Principale Arte, Cultura & Società Teologia e sviluppo urbano in Guglielmo d’Alvernia

Teologia e sviluppo urbano in Guglielmo d’Alvernia

Dettaglio dagli Effetti del Buongoverno in città, Ambrogio Lorenzetti, Sala dei Nove, Palazzo Pubblico, 1338-1339, Siena.

Un importante esponente della cultura medievale del XIII secolo fu Guglielmo d’Alvernia, teologo francese, vescovo di Parigi dal 1228 al 1249. Nella sua speculazione filosofica è interessante il paragone tra i sette sacramenti e la città, interpretata come luogo in cui i cittadini si comportano con onore e virtù.

Alla foresta, emblema del selvaggio e del primordiale, il nostro teologo contrappone l’urbe, fatta di pietre e metalli ben cementati e lavorati, simbolo dell’amore reciproco tra cittadini, fratelli tra loro. La città, per Guglielmo, è costituita da uomini consci dell’importanza della pace e della felicità. I cittadini, in questa città simbolica, si distinguono per il comportamento retto, prendendo le distanze dall’irrazionale e istintivo agire del selvaggio e degli animali feroci delle foreste.

Allegoria del Buon Governo, parete di fondo della Sala dei Nove, Palazzo Pubblico, 1338-1339, Siena

Per lo studioso, il fenomeno urbano si definisce come una immigrazione di uomini che entrano in uno spazio fisico, giuridico ed etico ben preciso. Il solo varcare le porte dell’urbe, il solo fatto di vivere all’interno delle sue mura, induce i cittadini a trasformarsi, abbandonando i vecchi costumi, acquistando nuova luce, appropriandosi della vera civiltà. Ma quali fattori sono indice di civiltà per Guglielmo?

Ce ne sono diversi: in primis le insegne simboliche, manifesto della visibile dignità della città e dei suoi abitanti, poi vi è la dignità militare per la quale i cavalieri si cingono con le spade, a seguire la dignità ministeriale e regale data da una salda amministrazione, solide tradizioni e corona ben ferma sulla testa dei governanti. All’interno della città ideale strutturata dal nostro vescovo, dovevano inoltre regnare l’assistenza reciproca e l’uguaglianza. I cittadini dovevano comportarsi con misura, appianando ogni tortuosità e irregolarità, divenendo simili ad un legno liscio, privo di fronde.

Guglielmo, insomma, sogna una città di laici, uguali tra loro, in cui soltanto la gerarchia ecclesiastica è l’unica, degna intermediaria tra Dio e gli uomini.

Testi di riferimento:

C. Leonardi (a cura di), Letteratura latina medievale, Sismel Edizioni del Galluzzo, 2003
G. Le Goff, L’immaginario Medievale, Editori Laterza, 2007

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