Principale Arte, Cultura & Società Poesia. ‘Pane e …Quotidiano’

Poesia. ‘Pane e …Quotidiano’

PANE E  QUOTIDIANO

la Poesia è per tutti, rubrica culturale del Corriere di Puglia e Lucania, a cura di M. Pia Latorre ed Ezia Di Monte.

L’intento della rubrica è quello di sfatare l’idea che la poesia sia qualcosa di astruso e che possa piacere o non piacere.

In realtà la poesia è nelle nostre vite più di quanto noi possiamo immaginare. Basti pensare alla commistione della poesia con le altre forme artistiche, per esempio alla musica pop, di cui essa è un riflesso.

Proporremo, ogni giorno, pochi grammi di poesia, legati ad un fatto del giorno o ad una data da ricordare sperando che, tra le mille incombenze quotidiane, ogni Lettore, possa ritagliarsi qualche minuto per stare a contatto con l’universo poetico che vibra intorno a noi.

Buona Poesia!

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Il 20 ottobre 1914 nacque a Castello, frazione di Sesto Fiorentino, Mario Luzi.

Trascorse tutte le estati dall’infanzia fino al 1940 a Samprugnano (Grosseto), in alta Maremma. Quando il padre fu trasferito alla stazione ferroviaria di Rapolano Terme nel Senese per evitare al ragazzo il pendolarismo fino a Siena, nell’ottobre 1926 fu affidato allo zio paterno, anch’egli funzionario ferroviario e residente a Milano, dove il giovane cominciò la terza ginnasio al liceo Parini.

Mario si laurea a Firenze in Letteratura francese con una tesi su Mauriac che influisce molto sulle sue posizioni poetiche future. Nel 1935 pubblica il primo libro di poesia La barca in cui esprime tutta la sua giovinezza (ha solo 21 anni) in uno stile acerbo e fragile, ma che già determina i suoi dominanti motivi poetici: un contrasto continuo fra il tempo e l’eternità, fra la vita individuale e la vita totale, fra l’apparenza e l’essenza.

In quel periodo comincia anche a collaborare con la rivista letteraria «Frontespizio», ma ben presto si trasferisce a Parma per insegnare in un liceo e inizia a scrivere per una nuova rivista Campo di Marte dalla vita breve poiché uscirà solo per un breve periodo nel 1938 sotto la direzione del famoso editore Vallecchi.

Nel 1955 gli viene assegnata la cattedra di letteratura francese alla Facoltà di Scienze Politiche di Firenze e solo negli anni Sessanta appaiono le sue nuove raccolte di poesie: Nel magma, Dal fondo delle campagne e Su fondamenti invisibili dove la sua maturazione poetica è sottolineata dalla esperienza della vera esistenza e il verso, pur non perdendo nulla della sua sensualità, acquista in tristezza e inquietudine, diventando un verso vivo.

In uno stile più prosastico e con contenuti più aperti ai ricordi sono le poesie degli ultimi trent’anni del poeta che si soffermano sulle descrizione di ambienti quotidiani contrapposti a quelle di paesaggi esotici.

Nel 1998 le poesie di Luzi sono state riunite in un volume dei Meridiani Mondadori, curato da Stefano Verdino: le raccolte edite fino a quel momento si dividono in tre sezioni (Il giusto della vita, che comprende i primi sei libri; Nell’opera del mondo, che indica i successivi quattro; Frasi nella luce nascente, che comprende le poesie del Luzi anziano).

Oltre alla complessa produzione poetica, Luzi ha svolto anche un’intensa attività saggistica. Nel 2004 in occasione del suo novantesimo compleanno viene nominato “Senatore a vita” dal Capo dello Stato Ciampi. Muore a Firenze, a novant’anni, il 28 febbraio 2005.

Padre mio, mi sono affezionato alla Terra
Padre mio, mi sono affezionato alla terra
quanto non avrei creduto.
È bella e terribile la terra.
Io ci sono nato quasi di nascosto,
ci sono cresciuto e fatto adulto
in un suo angolo quieto
tra gente povera, amabile e esecrabile.
Mi sono affezionato alle sue strade,
mi sono divenuti cari i poggi e gli uliveti,
le vigne, perfino i deserti.
È solo una stazione per il figlio Tuo la terra
ma ora mi addolora lasciarla
e perfino questi uomini e le loro occupazioni,
le loro case e i loro ricoveri
mi dà pena doverli abbandonare.
Il cuore umano è pieno di contraddizioni
ma neppure un istante mi sono allontanato da te.
Ti ho portato perfino dove sembrava che non fossi
o avessi dimenticato di essere stato.
La vita sulla terra è dolorosa,
ma è anche gioiosa: mi sovvengono
i piccoli dell’uomo, gli alberi e gli animali.
Mancano oggi qui su questo poggio che chiamano Calvario.
Congedarmi mi dà angoscia più del giusto.
Sono stato troppo uomo tra gli uomini o troppo poco?
Il terrestre l’ho fatto troppo mio o l’ho rifuggito?
La nostalgia di te è stata continua e forte,
tra non molto saremo ricongiunti nella sede eterna.
Padre, non giudicarlo
questo mio parlarti umano quasi delirante,
accoglilo come un desiderio d’amore,
non guardare alla sua insensatezza.
Sono venuto sulla terra per fare la tua volontà
eppure talvolta l’ho discussa.
Sii indulgente con la mia debolezza, te ne prego.
Quando saremo in cielo ricongiunti
sarà stata una prova grande
ed essa non si perde nella memoria dell’eternità.
Ma da questo stato umano d’abiezione
vengo ora a te, comprendimi, nella mia debolezza.
Mi afferrano, mi alzano alla croce piantata sulla collina,
ahi, Padre, mi inchiodano le mani e i piedi.
Qui termina veramente il cammino.
Il debito dell’iniquità è pagato all’iniquità.
Ma tu sai questo mistero. Tu solo.

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