Principale Arte, Cultura & Società Federiciana. Il Medioevo danzante di Vito Maurogiovanni

Federiciana. Il Medioevo danzante di Vito Maurogiovanni

Il Medioevo danzante di Vito Maurogiovanni

di Claudia Babudri

Federico II fu politico colto e di alto calibro. Riuscì a farsi incoronare re di Germania a Magonza (9 dicembre 1212) e quindi nel duomo di Aquisgrana (25 luglio 1215), riallacciandosi simbolicamente alla tradizione di Carlomagno. L’incoronazione imperiale avvenne a Roma il 22 novembre 1220 per mano di Papa Onorio III. Come affermava Jacques Le Goff, la società medievale è quella del gesto, caratterizzata da forme ampiamente ritualizzate per esprimere il senso concreto delle cose. Questa regola fondamentale valeva specialmente nelle occasioni ufficiali ed istituzionali in cui era d’uopo seguire un rigido protocollo.

Le incoronazioni a Roma erano regolate da uno stretto rituale che si perpetrava nel tempo: la liturgia della consacrazione di Federico II a San Pietro non fu da meno. Attraverso componimenti liturgici e il rispetto della gestualità rituale, quel momento si caricò di una forte aura di solennità e potenza. Musica, ritmi e danze per narrare una storia, celebrando il potere.

Ben lo sapeva, secoli dopo, Jean-Baptiste Lully autore di uno spettacolo autocelebrativo di corte per il Re Sole nel quale il sovrano stesso danzava, rimarcando la sua autorità politica. Le arti quindi consacrano all’immortalità la propria memoria o quella di un comune passato.

E, a proposito di ricordi, tornando al Medioevo, Bari non è mai stata avara nel dedicare a Federico II il giusto tributo. Un mirabile esempio è ricordato dal professor Pasquale Corsi dell’Università degli Studi di Bari nel testo Lo Specchio del Medioevo. Il mito e la memoria del Medioevo nella letteratura moderna e contemporanea. Prime ricerche, Biblios, 2020. Tra le varie pièces teatrali dedicate al Medioevo e ai suoi personaggi più illustri, il docente ci parla di Federiciana, balletto curato e diretto da Vito Maurogiovanni con la collaborazione dell’autrice Tilde Boccia, del compositore Sergio Prodigo e dei coreografi Fulvio D’Albaro e Anna Di Giovine.

Messa in scena durante gli anni Ottanta, l’opera è divisa in due atti recitati nella finzione da una compagnia di attori girovaghi. Ad una voce narrante il compito di curare il discorso storico basato sui temi della tradizione legati alla vita del Puer Apuliae. Il primo atto, composto da due scene, si apre con la nascita dell’Imperatore nella piazza di Jesi. In una tenda, nasce Federico. Incurante dei presagi nefasti, la regina Costanza d’Altavilla culla il figlioletto tra le braccia. Nella seconda scena, ormai fanciullo, lo Stupor Mundi si aggira per le strade di Palermo imparando a conoscere nel concreto il cuore del suo popolo. Più articolato il secondo atto: sono ben quattro scene narranti la partenza di Federico per la Germania e il suo ritorno in Puglia, la costruzione di Castel del Monte tra le gioie di corte, il ricordo della crociata e i foschi presagi di battaglia.

Nell’ultima scena, assistito dal vescovo Berardo, Federico rivivrà tutta la sua vita nel delirio della malattia mortale. Una esistenza legata alla Puglia: qui, il nostro imperatore voleva sotterrare il cuore nella terra. Federiciana è un tuffo nella storia sveva il cui mito si fonde con una tradizione ancor viva e pulsante narrata con grande umanità e sensibilità da Vito Maurogiovanni. Scrittore, sceneggiatore, commediografo, cultore della storia di Puglia e giornalista italiano, nella sua carriera scrisse una trentina di libri, trentadue commedie e un centinaio di radio-drammi. È ricordato anche dalla docente Rita D’Amelio per la quale fu un compagno di viaggio che comunica senza insegnare, e trasmette la realtà della vita (Bari, 1983).

Oggi, le custodi dell’eredità di Vito Maurogiovanni sono le figlie Elvira e Maria Celeste, direttrici del Circolo delle Comunicazioni Sociali Vito Maurogiovanni.“Scrivere era sicuramente qualcosa di più che un mestiere per mio padre” ricorda Elvira. Per lui scrivere di uomini, delle loro vite, della Storia, fatta dalle storie piccole di tutti i giorni, era la sua esistenza, la sua maniera di vivere. Anche quando non scriveva narrava, raccontava, dava vita a ciò che ricordava per averlo vissuto o per averlo studiato. Per questo ha scritto sempre, ininterrottamente per tutta la vita. Per questo la sua casa è ancora piena di quaderni, di appunti, di note che avrebbero dovuto diventare opere compiute, di libri scritti, letti o ancora da leggere.”

Come affermava Giosuè Musca, illustre ordinario di Storia medievale all’ Ateneo di Bari, nell’Introduzione alla prima edizione di Castelli di Puglia, l’autore dei testi non è uno storico ma un cantastorie conscio dei tempi e degli eventi passati, capace di delinearli con la mano e lo sguardo del poeta. Vito Maurogiovanni andò oltre, narrando con grande sensibilità e forza comunicativa “storie” di uomini, perché la Storia, è “tutto quello che riguarda gli uomini, quanti più uomini possibile”.

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