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Italia che cambia

La maniera d’essere italiani non è più come quello del secolo scorso. Non riconoscerlo potrebbe rappresentare un grossolano errore. Su questa nostra sensazione potrebbero incolonnarsi tutti quegli accorgimenti che auspichiamo realizzabili.

Era il 1992, quando crollava l’impalcatura della Prima Repubblica. Un sistema che aveva resistito per quarantasei anni, in poco più di dodici mesi, tramontava. Con tutte le conseguenze che non hanno risparmiato nessuno. Poi, è stata ratificata la Seconda. Finita in modo non migliore. Quello che non è mutato è lo spirito dei politici. Nei prossimi anni, il processo di trasformazione nazionale potrebbe cambiare. Con una forte coerenza e con le idee chiare, lo sviluppo del Paese potrebbe riprendere. Ci vuole pazienza e costanza. Dalla crisi non si esce con le promesse, ma con i fatti. Le scelte che contano, però, non sono ancora dietro l’angolo. Ce ne siamo reso conto e, qui, lo confermiamo.

La politica, se rinnovata, potrà giocare un ruolo decisivo per riavviare il volano del Paese. Di fatto, l’Italia è, certamente, uno Stato più europeo che nel secolo scorso. Intanto, il Bel Paese, chiaramente non solo per inerzia, continuerà la strada del cambiamento. Pur con un preoccupante stato di guerra in atto, la Penisola dovrebbe ritrovare un equilibrio meno precario e, indubbiamente, più congruo con i tempi di“mutamento”. Tuttavia, il nostro oggettivismo non lascerà il posto né all’ottimismo dozzinale, né al pessimismo strumentalizzato. Saranno i fatti a dare “spessore” agli “eventi” in un’Italia che cambia.

Giorgio Brignola

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