ROMA (ITALPRESS) – Secondo i dati dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) il tumore al seno colpisce oggi una donna su nove nel corso della vita. E’ il tumore più frequentemente diagnosticato nelle donne in Italia. I principali fattori di rischio sono l’età, fattori ormonali, dietetici, legati allo stile di vita e ovviamente l’ereditarietà e la familiarità. Grazie agli screening e alla maggiore consapevolezza delle donne, però, la maggior parte dei tumori maligni mammari è diagnosticata in fase iniziale, quando il trattamento chirurgico può essere più spesso conservativo e la terapia medica più efficace. La sopravvivenza netta a cinque anni dalla diagnosi è dell’88%. Scoprire la malattia al suo esordio è meglio, ovviamente, ma le notizie sono buone anche per le donne con tumore al seno metastatico. Anche per loro la sopravvivenza e la qualità della vita sono aumentate negli anni.Il tumore al seno è uno dei temi affrontati da Paolo Veronesi, direttore di chirurgia senologica dell’Istituto europeo di oncologia, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, il nuovo format tv dell’agenzia di stampa Italpress.Sono trascorsi oltre 40 anni da uno degli studi più famosi della chirurgia mammaria, quello del padre di Veronesi, Umberto. “Nel 1981 – ha spiegato Paolo Veronesi – è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine lo studio di mio papà sulla chirurgia conservativa del seno. E’ stato uno studio basilare perchè ha aperto la strada ai trattamenti conservativi della chirurgia della mammella ma poi anche di tanti altri organi. Oggi la tendenza è quella di conservare il più possibile mentre fino a qualche decennio fa la tendenza era togliere. Ha rivoluzionato il mondo della senologia. Oggi il nostro obiettivo è quello di conservare il seno, se si può, altrimenti conservare l’aspetto esteriore che ha un’implicazione psicologica importantissima. Tutte le donne oggi possono uscire dalla sala operatoria come prima se non meglio, perchè grazie alla collaborazione dei chirurghi plastici riusciamo anche a migliorare l’aspetto estetico”.Per una diagnosi precoce lo screening è fondamentale. Veronesi, infatti, ha ricordato “l’importanza della prevenzione”. “Basta pochissimo: fare per tutte le donne a partire dai 30-35 anni – ha affermato – un’ecografia con cadenza annuale; a partire dai 40 anni anche la mammografia con cadenza annuale. Vuol dire diagnosi precoce e vuol dire, per un tumore scoperto precocemente in fase preclinica, avere la possibilità di guarire al 99%”. Ci sono, poi, “persone più a rischio, quelle che hanno avuto tanti casi in famiglia o quelle che hanno mutazioni genetiche”.Per la prevenzione conta anche lo stile di vita. “La diagnosi precoce – ha evidenziato – ci consente di trovare una malattia precocemente, però ancora meglio sarebbe evitare di ammalarsi. Conducendo uno stile di vita adeguato, possiamo ridurre in maniera significativa, di un terzo, la possibilità di ammalarsi di tumore della mammella. Questo vuol dire un’alimentazione corretta, bilanciata, povera di grassi animali, con prevalenza di vegetali, fare tanta attività fisica e mantenersi normopeso. E’ utile per la prevenzione del tumore della mammella e di tanti altri tumori. In chi ha già avuto un tumore della mammella – ha aggiunto -, il corretto stile di vita, soprattutto l’attività fisica, riduce il rischio di una possibile recidiva della malattia”.Anche se si scopre la malattia in una fase più tardiva, c’è comunque la possibilità di cura. “In questo campo – ha affermato Veronesi – si sono avuti i progressi più importanti negli ultimi 5 o 10 anni. Un tempo una malattia diagnosticata con metastasi aveva una possibilità di vita molto breve, mediamente di circa un anno. Oggi il tumore metastatico della mammella si cura molto bene”.Per quanto riguarda gli interventi, generalmente l’asportazione “riguarda solo una percentuale limitata della mammella”. “Per tumori grossi, quando invece la necessità di esportazione è più abbondante – ha spiegato -, possiamo abbinare interventi di chirurgia oncoplastica con ottimi risultati estetici”.“Anche l’asportazione totale del seno – ha aggiunto – è molto cambiata in questi anni. Oggi tendenzialmente si svuota solo la ghiandola mammaria e si lascia la cute e il capezzolo. Questo permette una ricostruzione immediata con ottimi risultati”.Paolo Veronesi è anche presidente della Fondazione intitolata al padre, Umberto. “Sui tumori femminili – ha spiegato – sosteniamo la ricerca di eccellenza. Sul tumore della mammella ci stiamo concentrando su quelli più difficili da curare, quindi i tumori metastatici, in termini di nuovi farmaci e di qualità di vita delle pazienti, in particolare – ha concluso – su quelli triplo negativi su cui oggi non abbiamo ancora cure mirate e su cui abbiamo deciso di concentrare i nostri sforzi”.
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