Principale Arte, Cultura & Società Gridavano pace nelle piazze e poi aizzavano alla guerra nei palazzi

Gridavano pace nelle piazze e poi aizzavano alla guerra nei palazzi

Gridavano pace nelle piazze e poi aizzavano alla guerra nei palazzi

Avete mai visto il bellicismo di Palazzo che si fa pacifismo di piazza?

Se non conoscevate questa categoria cornuta, l’avete vista all’opera nei nostri giorni: è nata in Italia, fa capo al Partito Democratico che al governo sposava la guerra e la linea dei falchi, con Letta e col ministro della difesa Guerini; e invece in piazza, per bruciare la concorrenza dei 5 Stelle, va a manifestare con la bandiera arcobaleno per la pace.

Gli antichi dicevano si vis pacem para bellum, ovvero se vuoi la pace prepara la guerra; ora i Dem rovesciano la saggia norma e dicono: si vis bellum para pacem, ovvero se vuoi la guerra fai la parata della pace (libera traduzione, adattata al caso).

Non ho mai amato il pacifismo, è l’ideologia della decadenza nel nome della sopravvivenza. E non lo amo nei suoi due versanti principali: quello utopistico, che ha però l’attenuante della buona fede e delle pie intenzioni; e quello strumentale, che usa il pacifismo per spostare il conflitto su altri terreni o per indebolire una della parti in campo, di solito la propria.

Il pacifismo ha un diritto e un rovescio, come le medaglie.

Il pacifismo diritto è quello delle anime pie, di chi aborre davvero la violenza e le armi, s’ispira a San Francesco o se è laico con Aldo Capitini, e pensa che si possa sradicare dall’umanità la naturale tendenza al conflitto e allo scontro. Marce della pace, digiuni, fiaccolate, manifestazioni solitamente inutili per fermare i conflitti e per dissuadere gli Stati e gli eserciti.

Il pacifismo rovesciato è invece quello di chi come Stalin si presentava al mondo come un campione di pace e patrocinava perfino un Premio internazionale della Pace e poi governava col terrore, la polizia e l’Armata rossa. Anche il nostro Pertini elogiò Stalin alla sua morte come un Campione di Pace. Se è per questo pure Hitler si considerava un fautore della pace e sognava un mondo pacificato sotto le croci uncinate. Quel pacifismo finto non era solo un’aberrazione di Stalin ma derivava dalla doppiezza intrinseca del marxismo-leninismo e del comunismo, che auspicava la pace tra le nazioni per portare la guerra mondiale nelle nazioni, in forma di guerra civile e lotta di classe. Paradigma di quel pacifismo sanguinario fu la rivoluzione bolscevica di Lenin, che perseguì la pace con la Germania per accanirsi in patria con milioni di kulaki, borghesi e nobili russi nel nome della dittatura del proletariato. In fondo, l’ipocrisia del pacifismo guerrafondaio dei Dem odierni ha quell’antica, ambigua derivazione.

Il pacifismo democratico è a senso unico, protesta davanti all’Ambasciata russa e pretende la pace solo dalla Russia, e non pure dall’apparato militare della Nato che ha un ruolo attivo nella prosecuzione, intensificazione ed estensione del conflitto. Se oggi c’è un serio rischio di conflitto mondiale lo dobbiamo a entrambi i versanti e non solo all’invasore Putin.

Ma torniamo al pacifismo nostrano. Risalgono gli antichi umori pacifisti dei decenni andati, riappaiono le scolorite bandiere arcobaleno delle precedenti guerre, la vecchia retorica violenta dei non violenti e tutto l’armamentario pacifista della sinistra radicale, estrema, ecologista o cattocomunista.

E’ il pacifismo di sinistra che raggiunse il suo stadio surreale quando chiese per il 2 giugno di ritirare le truppe italiane dall’Italia.

Ossia niente sfilata delle forze armate; solo un defilèe disarmato di buoni sentimenti. Via perfino le innocue frecce tricolori, solo arcobaleni di pace. Quel pacifismo s’incrocia con i tre volti odierni del pacifismo: quello democratico di cui dicevamo, che è in realtà un pacifismo falso, maschera di una posizione bellicista, da falchi, assunta dal Pd sulla scia di Draghi.

C’è poi il pacifismo degli opportunisti e dei trasformisti, ben indossato nella collezione autunno-inverno dal trasformista Giuseppe Conte. Che sarebbe stato indifferentemente per la guerra o per la pace a seconda del ruolo che riveste al momento: da capo del governo sarebbe allineato all’Europa e alla Nato, magari con un po’ di cipria pacifista da passeggio per tener buona l’ala pacifista dei grillini. Invece, passato all’opposizione e assunto il ruolo di Masaniello del voto di scambio clientelare, col reddito di cittadinanza, si è messo a capeggiare il fronte pacifista per succhiare consensi di sinistra e cattocomunisti al Pd.

A sua volta il Pd, per non farsi bruciare e scavalcare su quel versante, ha dovuto inscenare questo ballo in maschera pacifista, mentre è stato il partito più militarista del governo, con un ministro della difesa che si crede Cadorna. Salvo poi auspicare ancora l’alleanza coi pacifisti del M5S.

C’è infine il pacifismo della Chiesa e di Papa Bergoglio, ed è il più coerente, anche nella sua carica irenica e irrealistica. E’ un pacifismo che viene da lontano, non solo dallo spirito evangelico ma anche dal pontificato di Giovanni Paolo II che fu vigoroso ma inascoltato nel condannare le guerre americane in Medio Oriente, i massacri delle popolazioni civili, l’embargo e le dolorose sanzioni all’Iraq.

Certo, il realismo della politica e degli Stati non si sposa coi principi morali ed evangelici della Chiesa, e così è stato per secoli. Ma almeno quel pacifismo è verace e soprattutto è onesto, perché si rivolge a entrambi le parti in campo e non a una sola. E nella sua carica utopica serba un germe realistico che si chiama trattativa, negoziato, passaggio dalle armi alla diplomazia.

La guerra non si ferma col pacifismo ma con il realismo.

Redazione Corriere di Puglia e Lucania 

Corriere Nazionale

LASCIA UNA RISPOSTA

Inserisci il tuo commento, grazie!
Inserisci il tuo nome qui, grazie

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.