Principale Arte, Cultura & Società Norma Cossetto e Giuseppina Ghersi: Le vittime che danno fastidio

Norma Cossetto e Giuseppina Ghersi: Le vittime che danno fastidio

Norma Cossetto e Giuseppina Ghersi: Le vittime che danno fastidio
di Rita Lazzaro
«Ancora adesso la notte ho gli incubi, al ricordo di come l’abbiamo trovata: mani legate dietro alla schiena, tutto aperto sul seno il golfino di lana tirolese comperatoci da papà la volta che ci aveva portate sulle Dolomiti, tutti i vestiti tirati sopra all’addome […] Solo il viso mi sembrava abbastanza sereno. Ho cercato di guardare se aveva dei colpi di arma da fuoco, ma non aveva niente; sono convinta che l’abbiano gettata giù ancora viva. Mentre stavo lì, cercando di ricomporla, una signora si è avvicinata e mi ha detto: “Signorina non le dico il mio nome, ma io quel pomeriggio, dalla mia casa che era vicina alla scuola, dalle imposte socchiuse, ho visto sua sorella legata ad un tavolo e delle belve abusare di lei; alla sera poi ho sentito anche i suoi lamenti: invocava la mamma e chiedeva acqua, ma non ho potuto fare niente, perché avevo paura anch’io”»
(Dal racconto di Licia Cossetto, sorella di Norma)
Parole che raggelano il sangue, soprattutto se lette a seguito della dichiarazione di Federico Auer, consigliere di Sinistra Civica Ecologista, il quale nel corso della seduta del consiglio del I Municipio, quando è stata discussa la mozione a prima firma di Fratelli d’Italia per la realizzazione di una targa intitolata a Norma Cossetto, ha dichiarato che – dopo aver approfondito – “ci sono molte fonti che mettono in dubbio la narrazione fatta da uno storico che ha dichiarato che è stata violentata e trovata nuda”.
Nel corso della discussione, il consigliere è intervenuto sollevando dubbi sulla violenza sessuale subita dalla ragazza, nelle ultime fasi della sua deportazione.
“Una persona che sicuramente non era una combattente ma certamente apparteneva a una famiglia fascista. Questo è storicamente accertato – poi, per quanto concerne la violenza e il ritrovamento del suo corpo nudo, ha aggiunto –” La ricostruzione della sua vicenda storica è tutt’altro che certa.”
“Ma certamente apparteneva a una famiglia fascista”.
Frase che fa pensare e non poco.
Fa riflettere infatti, sul significato dell’art 3, primo comma Cost., che riconosce e quindi garantisce il principio di uguaglianza formale, ossia:
” Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”
Dignità, già, un valore universale e quindi inestimabile, come lo è ogni diritto inviolabile dell’uomo e come lo sono altresì i principi costituzionalmente riconosciuti, quali appunto l’uguaglianza, che non conosce nè sesso, nè razza, nè religione, nè condizione economica, sociale e neppure OPINIONI POLITICHE.
Principio che si applica sia per i carnefici sia per le vittime visto che, per il nostro ordinamento, sono solo ed esclusivamente esseri umani e quindi condannati e ricordati per ciò che hanno fatto e subito “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di OPINIONI POLITICHE, di condizioni personali e sociali.”
Ma non è la prima volta che gli antifascisti si lasciano andare a condotte scettiche o addirittura intolleranti verso le vittime, precisamente le vittime che osarono abbracciare un colore politico o appartenere a famiglie diversamente in rosso.
Basti pensare infatti, a quanto successo in occasione della proposta mossa dal comune di Noli, quella di intitolare una targa per ricordare la drammatica storia di Giuseppina Ghersi. Iniziativa appoggiata per di più dal sindaco di Noli, Giuseppe Niccoli, che infatti in un comunicato stampa ha dichiarato:
“La guerra porta sempre dolore, ma i bambini non hanno colpe né colore».
Peccato che, questa tanto semplice quanto incisiva frase – in quanto riporta principi base del vivere civile e del senso di democrazia, come l’innocenza dei bambini ben avulsi dagli errori dei grandi e di cui anzi, sono principali vittime dei loro orrori – non sia stata condivisa dagli antifascisti dell’ Anpi provinciale di Savona, che infatti ha scritto un comunicato per ribadire “la propria contrarietà al progetto dell’amministrazione comunale di Noli di erigere un cippo in memoria della brigatista nera Giuseppina Ghersi” – dichiarando altresì – “La pietà per una giovane vita violata e stroncata non allontana la sua responsabilità di schierarsi e operare con accanimento a fianco degli aguzzini fascisti e nazisti.”
Strano, davvero strano che chi si dichiara antifascista, dimentichi o semplicemente ometta pricipi fondamentali e diritti inviolabili riconosciuti dalla Costituzione ANTIfascista della Repubblica Italiana, come l’uguaglianza formale ex art 3, primo comma Cost ma altresì la tutela dell’infanzia e della gioventù ex art 31 Cost, per non parlare poi dell’art 2 Cost, che riconosce forte e chiaro: “i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di SOLIDARIETA’ POLITICA, economica e sociale.”
Forse forse, per qualche antifascista, queste vesti di civiltà sono troppo strette da indossare quando si tratta di una studentessa universitaria istriana, TORTURATA, VIOLENTATA e gettata in una foiba, come successo a Norma Cossetto uccisa dai partigiani di Josip Broz, meglio conosciuto come Maresciallo Tito, nella notte tra il 4 e il 5 ottobre 1943.
E forse forse, i principi fondamentali e i diritti inviolabili costituzionalmente riconosciuti sono pilastri di civiltà da far cadere quando si tratta di una ragazzina, pardon di una brigatista nera .
Giuseppina Ghersi un’alunna portata via con l’inganno dall’abitazione di parenti dove si era recata. Violentata, picchiata e infine trucidata solo per aver scritto un tema elogiato dal duce Mussolini.
“La mattina del 25 aprile 1945, Giuseppina fu sequestrata in viale Dante Alighieri, da tre partigiani comunisti e portata nei locali della Scuola Media “GuidoBono” a Legino, adibito a Campo di Concentramento per i fascisti. Le tagliarono i capelli e le cosparsero la testa di vernice rossa. Fu pestata a sangue e seviziata per giorni; tutto questo sotto lo sguardo impietrito dei genitori, anche loro deportati e imprigionati. Il 30 aprile, Giuseppina, fu giustiziata con un colpo di pistola alla nuca e il suo corpo gettato, insieme ad altri, davanti al cimitero di Zinola. Qui viene notato dal Sig. Stelvio Murialdo per alcuni agghiaccianti particolari.
E proprio il primo era un cadavere di donna molto giovane; erano terribili le condizioni in cui l’ avevano ridotta, evidentemente avevano infierito in maniera brutale su di lei, senza riuscire a cancellare la sua giovane età. Una mano pietosa aveva steso su di lei una SUDICIA COPERTA GRIGIA che parzialmente la ricopriva dal collo alle ginocchia. La guerra ci aveva costretto a vedere tanti cadaveri e in verità, la morte concede ai morti una distesa serenità; ma lei, quella sconosciuta ragazza NO!!! L’ orrore era rimasto impresso sul suo viso, una maschera di sangue, con un occhio bluastro, tumefatto e l’ altro spalancato sull’ inferno. Ricordo che non riuscivo, come paralizzato, a staccarmi da quella povera disarticolata marionetta, con un braccio irrigidito verso l’ alto, come a proteggere la fronte, mentre un dito spezzato era piegato verso il dorso della mano.”
(Dalla memoria testuale del Sig. Stelvio Murialdo)
A quanto pare, c’è chi ha poca memoria o semplicemente ricorda ciò che gli conviene ricordare e se proprio deve, “giusto”- sempre per senso di umano antifascismo – riportare il tutto col dovuto scetticismo che, come spesso accade, degenera anche in un vergognoso negazionismo.
E ciò che si scrive e dice, in occasione di determinate ricorrenze come il 10 febbraio – giorno del ricordo – ne è inconfutabile prova, come considerare le foibe “un’invenzione fascista”.
E sia anche chiaro che il negazionismo non vale solo se riguarda le vittime care a una certa “umana” politica ma vale per TUTTE LE VITTIME.
Non per nulla, l’art 604 bis cp parla di:
“negazione, minimizzazione in modo grave o apologia della Shoah o di crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale”
Vi sembra che specifichi il colore politico di vittime e carnefici?
Chissà, forse perché fu redatto sulla base di principi antifascisti che, a quanto pare, sono sulla bocca di tanti, troppi ma nei fatti di pochi.

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