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Il regalo di Natale dei ragazzi della scuola media Galileo Galilei di Taranto

Non tutte le vittorie sono uguali. Talvolta si distinguono per grandezza, altre per portata. Alcune le ricorderemo per il valore che rivestono, altre hanno un significato così profondo che val la pena raccontare.

E’ il caso dei ragazzi della III A, scuola media “Galileo Galilei” in Città Vecchia. Quest’anno hanno vinto l’edizione 2021 del Progetto promosso da Fondazione Oro6 e corriereditaranto.it, “Giornalista per un giorno” in competizione con altre 12 classi della città.

Una vittoria numericamente indiscutibile (2206 letture contro le 1752 letture della seconda e le 1210 della terza classificata). Un successo meritato, pensato, voluto. Mettendosi nei panni dei veri cronisti hanno intrapreso una semplice passeggiata. Hanno fotografato, girato un video, fatto le loro (bellissime) considerazioni. Sono andati “Al di là del ponte”. Ne è uscito fuori un piccolo capolavoro.

Un “pezzo” di cronaca. Come quando descrivono il loro principale punto di aggregazione. E se la visione di William quando scrive: “Mi piacerebbe che questa piazzetta si trasformasse in un campo da calcio con delle panchine dalle quali si possa vedere il mare che è proprio di fronte. E vorrei che vicino al mare portassero della sabbia per farci una bella spiaggia”, esprime il sogno, la frase di Emilio: “Nel buco a sinistra della piazza ci entrano i tossicodipendenti per drogarsi anche in orari in cui ci sono dei bambini a giocare a calcio. Prima c’erano le porte da calcio ma sono state utilizzate per il falò di San Giuseppe, che viene fatto proprio al centro del nostro campetto. Dopo il falò ogni volta siamo costretti a pulire la piazzetta” ci riporta alla cronaca (nera), alla denuncia.

Visioni oniriche e critica sociale. Il punto di vista non cambia, nemmeno quando l’angolo di osservazione è opposto, come in questo caso.

La vittoria di questi ragazzi merita di essere sottolineata perché contribuisce ad alzare la coperta su quel pezzo di terra della città che – a parte i restyling di facciata passati e presenti – rimane sempre troppo a sé, troppo distante.

“Ho la sensazione che al di là del ponte Girevole ci sia una città bellissima”, scrive Francesco non del tutto conscio di aver gestito poesia e letteratura con invidiabile maestria, quanto basta per scolpire in poche parole un intero spaccato. Tredici anni “dall’altra parte”.

Perché? Com’è possibile? Quanti di noi percepiscono realmente il peso e la gravità di questa frase?

Nonostante questo, la vittoria di questi ragazzi non ha retorica. Non c’è traccia di vittimismo, nemmeno l’accenno al piagnisteo. Dice il contrario di ciò che per decenni hanno promesso classi dirigenti, politiche, imprenditoriali. E’ una richiesta orgogliosa, speranzosa, positiva. Civile, in quanto non esprime il bisogno di abbattere. Ma abbellire, ricostruire.

Come nella testimonianza di un altro Francesco: “Al centro di questa piazza, racconta mio padre, prima c’era una fontana e vorrei che ci fosse di nuovo. Vicino casa mia, in città vecchia, ci sono due piazzette per giocare ma sono entrambe abbandonate. Sotto una di queste c’è un ipogeo e mi piacerebbe che fosse un posto accessibile a tutti. Vorrei una villa come quella Peripato in Città Vecchia”.

E chi glielo dice a Francesco che i loro tesori sono stati seppelliti da un parcheggio? E che decine di altri (per esempio gli ipogei) devono solo essere “scoperti” e recuperati? Chi ha il coraggio di dirgli che quel pezzo di terra antico e nuovo, prima sfregiato e poi imbiancato alla meno peggio, potrebbe essere un unico museo a cielo aperto?

Chi avrebbe il coraggio di dirgli che la bellezza che cercano “al di là del Ponte” in realtà è stata sottratta al luogo in cui vive, sapientemente, coscientemente, anno per anno, pezzo per pezzo?

La vittoria di quei ragazzi è un grosso calcio ai pregiudizi. All’idea che da quel posto non può venire fuori niente di buono. Se non nei giorni della pietosa Pasqua, scendendo da antiche scalinate, s’intende.

La vittoria di questi ragazzi è la vittoria di un’Istituzione che lì ritrova un senso decisamente alto: la scuola. In quelle aule le insegnanti fanno un lavoro inimmaginabile e ho avuto (con il collega Giovanni Saracino) il piacere di incontrane di meravigliose durante i giorni di lezione: Tiziana Urgesi, Lidia Camporeale, Bice De Michele, Giusy Pinto, Elena Santoro, Carmen Notarnicola, Damiana Novellino. A loro un grazie non basta. Le “offerte formative” di solito non comprendono corsi di normale quotidianità. Loro ci riescono e quel grazie che non ho saputo esprimergli a parole, spero lo abbiano letto, appena sopra la mascherina.

Conciliare didattica e sensibilità, storia e carezze, inglese ed ascolto, compiti in classe alternati con attenzione, comprensione, affetto, non è cosa da tutti e ciò che “da esterni”, ma da giornalisti, abbiamo visto, sentito e provato è difficilmente spiegabile e comunque, richiede il respiro di un manuale, non certo di questo articoletto.

La vittoria di quei ragazzi è (anche) un regalo sotto l’albero. Che loro hanno fatto a me, intendiamoci. Donandomi la certezza, ormai perduta da tempo, che il mestiere del giornalista (così come è stato per il sottoscritto, fino al momento prima di entrare in quella classe) non è intangibile, vano, sprecato.

La vittoria di quei meravigliosi ragazzi merita un “grazie”, ma anche un “bravi” e tante, tante scuse. Ma queste son cose che a Natale non si chiedono.

Redazione Corriere di Puglia e Lucania 

Corriere Nazionale

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