Principale Politica Diritti & Lavoro Smart working, l’Italia in retromarcia

Smart working, l’Italia in retromarcia

L’Unione Europea sta vivendo un momento di massima evoluzione accostandosi alla scelta del lavoro agile per contrastare il fenomeno epidemiologico, ma l’Italia sembra retrocedere dopo le dichiarazioni di Brunetta ponendo la popolazione in estrema difficoltà.

di Francesca Leoci

A due anni dall’inizio della pandemia, un resoconto obiettivo mostra quanto essersi aggrappati allo smart working nel 2020 abbia salvato lavoratori in balia delle onde. La soluzione ha mostrato una continuità del settore professionale in molti ambiti che, in caso contrario, avrebbero causato un aumento spropositato di disoccupazione.

L’attuale campagna vaccinale ha rappresentato un avanzamento generale verso la riapertura di bar, ristoranti, uffici e aziende, abbassando però la guardia nei riguardi di un virus che non ha trovato uno scudo così efficace da non riuscire a superare. All’interno di un ennesimo stato di emergenza, oggi, sarebbe davvero sconsiderato svalutare il lavoro agile essenziale per arginare la quarta ondata.

Dissenso nei confronti di Brunetta

Tutta Europa fa ricorso al lavoro agile per la tutela dei lavoratori sia a livello professionale che sanitario. Ma il Ministro Renato Brunetta sembra non voler progredire il suo pensiero persino davanti al rischio di un aumento dei contagi, affermando in un’intervista sul quotidiano Il Messaggero: “In quel caso basterebbe una mia circolare per invitare le amministrazioni a fare le scelte opportune: alcune avranno bisogno del lavoro agile, altre no”.

Molti gli scontri col Ministro che non approvano questa dannosa retromarcia, come quelli con Domenico De Masi – professore di Sociologia del lavoro all’università La Sapienza di Roma – che ha deciso di dimettersi dall’Osservatorio sul Lavoro agile sentendosi preso in giro. Anche la richiesta di Marco Carlomagno “Il governo ripristini il lavoro agile emergenziale anche nella pubblica amministrazione. È una necessità per la sicurezza dei lavoratori pubblici ma anche per tutto il Paese, al fine di evitare un aumento dei contagi” è stata ignorata dal Governo. Pasquale Aiello risponde ad un’intervista di Linkiesta affermando: “L’Italia, dal Ministero e dal Ministro, si aspettava qualcosa di diverso: decisioni innovative e coraggiose. I tempi sono maturi ed il Paese non può più attendere circolari. Chi governa e non ha attitudini e pulsioni orientate al cambiamento è nel posto sbagliato. Vi è un paese da riorganizzare”.

Lo Stato italiano richiede un cambiamento definitivo

L’Italia fa un passo indietro mentre il resto d’Europa si muove in avanti. L’evoluzione di pensiero sulla gestione del lavoro in un periodo emergenziale potrebbe essere la svolta giusta per cercare di risanare un Paese che a stenti riesce a vedere una ripresa. Una soluzione oramai intrapresa da gran parte dei lavoratori adesso sembra essere screditata, preferendo un ritorno a viaggiare in mezzi di trasporto affollati e a lavorare in uffici che non accertano mai massima tutela dell’individuo.

E’ necessario un drastico cambiamento per limitare al massimo i contatti fra le persone, e orientarsi verso lo smart working come struttura ordinaria dell’organizzazione lavorativa per salvaguardare davvero la salute della popolazione. Questa al momento appare come una dura sfida, che significherà aumentare il rischio dei contagi – possibile da evitare perlomeno per gli impiegati di uffici – il quale comporterà una diminuzione dei lavoratori attivi e di clienti paganti, e al rallentamento di un sano ciclo economico dello stato italiano.

Redazione Corriere Nazionale

Redazione Corriere di Puglia e Lucania

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