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È morto Calisto Tanzi, l’uomo che fondò la Parmalat e la portò al crac

Aveva 83 anni. Il suo nome è anche legato al Parma calcio, che negli anni d’oro portò la città a essere protagonista del campionato di serie A.

AGI – È morto a 83 anni Calisto Tanzi, l’uomo che creò la Parmalat e la portò al più clamoroso crac finanziario della storia.

Tanzi è stato anche fondatore del Parma Calcio, squadra che guidò dal 1990 al 2003.

Cominciò la sua attività imprenditoriale negli anni sessanta fondando Dietalat che, nel corso degli anni, diventò Parmalat. Fu, in un primo momento, un grande successo imprenditoriale dovuto da una parte all’utilizzo dei brick in TetraPak e dall’altra per le campagne pubblicitarie aggressive.

Il giro d’affari dell’azienda crebbe dai 20 miliardi di lire del 1973 agli oltre 550 del 1983. Tanzi, dopo un lungo processo terminato nel 2014, finì poi condannato a 17 anni e cinque mesi di reclusione per il crac della società, per il quale c’è ancora un processo in piedi.

L’ultimo atto di una delle pagine della storia finanziaria italiana più cruente per i consumatori, con l’improvviso sfiorire di un’azienda che in apparenza scoppiava di salute, racconta in modo eclatante quanto possa essere lento e accidentato il cammino verso la sentenza.

Testimoni ascoltati a 20 anni dai fatti

I fatti risalgono alla fine degli anni Novanta, il decorrere dei presunti reati si conteggia dal 2003 e 2004 perché la consumazione della bancarotta si ha nel momento in cui viene dichiarato il crac. E in quel biennio fallirono alcune società nell’orbita di Parmalat, sulle cui vicenda si sofferma, è proprio il caso di dire, questo processo.

Gli imputati sono sette ex manager di Bank of America, tra loro anche Luca Sala, Antonio Luzi e Luis Moncada, già assolti in altri processi sul ‘buco’ da 14 miliardi che annientò la società allora guidata da Calisto Tanzi.

Il capo d’imputazione fa riferimento a due presunti episodi di usura e a molteplici di bancarotta. Tempi pachidermici, sin da subito. Dalla richiesta di rinvio a giudizio, formulata nel 2009 dal pm Lucia Russo, al suo accoglimento trascorrono tre anni. Udienza di inizio il 24 settembre di nove anni fa, poi si è registrata una raffica di rinvii per varie ragioni. L’apertura dell’istruttoria, cioè il cuore del processo dopo avere affrontato le questioni preliminari, risale al 4 aprile del 2019 con l’ascolto di testimoni chiamati a ricostruire, con notevole sforzo di memoria, vicende da cui erano passati molti anni.

Perché così tanto tempo?

Determinante, spiega un avvocato coinvolto nel processo, “il fatto che i giudici sono stati cambiati perché diventati incompatibili dopo avere seguito altri processi di un’inchiesta gigantesca che ha messo a dura prova Procura e Tribunale di una città piccola”.

Codice alla mano, quando un giudice si occupa di un processo non può decidere su altri scaturiti dalla stessa indagine.

Poi, “un’altra spiegazione potrebbe essere che a Parma si è deciso di celebrare ‘singoli’ processi per ciascuna delle banche coinvolte e non un solo maxi – procedimento”. Ma poi c’è dell’altro, nelle pieghe di una vicenda che sembra preistoria della finanza.

Gli ultimi ritardi arrivano perché il pubblico ministero che avrebbe dovuto esporre la requisitoria ha comunicato al Tribunale di essere sovraccarico di processi in questi giorni e ha chiesto un rinvio alla fine dell’anno.

Parmalat è riuscito ad attraversare anche la pandemia, ricavandone ulteriori rallentamenti, soprattutto per l’ascolto dei tanti testimoni residenti all’estero, che poi si è riusciti a sentire in videoconferenza. La prescrizione per la bancarotta dovrebbe arrivare tra il 2022 e il 2023, il calcolo varia in base alle eventuali aggravanti e attenuanti. Nel frattempo, centinaia di parti civili aspettano di sapere se saranno risarcite.

© PACO SERINELLI / AFP
– Calisto Tanzi

 

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