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Nel romanzo di Rosi Brescia la visione dei trulli di Alberobello

 Rosi Brescia

Giovanni Mercadante 

Commentare un’opera letteraria, un romanzo di una giovane autrice è una grossa responsabilità. E’ come tenere a battesimo un neonato, il cui sacramento secondo l’interpretazione della chiesa antica era indicato come la “consacrazione dell’illuminazione”, ovvero di un rito di iniziazione, di rigenerazione. In questo caso la scrittrice Rosa Brescia ha affidato alle mia modesta riflessione la sua opera per tirarne le somme del suo lavoro.

Un volumetto semitascabile, da compagnia, da utilizzare per lunghi viaggi in treno, dove il silenzio  e il distacco dal caos permettono di gustare la lettura di un romanzo fresco di stampa.

Sulla copertina  del libro “Ora più che mai”  domina il viso di una bellissima ragazza mora, dai lineamenti meridionali tratteggiati su un fondo chiaro scuro; l’immagine  curata dal digital  designer Fabio Pedrazzi  è un invito a scoprire il contenuto.

Il progetto grafico della Casa editrice Placebook Publishing & Writer Agency Srls apre la  finestra ad un’altra analisi, dove  appare il nome di chi ha curato l’editing, ovvero l’impaginazione: Claudia Filippini.

Tutto sommato, lavoro ben fatto e ordinato per capitoli, i cui caratteri tipografici sono  stati scelti volutamente per non affaticare il lettore. Analisi importante per una valutazione oggettiva. Un biglietto da visita da cui parte l’apprezzamento “tout court”.

Rosi Brescia nasce in Sardegna nel 1962, figlia di Carabiniere, con un vissuto in svariati luoghi, sposata e madre.  La sua famiglia è originaria di Monopoli (Bari). Sin dall’infanzia ha amato la lettura a cui associa parole e immagini. Ha fatto studi classici; non ama mettere avanti diplomi o titoli accademici. Scrive storie contemporanee, cercando di sondare l’animo umano.

Nella sua schiettezza, dichiara di credere nei buoni sentimenti; nell’amore che risolve; nella gentilezza;  il tutto ampliato all’attaccamento per la propria terra, che seppure non le ha dato i natali, è la terra dei suoi genitori, che la fa sentire attaccata alla Puglia.

Va detto subito che non è alle prima armi come scrittrice. Ha alle sue spalle l’esperienza di altri due romanzi: “All’amore non si sfugge” e “Un borgo nel cuore”.

Il presente lavoro, terzo in ordine temporale, nasce durante la  violenta pandemia del 2020; durante quel periodo critico nel silenzio della solitudine “coatta” ha coltivato la sua passione: la scrittura, da cui appunto è venuto fuori il romanzo in parola.

La trama ruota in luoghi decisamente comuni: Milano, la grande metropoli lombarda; la Valle d’Itria in Puglia  con i suoi splendidi trulli a cono,  e quattro protagonisti con altre figure secondarie.

Stella prima protagonista, donna di  38 anni, apparentemente realizzata, cova nel suo intimo delle insoddisfazioni perché non ha trovato il suo punto centrale.

Durante la pandemia del covid-19, suo fratello Sandro, medico rianimatore a Milano,  la prega  di portare in salvo il figlio Francesco 13enne dal focolaio pandemico che si è esteso in modo allarmante  in tutta la regione.

La campagna, vicino ad Alberobello dove la famiglia ha una piccola tenuta, li potrà tenere al sicuro. Da qui la storia del nucleo familiare.

Sandro è  separato dalla prima moglie. Il romanzo pone al centro i sentimenti di fratellanza, senza vincoli familiari.

Nell’habitat dei trulli, paesaggio quasi fiabesco, con un maneggio di cavalli confinante con la propria abitazione, entra in scena Tancredi, un amore sfumato 20 anni prima con Stella perché giovanissima. I sentimenti tenuti dormienti per tanto tempo riesplodono con rinnovata passione.

Ma dietro l’angolo si cela una misteriosa eredità che rende intrigante la vicenda. Il nipote Francesco è il collante di tutto. Appassionato di musica con l’immancabile chitarra, fan del cantante “Ultimo”, di cui sono riportati alcuni testi di sue canzoni,  Francesco diventa una guida, una sorta di Virgilio dantesco della situazione.

Le vacanze passate con i nonni gli permettono di conoscere i “topoi”/luoghi rendendosi utile in certe situazioni.

Al lettore il piacere di scoprire i retroscena e il finale.

Lo stile della scrittura, semplice e scorrevole, decisamente senza stilemi pomposi, rendono il costrutto coinvolgente. La forma dialogica è accompagnata sempre da un incipit descrittivo di luoghi e situazioni, da cui il lettore  sviluppa mentalmente una sequenza di immagini filmiche, senza annoiarsi o smarrirsi.

E’ un romanzo con  una scrittura fresca, esente da frasi ridondanti e prosaiche.

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