Principale Arte, Cultura & Società Diritti nell’Italia comunale: il contributo di Andrea e Sparano

Diritti nell’Italia comunale: il contributo di Andrea e Sparano

L’Europa medievale conobbe una straordinaria fioritura dei diritti locali.

L’autonomia politica e giuridica conquistata dai comuni italiani durante il XII secolo si realizzò mediante l’elezione dei consoli i quali erano dotati di piena legislazione civile e penale; ben presto, tuttavia, il potere normativo fu ampliato ed esercitato in tre principali direzioni.

I consoli e magistrati giuravano, sottoscrivendo nei “brevia”, l’assunzione delle funzioni stabilite dall’assemblea cittadina e ben presto si avvertì la necessità di garantire che la consuetudine locale fosse assoggettata all’applicazione da parte dei giudici; per questa ragione anche la consuetudine divenne scritta al pari di altre regole che si vollero, via via, introdurre sulla base di scelte operate dalla comunità cittadina mediante le proprie assemblee e magistrature: esse furono stabilite in forma di legge.

Accanto ai brevia dei consoli vi erano le consuetudini scritte e le leggi approvate dal comune che formavano la base del diritto scritto cittadino; questo assunse il nome di “statuto”.

Nel corso del Duecento il comune riunì in un unico testo queste tre categorie di norme costituendo così il Liber Statutorum della città, diviso in più libri, ciascuno composto da più rubriche che racchiudevano i capisaldi della normazione locale. Esso venne redatto perlopiù grazie all’intervento di giuristi locali.

Accanto ai primi modelli statutari del XII secolo vi furono quelli del XIII; tra i più importanti del XIII hanno particolare rilevanza quelli di Milano, Bergamo, Biella, Brescia, Novara, Genova, Verona, Vicenza, Treviso; Lucca, Bologna, Parma, Siena, Volterra e Padova.

Il più antico statuto di Pisa del 1162, “Breve consulum” – ad esempio – imponeva ai consoli di sottoporre lo stato di guerra ai senatori ed a sei uomini saggi di ogni porta della città, ovvero alla maggioranza dei membri del consiglio cittadino convocato al suono della campana.

Gli statuti cittadini constano perlopiù in norme di formazione consuetudinaria; una legislazione specifica del tempo riguarderà anche i comuni rurali: gli statuti di comuni minori ne sono testimonianza seppure l’autonomia normativa era ridotta a causa del controllo del contado da parte della città dominante.

Gli statuti rurali, al pari degli oridini emanati dalla Signoria cittadina, costituiscono fonti preziose per la conoscenza della gestione delle terre, dei boschi, dei pascoli e degli altri aspetti tipici della vita nelle campagne.

La presenza di una monarchia forte si manifesò nel Regno di Sicilia anche sul piano legislativo.

Se già Ruggero II aveva emanato un ristretto numero di capitoli enl 1140, la fase culmunante la si ebbe con il regno di Federico II, quando – nel 1231 – vide la luce il Liber Constititutionum curato dal natio di Capua e gran giudice della corte imperiale, ilPier delle Vigne (1190-1249 ca.) il quale verrà ricordato dal poeta Dante Alighieri nel canto XIII dell’Inferno, più precisamente nella selva dei suicidi , con le seguenti parole:

[ «L’animo mio, per disdegnoso gusto,

credendo col morir fuggir disdegno

ingiusto fece me contra me giusto.» ]

Il Liber non si limitava a raccogliere le principali leggi anteriori dei re normanni e svevi, ma introduceva nuove disposizioni;

ripartito in tre libri dedicati agli uffici pubblici, ai poteri giudiziari e fiscali della monarchia, al diritto penale, al processo e ad alcuni istituti di diritto privato, il Liber impartiva ai giudici del Regno l’osservanza delle prescrizioni in esso contenute, in subordine le consuetudini locali, il diritto longobardo ov’era in vigore (ad esempio nell’area beneventana) ed, infine, il diritto comune romano.

Nel Liber era affermata l’egualianza dei sudditi dinanzi alla legge del re e lo status dei signori feudali era sottoposto a rigide restrizioni;

questi ultimi per contrarre matrimonio dovevano persino ricevere il beneplacito del sovrano.

Il Regno di Sicilia conobbe il sorgere di consuetudini scritte: Bari, durante il ventennio finale del XII secolo, vide la presenza di due giudici, Andrea e Sparano, i quali misero per iscritto – in modo indipendente – le consuetudini locali.

Andrea evidenziò, in particolar modo, le differenze sostanziali rispetto al diritto romano, mentre Sparano richiamò le differenze rispetto al diritto longobardo che aveva acquisito da tempo nelle Puglie un rilievo notevole seppure essi mai vi ebbero regnato nei due secoli di dominio.

A Napoli, le consuetudini locali, risultarono ricche di profili che interessavano il diritto privato: esse furono raccolte da dodici esperti e revisionate per ordine del re Carlo d’Angiò ad opera del giurista Bartolomeo da Capua per poi essere rese vigenti nel 1306.

Il Codice Federiciano è, ancor ‘oggi, annoverato dagli studiosi tra i più importanti testi legislativi d’Europa, nonostante – a quel tempo – le monarchie ricorrevano allo strumento legislativo al solo scopo di disciplinare il diritto pubblico e privato.

Il Liber Constitutionum – accompagnato dalle glosse di Marino da Caramanico e dai commentari di Andrea da Isernia rimase in vigore – nell’Italia Meridionale ed in Sicilia – per oltre cinque secoli.

Antonia Depalma

Redazione Corriere di Puglia e Lucania 

Corriere Nazionale

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