Principale Politica  Per fermare la guerra bisogna non farla e non prepararla

 Per fermare la guerra bisogna non farla e non prepararla

COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO MANIFESTAZIONE CONTRO LA GUERRA IN UCRAINA VIVA LA PACE

Ho letto migliaia di articoli e sentito tante parole durante questi mesi ma la verità è una sola nella macchina della propaganda bellica c’è  chi non si vuole assumere la responsabilità   per l’invio di armi all’Ucraina e per l’aumento delle relative spese militari.Ancora più stucchevole per quanto mi riguarda è il c.d.  “pacifismo da divano” che si limita a scrivere e lanciare appelli, senza contribuire realmente alla costruzione di politiche attive della nonviolenza. La conseguenza pratica della nonviolenza politica, da Gandhi a Capitini, infatti, è l’azione diretta antimilitarista, cioè il rifiuto di collaborare a tutto ciò che tiene in piedi gli eserciti e che prepara le guerre.

In quanti modi si può ostacolare l’invasore senza uccidere nessuno?Ma bisogna imparare, bisogna avere pronti certi mezzi. Una non-collaborazione attivissima di moltitudini non è una terza via oltre la guerra e il cedere? L’Italia deve dare l’esempio a sé, all’Europa e agli altri del mondo di modi diversi nell’affermare la civiltà.

Non vederne la possibilità di attuazione, è già una precisa scelta politica; e la guerra in Ucraina sta diventando sempre più anche una catastrofe politica oltreché umanitaria ed ecologica. Non soltanto abbiamo fallito nel preparare condizioni socio-economiche in grado di prevenire la violenza su larga scala; non soltanto abbiamo fallito nel riconoscere per tempo le cause e la responsabilità del danno da parte delle principali parti interessate e né siamo riusciti a impegnarci, in particolare come europei, in una diplomazia che dà la priorità alla dignità e ai bisogni umani delle parti interessate, con una disponibilità al compromesso e l’obiettivo di salvare vite.

E continueremo a fallire se non useremo questo tempo della guerra per proposte serie e concrete di una doppia riconversione dell’industria militare e delle relazioni internazionali fondate sugli eserciti

Fino a poco tempo fa la vittoria dell’Ucraina sembrava altamente improbabile, data la disparità di forze in campo. Ora, considerando i recenti successi delle forze di Kiev, la sconfitta della Russia e il ritiro delle forze di Mosca dall’Ucraina è diventata una ipotesi concreta.

La fine della guerra potrebbe arrivare con un accordo sporco tra Putin e i principali Paesi europei, alle prese con i problemi economici legati al blocco del gas russo e all’aumento vertiginoso dei costi energetici.

Diversi Paesi Ue, a partire dalla Germania, potrebbero essere tentati da un accordo per il cessate il fuoco che porterebbe ad una ripresa delle forniture del gas da Mosca. Anche Putin sarebbe tentato da questa prospettiva: l’Europa rappresenta il suo principale cliente, e spostare il gas verso la Cina richiederebbe forti investimenti e anni per realizzare le infrastrutture necessarie.

Il problema principale di questo scenario sarebbe far accettare un accordo del genere all’Ucraina e a quell’esaltato Zelensky !

Si lo dico a chiare lettere è un esaltato perché non considera  l’eventualità che la guerra possa trascinarsi per anni, diventando un nuovo Vietnam. E noi non ci si stiamo a seguire la sua esaltazione che non più di difesa ma di attacco alla pace mondiale e all’integrità dei popoli!

C’è poi il rischio di una escalation del conflitto che porti all’uso delle armi nucleari!

Bisogna fermalo è ora di dire basta!

In molti sapevano sin dall’inizio della crisi scoppiata negli scorsi mesi tra Mosca e Kiev che l’unica soluzione sarebbe stata la neutralità dell’Ucraina. Il Paese è troppo storicamente legato alla Russia per diventarne un potenziale nemico, come sarebbe potuto accadere se fosse divenuto membro della Nato. Ed era troppo orgogliosamente nazione per diventare un satellite del Cremlino, se non addirittura una sua provincia.

I giornalisti e gli operatori devono raccontare  e dare conto delle ragioni di questa guerra senza le solite manipolazioni e distorsioni politiciste.

Giunti a questo punto, cosa vogliamo fare? Continuare a sostenere la guerra o cercare di fermarla? Continuare a subire gli eventi o cercare di modificarne il corso?

Invece assistiamo sgomenti al tentativo di sovrapposizione politica di Europa e NATO. La diplomazia tace e all’escandescenza verbale dei capi di stato segue l’escalation militare, con la decisione dei governi degli stati aderenti alla NATO, tra cui quello italiano, e alcuni altri governi, di inviare armi all’Ucraina, invece di lavorare per il cessate il fuoco e per l’apertura di un negoziato. Questa scelta la giudico: gravissima, senza sbocco, estremamente preoccupante e pericolosa.

Con il continuo invio di armi incentiviamo l’inasprirsi della guerra fino al rischio di utilizzo delle armi nucleari. Dal mio punto di vista, insieme alle  forze politiche dobbiamo riprendere l’iniziativa pubblica e continuare a mobilitarci a livello locale e internazionale e levare forte la voce per la cessazione immediata del conflitto nel rispetto della convivenza delle popolazioni e degli Stati coinvolti e dell’autodeterminazione dei popoli!

La Pace è la premessa indispensabile per affermare i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, delle figure della precarietà diffusa, per costruire una società fondata sulla giustizia sociale e ambientale, sul rispetto delle generazioni che verranno.

Antonio Peragine

direttore@corrierepl.it

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