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La lezione di democrazia mite nelle parole della senatrice Liliana Segre

Lezione di democrazia dalla senatrice Liliana Segre, nelle riflessioni del prof. Pietro Pepe REDAZIONE ALTAMURA - ALTA MURGIA

Foto di copertina: Prof. Pietro Pepe, già Presidente del Consiglio Regione Puglia

Molto bella la lezione di Democrazia Mite della senatrice a vita Liliana Segre che il prof. Pietro Pepe, già Presidente del Consiglio Regione Puglia, sempre attento e riflessivo dall’alto del suo osservatorio politico, palesa la sua condivisione.

Infatti, fa osservare il prof. P. Pepe, ho riletto con molta attenzione il suo discorso di apertura della XIX Legislatura Repubblicana; mi sono inchinato di fronte a tanta saggezza per la forza e l’efficacia del suo messaggio educativo ed ho pensato di continuare a divulgarlo, anche nelle mie conversazioni politiche con i giovani e gli anziani “dell‘Università” della Terza Età di Altamura e d’intorni.

Un discorso di antifascismo mite nel Centenario della Marcia su Roma che dette inizio alla Dittatura Fascista. Ha lanciato, cosi, al mondo politico ed istituzionale un messaggio chiaro per un antifascismo non violento, evocando la sua sofferta vicenda personale di piccola EBREA scacciata, all’ora, dal suo banco a scuola, ed oggi applaudita sul banco più prestigioso del Senato: Tempio della Democrazia.

Ha soprattutto suggerito ai “rappresentanti delle Forze politiche” di utilizzare la dialettica senza ingiurie, priva di violenza nelle parole ed evitando equivoci ed ambiguità storiche sulla ideologia fascista che qualcuno prova a seminare.

Già con la Fondazione dei Fasci di combattimento a Milano del 1919 e la successiva Marcia a Roma del 1922, il Fascismo a suo giudizio non può essere presentato come un’ideologia benevola e che solo alcune circostanze più tardi la spingeranno verso scelte informanti e dannose per gli italiani: l’applicazione delle leggi razziste ispirate dal Nazismo e la criminale determinazione di entrare in guerra affianco della Germania di Hitler.

Sono sufficienti questi due riferimenti per qualificarlo come disumano, violento ed antidemocratico che toglie di mezzo i suoi avversari e li uccide.

Segnalo i fatti più eclatanti di quel periodo che è bene non dimenticare: l’uccisione a randellate di Giovanni Minzoni su mandante del gerarca Italo Balbo; i fratelli Rosselli ammazzati in Francia; il politico Gramsci rinchiuso per un lungo tempo in carcere e liberato solo alla vigilia della morte.

Come non evidenziare il linguaggio cattivo del Fascismo racchiuso nella nota frase: “Bisogna impedire a quel cervello di funzionare almeno per vent’anni”, usato dalla Pubblica accusa durante il processo a Gramsci del 1928.

Non ci riuscirono, perché Gramsci in carcere scrisse una serie di “quaderni” oggetto di studio ancora oggi. Mussolini, già da estremista, socialista, manifestava disprezzo verso il liberalismo e la borghesia e che a suo dire gli uomini sono stanchi di libertà; e che lui metteva a disposizione altre nuove parole per la gioventù intrepida, più affascinanti di quelle risorgimentali: ordine, gerarchia, disciplina, obbedienza.

Perciò bene ha fatto la senatrice Segre a mettere al centro del suo intervento la “Costituzione Italiana”, citandola più volte e dedicandola alla memoria del Deputato socialista Giacomo Matteotti, assassinato nel 1924 per ordine di Mussolini, che in modo spavaldo si attribuì la responsabilità della morte nell’aula di Montecitorio; un intervento che qualifica il Fascismo come un’Associazione a delinquere.

Peraltro lo stesso Mussolini dichiarò che lui è il Capo di questa associazione.
Per Segre la “Costituzione Italiana” ha garantito nel paese unità, eguaglianza e libertà, e rimane il Testamento di Centomila morti caduti per la libertà a tutti i cittadini senza alcuna distinzione di sesso, di razza e di religione. A battersi contro il Fascismo furono quegli italiani che dal 1922 al 1945 reputarono il regime di Benito Mussolini una violazione del pensiero risorgimentale.

È comunque opportuno ribadire, in questo momento storico, l’antifascismo ed il richiamo alla resistenza da parte delle Istituzioni, d’innanzi alle numerose tragedie, anche perché la macchina politica può generare ancora opinioni e comportamenti ispirati a quel pensiero ideologico, sempre presente.

Il passato non è mai definitivamente alle spalle e la cultura fascista sopravvive sia pure in modo latente.

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