Principale Politica Diritti & Lavoro Smart working: sostenitori e avversari del lavoro agile

Smart working: sostenitori e avversari del lavoro agile

Le aziende rivogliono un ritorno in ufficio, ma i lavoratori sembrano desiderare una continuità dello smart working. Un disallineamento di esigenze tra le due parti sembra complicare il sistema imprenditoriale che smette di appoggiare l’evoluzione lavorativa.

di Francesca Leoci

L’ultimo periodo ha costretto il sistema imprenditoriale ad adeguarsi al lavoro agile per non perdere guadagno. Questo approccio ha avuto modo di infiltrarsi in diversi settori – i più disparati – tra coloro che hanno potuto avvalersi della digitalizzazione. Accade che il disorientamento generale inizia a trovare un certo senso di appagamento, ambientandosi in una situazione in cui il rapporto tempo lavoro/privato trova il proprio equilibrio. La generazione giovane parte con un passo avanti grazie alla stragrande maggioranza di essa con una buona fetta di competenza e dimestichezza nel campo, ma non solo: una circostanza d’emergenza ha addestrato anche la fascia d’età over 50.

Storicità dello Smart Working

Lo smart working nasce più di 25 anni fa col nome di “telelavoro”, poi in Italia è stato coniato il termine che sembrerebbe avere una discendenza anglosassone e che la legislazione italiana ha voluto definire più patriotticamente come “lavoro agile”. Lo scienziato americano Jack Nilles invece ha elaborato il concetto, utilizzando il termine working remotely, per poi passare a telecommuting.

In poche parole, lo smart working – o come meglio vogliate chiamarlo – è uno stile di lavoro, una scelta di vita, quella che non nasce in piena pandemia ma che con essa ha avuto il suo massimo rilievo. La rapidità in cui le maggiori imprese hanno colto i segnali d’emergenza mutandoli in immediato cambiamento, ha sottolineato l’efficace problem solving che si è riuscito ad attuare in men che non si dica. Con un’inclinazione alla sana formazione di massa si potrebbero persino mutare le prospettive di molti, orientandoli verso una più completa digitalizzazione del mondo professionale. Una palla presa al balzo, una risorsa a disposizione da sempre e valutata poi grandemente senza esitazioni: è stato questo l’inizio di una libera scelta di vita, una vita flessibile e indipendente capace di riequilibrare il tempo di un gran numero di persone tra vita professionale e vita privata.

Quindi perché tirare il freno?

Nonostante ciò, molte imprese sembrano volere un totale ritorno al lavoro in ufficio senza possibilità ibride. Una passo indietro forzando i lavoratori a retrocedere nella propria lotta per l’autonomia professionale, sebbene le aziende stesse hanno ribaltato la propria ottica sul lavoro agile in momenti d’urgenza. Quindi perché porsi dei limiti adesso? Perché mostrare il cambiamento come un problema anziché come un’evoluzione?

Un ritorno forzato del lavoro in sede conciliante con l’obbligo del Green Pass per entrare nei posti di lavoro. Un aumento di lavoratori che desiderano ardentemente la propria posizione da smart worker accanto ai 3.000.000 di individui che hanno scelto di non vaccinarsi. Questo schieramento da parte degli imprenditori d’azienda con la loro imposizione di scelta, sembra tanto essere una manovra politica… un po’ come ha sempre dettato il Fascismo nel suo stretto rapporto tra politici e aziende: la condanna per la libertà individuale! 

In una realtà in cui la libertà di scelta viene violata, in cui si retrocede anziché progredire, in cui il benessere di uno ha più rilevanza del benessere di molti… il grande passo di una nazione è rivolto alle nostre spalle, senza guardare in avanti.

Redazione Corriere Nazionale

Redazione Corriere di Puglia e Lucania

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