Principale Arte, Cultura & Società Bari type: la beneventana barese in epoca normanna

Bari type: la beneventana barese in epoca normanna

Apicolutura, Exultet, Museo Diocesano di Bari

Bari type: la beneventana barese in epoca normanna
di Claudia Babudri

Spesso dimentichiamo l’importanza della scrittura. Eppure scriviamo ogni giorno, demandando all’arte scrittoria la custodia dei nostri pensieri. Scrivere è fondamentale, anche solo come esercizio quotidiano.  Non sarà difficile immaginarne la portata a livello storico: documenti e attestazioni scritte sono preziosi per l’indagine sul nostro passato.

Praepotens Apulia civitas, fama celebris, opibus pollens, nobilissimis superba civibus, aedificiorum structura mirabilis”. Così scriveva il cronista Ugo Falcando su Bari nel XII secolo, descrivendone la fama, la bellezza e la forza militare e culturale.  Eppure il periodo normanno ci ha fornito informazioni piuttosto inconsistenti su scuole, insegnanti, uomini di cultura e opere letterarie in terra di Bari.  In assenza di queste fonti, di notevole aiuto sono state le ricerche sugli usi grafici e sulla produzione libraria in terra di Bari.

Nella fase iniziale del periodo normanno, si scriveva con la spigolosa beneventana: in territorio barese, assunse la tipizzazione “Bari type” . Era una scrittura più rotondeggiante, fluida, dal tratteggio sottile e armonioso rispetto allo stile coevo utilizzato a Cassino o in Campania. Questa differenza era dovuta all’utilizzo di una penna a punta rigida, di tipo greco come l’influenza culturale che circolava nella regione. Infatti, con il secolo XI, il panorama scrittorio italiano si diversificò a causa dei differenti modelli culturali: Montecassino per la zona continentale-campana e Bisanzio (o comunque esempi greci) per la Puglia. La tipizzazione barese si diffuse in tutta la Puglia centrale e, per la trascrizione di documenti, fu adoperata nello scrittorio dell’abbazia di Zara e in altri centri minori della Dalmazia.

A Bari, importante esempio in “Bari type” è l’Exultet II, rotolo pergamenaceo ascrivibile alla fine dell’XI secolo. Alla stregua dell’Exultet I, riporta il canto liturgico pasquale annunciante la resurrezione di Cristo.  Il documento è conservato nell’Archivio del Capitolo Metropolitano di Bari. Vi sono anche altri esemplari meno noti, vergati sempre con la tipizzazione barese: un evangeliario conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana, un manoscritto ecclesiastico custodito presso la Biblioteca Nazionale di Napoli datato sempre alla fine dell’XI o il corpus delle Leges Langobardorum , manuale di diritto longobardo, conservato alla Staatbibliothek di Vienna, appartenuto un tempo a Guglielmo di Macciacotta di Bari, defunto prima del 1248.

Queste testimonianze attestano la produzione e circolazione di manoscritti in territorio barese, vergati mediante copiatura da modello o dettatura, decorati in modo più o meno complesso.  La “Bari type” fu utilizzata fino al XIII secolo, attraversando fasi alterne. Infatti, a partire dalla prima metà del XII secolo, la Puglia conobbe la scrittura carolina, di origine francese. Galeotti furono i normanni che iniziarono ad adottarla anche nelle cancellerie comitali e curiali di Bari, Conversano o Capurso, imitando il trend delle centrali.

Figlia del rinnovamento culturale voluto da Carlo Magno, la carolina, più leggibile ed equilibrata, si sviluppò tra la seconda metà dell’VIII secolo e i primi decenni del IX, prima in ambito franco-carolingio e poi nelle rispettive aree di influenza. Intorno al 1160-70, in terra di Bari, la carolina sostituì definitivamente la beneventana.

Redazione Corriere di Puglia e Lucania 

Corriere Nazionale

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