Principale Arte, Cultura & Società Anarchico, se dichiari guerra, devi accettarne le conseguenze

Anarchico, se dichiari guerra, devi accettarne le conseguenze

Alfredo Cospito

Anarchico, se dichiari guerra, devi accettarne le conseguenze

di Evelyn Zappimbulso

Voi terroristi, noi umanitari. Voi con le bombe, le violenze e le minacce, noi rispondiamo con l’indulgenza e il soccorso, accogliendo le vostre richieste.

È la guerra asimmetrica che viene caldeggiata da media, libertari ipergarantisti e sinistre sparse sulla scia del caso Alfredo Cospito, terrorista anarco-insurrezionalista, che tentò una strage deponendo bombe presso una caserma di Carabinieri e gambizzò l’amministratore delegato dell’Ansaldo.

Loro dichiarano guerra allo stato e al mondo, nel nome dell’Anarchia, e lo Stato dovrebbe, per ragioni di salute e di umanità, occuparsi di salvare Cospito e togliergli il regime di carcere speciale. E salvarlo, anzi, perfino contro la volontà dello stesso Cospito, contraddicendo da un verso lo spirito dominante del nostro tempo, ovvero la libertà, il diritto di decidere della propria vita e della propria morte. E dall’altro verso negando a Cospito “per il suo bene” proprio il principio per cui si batte, l’autodeterminazione assoluta dell’individuo e il rifiuto dello Stato, che pretende di imporci il suo bene e le sue leggi.

Come ha dichiarato più volte, Cospito non sta facendo da cento giorni lo sciopero della fame per il suo caso personale, ovvero per non subire più il carcere speciale ma per cancellare per tutti, terroristi e mafiosi, il regime del 41bis.

Salvando solo lui, negheremmo i principi per cui si batte. Assecondando invece la sua richiesta erga omnes, negheremmo i principi dello Stato, delle legge e del diritto, che prevede – giustamente – un regime speciale per alcuni detenuti particolarmente pericolosi e responsabili di gravi crimini.

L’Anarchia ha sempre esercitato un fascino nascosto anche in chi la pensa in modo opposto. Non pochi scrittori e uomini di destra si sono definiti anarchici e conservatori; c’è pure chi si definisce anarco-liberista o liberale. Anarchico fu Céline, e anarchico fu Berto Ricci; anarchico conservatore si definì Prezzolini e sulla sua scia pure Montanelli. E anche Mussolini da ragazzo sfidava Dio e lo Stato nel nome dell’Anarchia, da cui in fondo ereditò, tramite gli Arditi, il colore nero delle camicie…

Ma oltre questi casi, c’è un alone romantico intorno all’anarchico che sfida lo Stato e l’ordine stabilito, attenta alla vita di sovrani e capi di stato, piazza bombe contro i “servi del potere”, a partire da quelli in divisa. Il suo fiocco nero, il suo modo di vestire e di inveire, il suo aperto sfidare Dio, lo Stato, il Potere, l’Ordine in pubblica piazza.

In fondo il principio dell’anarchico, e il suo gesto assoluto, ha un che di eroico, oltre che di prometeico; e un eroismo di solito scontato sulla propria pelle, separato da ogni retorica, anzi un eroismo che non avrà gloria ma pubblica maledizione. Perché l’anarchico, di solito, perisce con il suo attentato, rischia il linciaggio della gente e la punizione; o comunque sconta il suo atto terroristico, di solito compiuto a viso aperto. Abbiamo perfino rivalutato l’azione anarchica contro il potere quando abbiamo visto all’opera il terrorismo più atroce, quello esercitato contro la gente comune, il terrorismo stragista del passato o quello fanatico degli islamisti, o ancora quello nichilista dei malati di testa che fanno stragi d’innocenti a scuola o nei supermercati. Almeno gli anarchici colpivano obbiettivi simbolici, almeno lo facevano per un ideale, seppure inaccettabile e irrealizzabile.

Però la ferocia assoluta di quell’altro terrorismo non può costituire un alibi o un’attenuante per chi uccide un carabiniere o un uomo di stato o piazza bombe contro le istituzioni.

Le insurrezioni in nome di Cospito non possono essere separate, come dicono le anime belle, dalla detenzione dell’anarchico perché hanno invece un nesso assai stretto: è stato lui stesso a teorizzarle e a sollecitarle, e lo fa con il suo atteggiamento di sfida verso lo Stato. Un atteggiamento spavaldo, eversivo, che può destare anche rispetto per il suo coraggio e la sua coerenza, ma che va ugualmente combattuto e perseguito per difendere lo Stato, il diritto, le persone, la sicurezza.

Proprio perché non crediamo all’autodeterminazione assoluta dei cittadini e alla facoltà di disporre della propria vita fino alla morte (inclusa), è giusto che lo stato impedisca il “suicidio” rateale di Cospito, il suo lasciarsi morire; e per la stessa ragione è sacrosanto che la sua condanna resti invariata, salvo garantire la sua salute nonostante la sua volontà. E salvo riesaminare nel tempo, il provvedimento restrittivo di ora; ma farlo adesso significherebbe cedere alle minacce e alle violenze di piazza, seppure di quattro gatti. Anzi, proprio perché c’è un nesso reale e causale tra ciò che dice Cospito e le loro azioni, quelle violenze dovrebbero costituire una conferma della sua pericolosità nei messaggi che aveva diffuso prima che fosse isolato. E un motivo in più per non assumere, sotto l’assedio degli anarco-insurrezionalisti, provvedimenti permissivi.

Chi dichiara guerra, e la pratica, deve accettarne poi le conseguenze. Ma questo è il paese di chi vuole bestemmiare Dio con l’assoluzione del prete, offendere lo Stato col consenso del carabiniere; trasgredire col favore della legge. E farsi del male, ma con il pronto soccorso del medico.

Redazione Corriere di Puglia e Lucania 

Corriere Nazionale

Stampa Parlamento

LASCIA UNA RISPOSTA

Inserisci il tuo commento, grazie!
Inserisci il tuo nome qui, grazie

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.