Principale Arte, Cultura & Società Io, squillante voce di Gandersheim Rosvita: poetessa alla corte di Sassonia

Io, squillante voce di Gandersheim Rosvita: poetessa alla corte di Sassonia

di Claudia Babudri

Rosvita, probabilmente nata attorno al 935 d.C., fu poetessa e donna di elevata cultura. Visse nel monastero di Gandersheim  in qualità non di monaca ma di canonichessa, ovvero una delle  virgines non velatae, donne consacrate al secolo ma soggette a restrizioni meno rigide.  Infatti, nel monastero di professione benedettina, vi era regime misto in quanto affianco alle monache c’erano anche le canonichesse. Costoro, alla fine del X secolo, con il trasferimento delle monache nel vicino chiostro di Santa Maria, rimasero le uniche abitanti di Gandersheim.  Mal tollerate dalla chiesa, le canonichesse erano gradite all’aristocrazia in quanto escamotage utile per liberarsi delle figlie nubili.

Non sappiamo quando Rosvita entrò effettivamente in monastero ma possiamo farci una idea dell’origine della sua cultura approfondendo il secolo in cui visse: il X. Sottovalutato, visto come il “secolo di ferro”, sempre ridotto a periodo culturalmente sterile, stupisce per la quantità di dotti e intellettuali che lo popolarono e con cui la nostra protagonista ebbe contatti.

Brunone era il fratello di Ottone I. Fu duca di Lorena, arcivescovo di Colonia e infine Cancelliere del regno. Secondo Rosvita era l’uomo più colto del suo tempo, tramite tra Gandersheim e la corte imperiale. Il precettore di Brunone fu Raterio, dotto e intellettuale di corte, grande estimatore di Terenzio, al quale Rosvita dedicò le Gesta Ottoniis, poema in esametri leonini in cui si lodano le imprese della casata di Sassonia.

Oltre uomini di spicco, il X secolo fornisce anche donne esemplari: la badessa di Gandersheim Gerberga e sua sorella Edvige. Storicamente nota per aver retto il ducato di Svevia dopo la morte del marito Burcardo, Edvige fu donna colta e di carattere. Decantata negli scritti vergati da Ekkeardo IV, storico dell’abbazia di San Gallo, fu tramite tra quest’ultimo e Gandersheim.

Dunque, Rosvita si formò in questo clima culturalmente vivo.  Convinta sostenitrice della castità, nei suoi elaborati trattò sempre argomenti di natura sacra e cristiana: in versi raccontò la vita della Vergine o l’ultimo discorso pronunciato da Gesù agli Apostoli attingendo da fonti apocrife. Il suo intento non era teologico ma di formazione spirituale e morale.  Alla presenza della grazia divina si mostrano i suoi protagonisti, giusti e umili, pronti a combattere contro i malvagi e i superbi. Con grande maestria ella narra del martirio di Gallicano, comandante dell’esercito di Costantino convertitosi al Cristianesimo, e dei suoi ufficiali Giovanni e Paolo.

Descrisse il ravvedimento di Maria e Taide, due prostitute riscattate dalla fede in Cristo. È interessante il modo in cui Rosvita delinea la figura femminile: le sue eroine si battono contro i nemici fino allo stremo delle forze. Se virgines cristianae, anelano al matrimonio celeste con il Signore.

Per quanto riguarda i modelli di riferimento citiamo Boezio, Alcuino e sant’Agostino, anche se l’utilizzo della prosa rimata avrebbe alcuni echi terenziani. In effetti, nel Medioevo, i versi del grande poeta latino venivano intesi non come poesia ma prosa. Come in Terenzio, anche nella produzione di Rosvita i suoi personaggi ricorrono al travestimento.

Tra costoro, figura il confidente, colui che confortava e aiutava l’innamorato. Se nel modello antico questo personaggio si limitava al mero sostegno morale, nelle opere di Rosvita il confidente tenta materialmente di dissuadere il protagonista di compiere azioni malsane. Altre volte, è complice di atti poco onorevoli.

Le opere della nostra poetessa, forse un tempo destinate alla sola lettura ad alta voce, sono state d’ispirazione per i nostri tempi moderni. Nel 1975, al teatro Maxim Gorki di Berlino, Peter Hacks  mise in scena una rilettura teatrale in cinque atti della produzione di Rosvita. La nostra autrice ritornò come fonte d’ispirazione nell’opera Confederacy of Dunces di J. Kennedy Toole, in cui diviene modello per il giovane medievista disoccupato Ignatius A. Reilly, protagonista della storia.

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