Principale Arte, Cultura & Società La lingua italiana questa sconosciuta

La lingua italiana questa sconosciuta

La lingua italiana

La lingua italiana – L’italiano è difficile. Uno pensa di padroneggiarlo, ma il rischio di commettere errori c’è sempre.

Quando uno scrive si accorge di avere delle incertezze, delle esitazioni. Anche quando uno scritto non ha errori vistosi se lo presentiamo ad un editor ci accorgiamo che vengono sempre fatte delle migliorie.

Ci sono cose opinabili, come ad esempio l’uso della punteggiatura. Le norme da rispettare dipendono dall’epoca.

Ai tempi di Leopardi la sintassi e l’ortografia erano diverse da oggi.

Poi le regole sono fatte anche per essere trasgredite. Se uno è uno scrittore affermato le sue trasgressioni possono diventare nuove regole.

Se uno è un anonimo scrivano le sue trasgressioni vengono considerate dei semplici sbagli. Chiunque può sbagliare.

La lingua italiana si impara leggendo, ma non basta

La maggioranza degli studenti universitari non scrive quasi mai prima della tesi. Se vi può consolare agli esami scritti per entrare in magistratura molti commettono errori marchiani.

Oggi ai tempi degli SMS, dei xché e dei cioè è difficile sapere bene l’italiano. Inoltre oggi si scrive sempre di meno a mano.

I più hanno una pessima calligrafia. Tutti oggi usano i computer

La fretta, come si suol dire, è cattiva consigliera e tutti vanno di fretta. Ci vorrebbe più esercizio, una maggiore prassi.

Ma ecco a mio avviso alcuni esempi vistosi, delle piccole incertezze, talvolta delle ambiguità in cui si possono imbattere degli scriventi:

  • prima del “né” non ci vuole la virgola, ma un tempo molti consideravano corretto mettercela.
  • prima del che+subordinata (quando che significa il quale) ci vorrebbe una virgola, ma c’è anche chi non ce la mette.
  • “A me mi” secondo molti è un errore, ma secondo l’Accademia della Crusca si può utilizzare quando è rafforzativo.
  • “Gli” al plurale non si dovrebbe usare, ma Manzoni e Pavese lo hanno utilizzato e secondo l’Accademia della Crusca può essere utilizzato in quanto deriva dal latino illis.
  • Prima del “ma” si dovrebbe mettere una virgola se ci sarà una frase avversativa. Molti però non la mettono.
  • Prima di “perché” non si dovrebbe mettere la virgola. Ho letto però un libro di aforismi di Karl Kraus, pubblicato dalla Adelchi, in cui veniva fatto l’opposto. Eppure era un libro importante e l’autore tradotto era uno dei preferiti da Calasso. Invece se usiamo “poiché” ci vuole sempre la virgola.
  • La doppia negazione afferma, ma è buona prassi non utilizzarla perché appesantisce il dettato. Però c’è anche chi la usa.
  • La d eufonica dovrebbe essere usata solo con la stessa vocale (ad esempio: ed ecco). Però anticamente si usava per tutte le vocali. È solo un’indicazione questa dell’Accademia della Crusca. Non c’è una regola fissa. Tutto è a discrezione dell’autore.
  • È buona prassi saper usare la virgola. Rileggere bene prima di mettercela. Meglio una virgola di troppo che una virgola in meno.
  • Se utilizzi un anacoluto e sei uno qualsiasi viene considerato un errore. Se uno scrittore utilizza “io speriamo che me la cavo” invece è un suo diritto; è una licenza poetica.
  • Usare talvolta anche il punto e virgola. È l’elemento meno usato della punteggiatura. Quando siete indecisi se mettere il punto o la virgola mettete il punto e virgola.
  • Alcuni quando dovrebbero usare il congiuntivo mettono l’indicativo. Ormai sembrano intercambiabili.
  • Prima di “mentre” ci vorrebbe la virgola, ma c’è anche chi non ce la mette.
  • Alcuni scrivono “se stesso”. Altri mettono “sé stesso”. Vanno bene entrambi. L’importante è scegliere una volta per tutte la versione da usare nei propri scritti.
  • Si dice limiti intrinseci e non intrinsechi.
  • Il plurale di Dio è dei, anche se Venditti in Roma Capoccia usa il termine “dii”.
  • Si dice chirurghi e non chirurgi.
  • Si scrive camicie e non camice come plurale di camicia per non confondersi col camice.
  • Su do voce del verbo dare non ci vuole l’accento perché si pensa che nessuno possa confonderlo, visto il contesto, con la nota musicale.
  • Su dà voce del vetro dare ci vuole l’accento per non confonderlo con la preposizione.
  • Il sì è con accento quando è una risposta affermativa. In altri casi no.
  • I nomi dei mesi non si mettono maiuscoli. I nomi delle stagioni non si mettono maiuscoli.
  • Si scrive ad esempio un’autentica e non una autentica. I più usano l’apostrofo.
  • Si dice che c’erano le file alle poste e non le fila. Si dice invece tirare le fila.
  • Si dovrebbe mettere uno spazio prima dell’apertura di una parentesi in italiano, anche se a scuola a matematica non mettevamo mai uno spazio prima di una parentesi tonda e dopo una parentesi tonda.
  • Si scrive proprio e non propio.
  • Si scrive accelerare e non accellerare.
  • Si scrive esterrefatto e non esterefatto.

 

Questi sono solo degli esempi. Sono i primi che mi vengono in mente. Ad ogni modo anche io faccio degli errori.

Un tempo c’era un sito intitolato “Giornalastri” con tutti gli strafalcioni dei giornalisti di carta stampata.

Nessuno è perfetto.

Devo dire che un tablet economico con un controllo ortografico e un correttore automatico che non funzionano mi aiutano molto a commettere i miei errori.

Inoltre la visione d’insieme è peggiore in un tablet e i caratteri sono più piccoli.

Ognuno fa i suoi errori ad ogni modo. Diverse scelte sono opinabili e il rispetto o meno di diverse regole è a discrezione dello scrivente.

Davide Morelli

Redazione Corriere Nazionale

Redazione Corriere di Puglia e Lucania

 

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