una sorta di “guida Michelin” per tutti quei ragazzi che hanno bisogno di inquadrare i propri obiettivi e non solo.
Infine, non so se ci sarà un seguito dell’attuale libro, so soltanto che mi piacerebbe portarlo sugli schermi, magari come serie TV, su Amazon Prime video, tanto per citarne alcuni, ma bisogna valutare costi e fattibilità della cosa. Sono un grande sognatore, lo ammetto, ma cerco di rendere i miei progetti belli, impossibili e, soprattutto, vincenti. Concludo l’intervista con una frase di Lev Tolstoj: “I più forti tra tutti i guerrieri sono il tempo e la pazienza.”
Redazione Corriere di Puglia e Lucania
Ma il mental coach sarebbe uno che fa prevalere la propria personalità? Questo ha capito tutto..